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A San Giorgio con Luc Tuymans. Storia di due tele ...

A San Giorgio con Luc Tuymans. Storia di due tele che non vogliono raccontare nulla

È una mattina di maggio. Venezia, San Giorgio Maggiore: isola-serpente bianca che dorme immobile davanti a San Marco, galleggiando come se non avesse mai saputo del peso del mondo. Il cielo è quello tipico: una forma di indecisione tra il grigio e l’argento. E proprio lì, nella Basilica che Palladio ha tirato su con matematica pazienza e un occhio alla provvidenza, è successa una cosa piuttosto curiosa. Jacopo Tintoretto è andato in vacanza. O meglio, i suoi due teleri monumentali – LUltima Cena e Il Popolo dIsraele nel deserto – sono finiti in restauro dopo mezzo secolo di servizio. Ne avevano bisogno. Ma al loro posto, attenzione, non è arrivato uno qualunque. È arrivato Luc Tuymans.

Luc Tuymans, Basilica di San Giorgio Maggiore, installation view, ph Marco Furio Magliani

Luc Tuymans, Basilica di San Giorgio Maggiore, installation view, ph Marco Furio Magliani

Tuymans, che non sorride facilmente. Che dipinge come se stesse ricordando un sogno a metà, un sogno che forse non vuole nemmeno raccontare. Che ha detto: «Vi porto due quadri. Ma non aspettatevi risposte». I due lavori si chiamano Heat e Musicians. Sono grandi, quasi smisurati: 380 per 600 centimetri, come due vele stese contro la parete del presbiterio. Ma quello che raffigurano… beh, non è chiaro. E questo è il punto. Tuymans non ama i finali. Le sue immagini sembrano sospese tra apparizione e dissolvenza. Colori pastello, contorni che si scompongono, come vecchie fotografie di famiglia lasciate sotto il sole. In Heat, forse, c’è una stanza. Forse no. In Musicians, forse ci sono davvero dei musicisti. Ma lo spettatore resta lì, piantato davanti al mistero, come chi entra in chiesa con l’idea di accendere una candela e finisce a interrogarsi sull’esistenza di Dio.

Luc Tuymans, Basilica di San Giorgio Maggiore, installation view, ph Marco Furio Magliani

Le opere di Luc Tuymans nella Basilica di San Giorgio Maggiore, “Musicians”, 2025 © Marco Sabadin/Vision

Quello che rende il tutto più vertiginoso è che questa non è una galleria. È una basilica viva, dove i monaci benedettini pregano sei volte al giorno. Sono loro, insieme alla Draiflessen Collection e alla Benedicti Claustra Onlus, a volere Tuymans. Perché credono che l’arte contemporanea possa, anzi debba, entrare nei luoghi sacri. E non per “decorare”, come si faceva nel Barocco. Ma per disturbare, interrogare, riaprire ferite antiche. Perché se Dio è ovunque, può essere anche nella pittura che non dice nulla. Tuymans, da parte sua, ha accolto la sfida come un monaco Zen. Ha detto che il suo compito non era reinterpretare Tintoretto. Non era rifare, aggiornare, commentare. Era piuttosto quello di entrare nel vuoto lasciato dall’assenza, e farne qualcosa. «L’arte – pare abbia detto un giorno – è il tentativo di rendere visibile ciò che non c’è». Voilà.

Luc Tuymans - Basilica di San Giorgio Maggiore, installation view, ph Joan Porcel Studio - Matteo Barolo

Luc Tuymans, Basilica di San Giorgio Maggiore, installation view, ph Joan Porcel Studio – Matteo Barolo

E poi c’è il manoscritto miniato. Sì, un manoscritto miniato contemporaneo. Dipinto da Tuymans, sarà esposto sul leggio al centro del Coro Maggiore. Sarà un libro che non racconta storie, ma lascia che sia il silenzio a parlare. Sarà un atto di lode, come lo intendono i benedettini: un canto visivo alla presenza nell’assenza. Ora, immaginiamo il turista. Salta giù dal vaporetto (Linea 2, fermata San Giorgio), si infila nella Basilica, magari cercando un po’ d’ombra. Si trova davanti due tele che sembrano evaporare, come sogni al risveglio. E magari resta lì, a lungo, senza sapere bene perché. Ecco, questo è il piccolo miracolo. In un mondo dove tutto grida, Luc Tuymans sussurra. E chi ascolta, forse, comincia a vedere.

Info:

9/05/2025 – 23/11/2025
Abbazia di San Giorgio Maggiore
Isola di San Giorgio Maggiore 2, Venezia


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