Venti. Sono gli anni di edizione del Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia che, promosso e organizzato come sempre dalla Fondazione Magnani e dal Comune di Reggio Emilia, quest’anno, raggiunge, come affermato esplicitamente dagli organizzatori, «un momento della vita in cui le possibilità sembrano illimitate». Curata da Walter Guadagnini (storico della fotografia e direttore di Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino) e Luce Lebart (ricercatrice e curatrice presso l’Archive of Modern Conflict con sede e a Londra), questa edizione del Festival propone in effetti molte mostre dedicate al tema della gioventù maggiorenne, affiancate e intrecciate con sezioni consacrate alla ricerca e alla storia del mezzo fotografico, oltre che offrire due personali di assoluto livello.

Anonimo, “Carrozza nel parco”, ca.1860, ambrotipo, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Abbiamo visitato tutte e sei le sedi festivaliere e il caleidoscopio di appunti e note critiche è davvero positivamente molto ampio. Da un punto di vista logistico e organizzativo, il Festival si fa seguire molto bene e il mix di temi alti e temi locali permette di scoprire delle perle culturali di notevole spessore, con una declinazione del tema “vent’anni” sempre molto chiara e didatticamente illuminante. È il caso, ad esempio, dei primi vent’anni della storia della fotografia, in mostra alla Biblioteca Panizzi con il tema Attraverso la luce, a cura di Monica Leoni ed Elisabeth Sciarretta con Laura Gasparini. Chi visita questa sezione ha modo di arricchire le proprie competenze con informazioni tecniche e storico-sociali molto interessanti, grazie a una coinvolgente cronologia della sperimentazione che ha portato alla nascita dell’ottava arte per come la conosciamo. Impressionante è anche la dimostrazione di quanto la morte abbia interessato, sin dalle origini, l’arte fotografica: sempre nello stesso edificio, c’è la possibilità di viaggiare nella raffigurazione del caro estinto con la collezione, donata alla Biblioteca, di Michael G. Jacob, scrittore, collezionista ed esperto di dagherrotipi, un pioniere del collezionismo delle prime lastre d’argento. Quest’ultima sezione ha un titolo emblematico, Ricordati di me, ed è molto interessante anche sul piano iconografico per gli aspetti anticipatori di tante celebri fotografie più contemporanee di esibizione del corpo post mortem.

Daido Moriyama, “Kanagawa”, 1967. From “A Hunter”. © Daido Moriyama/Daido Moriyama Photo Foundation, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
La sequenza delle sedi di seguito menzionate rispecchia la cronologia di visita. Cuore e fulcro del festival sono i Chiostri di San Pietro che, quest’anno, ospitano ben dieci mostre, nove progetti tematici legati al fil rouge generale e un’imperdibile retrospettiva sul grande fotografo giapponese Daidō Moriyama. «Il juke box è più triste di una bara» ebbe a dire Jack Kerouac e, pensando anche a un dittico fotografico che accosta rifiuti a sala giochi, si capisce subito qual è stato il leit motiv di larga parte della creatività dell’ultraottuagenario fotografo di strada nipponico, capace di documentare la negativa contaminazione coloniale e consumistica americana nel Giappone del dopoguerra. Completa oltre ogni limite, questa magnifica retrospettiva, curata da Thiago Nogueira del paulista Instituto Moreira Salles, allarga comunque lo sguardo sulla bulimica produzione di scatti di Moriyama, che ha riguardato anche l’eros, il teatro, la cronaca nera, i costumi sociali, la vita rurale, il mondo dei vip, l’inquinamento urbano, il consumo capitalistico sino alla raffigurazione solitaria di un cane randagio, autocelebrato come sintesi mirabile della propria vita. C’è anche una notevole sezione dedicata a libri d’artista, riviste e installazioni che completa la fruizione di questo gigante della fotografia contemporanea.

Andy Sewell, “Slowly and Then All at Once”, London, 2019 © Andy Sewell, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Il fotografo britannico Andy Sewell introduce la serie di progetti tematici legati al mondo giovanile, in pieno accordo con il senso di questa edizione 2025. Il suo progetto, intitolato Slowly and Then All at Once (“Lentamente e poi tutto in una volta”) indaga le forme di potere contrapponendo l’atmosfera austera e istituzionale delle riunioni dei leader mondiali che discutono le misure da prendere per combattere la crisi climatica, mentre fuori dai palazzi, guidati da Greta Thunberg, impazzano le proteste delle fasce giovanili, spesso oggetto di repressione. I volti, i corpi e l’interiorità anche enigmatica degli adolescenti è il progetto del catanese Claudio Majorana: Mal de Mer (“Mal di Mare”) non è, in realtà, legato al mare bensì all’inquietudine, ai sogni infranti, al timore che suscita il passaggio anagrafico dall’adolescenza a un’età più matura. Ci riporta alla tragica realtà giovanile dell’Iran il progetto dell’iraniana Ghazal Golshiri e della francese Marie Sumalla che, partendo dalla tomba di Mahsa Amini, la giovane martire simbolo delle rivolte contro l’oppressione di regime, ci mostra come la morte della giovane curdo-iraniana stia comunque seminando consenso fruttifero tra le donne (e finalmente anche tra gli uomini) del suo Paese. Non a caso, il progetto ha il titolo fortemente evocativo di You don’t Die (“Tu non muori”).

Vinca Petersen, “Riot Boy”, 1998 © Vinca Petersen, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
La britannica Vinca Petersen esplora invece il mondo dei rave, esprimendo bene il senso di libertà totale (contrappunto al progetto precedente) che tale contesto emana sul mondo giovanile. Un senso di libertà che si unisce a un senso di viva ribellione e infatti il progetto si intitola Raves and Riots Constellation (“Rave e costellazioni di rivolta”). Davvero inedita per il sottoscritto è l’esistenza, in uno stato sudista degli U.S.A., di una enorme scuola militare a maggioranza black (il reportage ci mostra quasi esclusivamente giovani ragazze e ragazzi neri): We are Carver (“Noi siamo Carver”) dona il senso patriottico di appartenenza oltre che il senso d’onore, misto a paura, di chi frequenta questo istituto che, appunto, si chiama Carver High School, oggetto del progetto fotografico di Jessica Ingram. Thaddé Comar ci riporta alle grandi proteste giovanili di strada e, nello specifico, quelle che hanno interessato Hong Kong nel momento di unificazione con la Cina. How Was Your Dream? (“Come è stato il tuo sogno?”) è il titolo emblematico del progetto tematico: è una domanda universale ma che, in questo caso e vedendo i giovani proteggersi sotto gli ombrelli, assume ancora maggiore forza.

Toma Gerzha, “Anya e Ilya”, Kolchugino 2021 © Toma Gerzha, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Toma Gerzha è una fotografa russa che vive in Olanda. Il suo reportage, Control Refresh, mostra giovani dei paesi ex socialisti alle prese con il contemporaneo, con le tradizioni soprattutto nelle zone poco urbanizzate, con la modernità dei social media, circondati dall’avveniristico grattacielo o dal grigio casermone da architettura socialista. Simile senso di smarrimento e sospensione tra differenti mondi mentali, viene trasmesso dal progetto FuckTokyo – Dual Main Character (“Fanculo Tokyo – Protagonista duale”), anch’esso dal titolo ampiamente esplicativo. È un viaggio notturno nella vivacità underground della capitale giapponese e ci mostra come le mode occidentali abbiano contagiato la gioventù nipponica (come paventato dalla testimonianza fotografica di Daidō Moriyama). Si giunge, infine, in Italia con una fotografa dominicana-francese, Karla Hiraldo Voleau, che, ispirandosi ai celebri Comizi d’amore pasoliniani, documenta le relazioni affettive e social della Generazione Z nostrana intitolando la propria serie tematica, anche qui molto appropriatamente, Frammenti.

Karla Hiraldo Voleau, “Abbraccio”, Rome 2021 © Karla Hiraldo Voleau, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Entrando nel vicino Palazzo da Mosto, altra sede fulcro del Festival, si viene accolti dallo schermo tecnologico di Federica Sasso, che ci mostra giovani caregiver operanti nel territorio reggiano). Si tratta di un fenomeno in espansione e spesso senza la necessaria consapevolezza dell’importanza del ruolo, in quanto viene visto dai protagonisti come quasi una forma dovuta di impegno. Intangibile è il nome dato al progetto e ha un côté tecnologico e interattivo con i fruitori, oltre che essere la produzione di questa edizione di Fotografia Europea. Michele Borzoni e Rocco Rorandelli, con il progetto Silent Spring, sono stati selezionati tra le centinaia di candidature alla open call. Si torna al conflitto tra attivisti per il clima e autorità governative, mentre con l’altro progetto vincitore del format, Octopus’s Diary, la polacca Matylda Niżegorodcew ci spiazza identificandosi nelle vite altrui con effetti sorprendenti.

Matylda Niżegorodcew, “Octopus’s Diary. Łódź, Poland”, 2023 © Matylda Niżegorodcew, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Il progetto formativo di Fotografia Europea, Speciale Diciottoventicinque, propone la coppia artistica Camilla Marrese e Gabriele Chiapparini che coinvolgono otto giovani attori interrogandosi, con immagini e testi, su che forma può avere un’età. Women See Many Things è il coinvolgente reportage fotografico che raccoglie decine di sguardi di donne della Swahili Coast (litorali di Kenya, Tanzania e Mozambico), catturati dalla kenyana Halima Gongo, dalla tanzaniana Gertrude Malizeni e dalla mozambicana Nelsa Guambe, coordinate dalla curatrice Myriam Meloni. Il dramma della guerra incombente e dei suoi effetti sulle fasce giovanili sono al centro del progetto fotografico della romana Rä di Martino che indaga i luoghi di incontro dei giovani libanesi con Electric Whispers.

Ra di Martino, “Electric Whispers 3”, Beirut 2024 © l’artista, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Il rapporto tra ombra e immagine (e non solo) è una delle possibili chiavi di lettura dell’antologica ospitata da Collezione Maramotti e incentrata sulla fotografia di Viviane Sassen. Sacchi che ricordano bozzoli (o sudari gazawi), mutilazioni impresse su collage, polvere, foglie, corpi senza viso, visi senza corpi, subconscio che diventa immagine, sfumature surrealiste ed elementi onirici: sono gli ingredienti della superba fotografia dell’artista olandese, raccolti nel progetto This Body Made of Stardust. Osservare le fotografie di Sassen significa incrociare la trasversalità di tecniche e linguaggi; significa anche avvertire una onnipresente sfumatura di morte, dovuta a elementi biografici che hanno inciso in profondità sulla sensibilità di questa grande artista dell’ottava arte.

Michal Solarski & Tomasz Liboska, from “Cut It Short”, published by Kehrer, 2021, © Michal Solarski & Tomasz Liboska, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
La visita alla XX edizione del Festival Fotografia Europea si conclude con ulteriori due densissime immersioni nella fotografia, nella sua elaborazione teorica e nella sua declinazione. All’interno dei Musei Civici, Ilaria Campioli cura infatti una multiforme sezione dedicata a Luigi Ghirri, muovendosi lungo tre direttrici. Innanzitutto, l’esposizione di estratti delle sue Lezioni di fotografia, tenute nella decade `90 all’Università del Progetto di Reggio Emilia e poi riunite editorialmente da Paolo Barbaro e Giulio Bizzarri. Ci sono anche alcuni scatti del fotografo reggiano e, infine, una rivisitazione della poetica di Ghirri formulata in modo molto efficace dagli artisti Luca Capuano e Stefano Graziani. Il linguaggio poco tecnico di Ghirri è un riferimento per le successive generazioni di fotografi e ce lo dimostra anche la presenza di opere degli allievi dell’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino.

Marie Sumalla & Ghazal Golshiri, “A young woman without a hijab stands on a vehicle as thousands of people make their way to the Aychi cemetery, to commemorate the 40th day of Mahsa Amini’s death, in Saqqez, her hometown in Iranian Kurdistan. Muslim tradition celebrates this date as the day of the soul’s passage to the afterlife, and the end of mourning, Saggez, Iranian Kurdistan”, October 26, 2022, © Anonymous Author, ph. courtesy Fondazione Palazzo Magnani
Con tali premesse, non può mancare la 12esima edizione del premio intitolato al fotografo reggiano, ovvero la Giovane Fotografia Italiana, dedicato alla valorizzazione di fotografi under 35, qui rappresentata da sette progetti riuniti sotto l’egida collettiva Unire/Bridging. Osservando queste serie tematiche si percepisce come la fotografia continui a esplorare territori nuovi, utilizzando media tecnici anche misti ed esprimendo situazioni famigliari, interiorità anche dura, situazioni reali, immaginazione pura, questioni legate all’identità, creatività surreale e brutalista. Vale qui la pena ricordare che i sette artisti fotografi esposti sono Daniele Cimaglia e Giuseppe Odore, Rosa Lacavalla, Sara Lepore, Grace Martella, Erdiola Kanda Mustafaj, Serena Radicioli e Davide Sartori.

Fotografia Europea 2025, “Avere Vent’anni | Being Twenty”, installation view, ph. outThere collective, courtesy Fondazione Palazzo Magnani
L’ultima tappa del Festival è verticale e doverosamente storica, seppur sempre in linea con il filo conduttore dei vent’anni. La struttura su tre piani dello Spazio Gerra infatti propone una contaminazione tra documenti con un forte intento didattico e preziosissime foto d’archivio della Resistenza reggiana (con la curatela dello storico Massimo Storchi e del sociologo Marco Cerri), esposizione promossa dallo Spazio Gerra (che è comunale) e l’Istoreco (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Reggio Emilia) e un’indagine di come si può declinare la Generazione Z contemporanea (curata da Stefania Carretti, Lorenzo Immovilli ed Erika Profumieri). Volpe Laila Slim e gli altri sono infatti nomi di battaglia di tre partigiani reggiani che, all’indomani dell’8 settembre 1943 e assumendo anche nomi identitari differenti, decisero di salire sulle montagne e schierarsi dalla parte della Resistenza. Resistere a vent’anni (ma i due titoli andrebbero letti congiuntamente) è un viaggio in alcune forme di resistenza, sia individuali sia collettive, sia personali sia sociali, condotto da Alessandro Bartoli, Marco Belletti, Lorenzo Falletti, Alessia Leporati e Andrea Sciascia. La mostra è accompagnata dall’omonimo catalogo edito da Silvana Editoriale e curato da Silvia Calanchi.
Info:
AA.VV., Fotografia europea 2025
24/04/2025 – 08/06/2025
Varie sedi
Reggio Emilia
www.fotografiaeuropea.it

Sono Giovanni Crotti, classe 1968, e mi sento in dovere di ringraziare la scrittura perché sospinge la mia vita. Coltivo dentro di me moltitudini che mi portano a indagare, conoscere, approfondire ogni espressività culturale e creativa, per poi scriverne cercando sempre di essere chiaro e documentato nei contenuti.
NO COMMENT