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Alex Corno. Costruire il cielo alla Fondazione Sab...

Alex Corno. Costruire il cielo alla Fondazione Sabe per l’arte di Ravenna

Fondazione Sabe per l’arte, nata nel 2021 dall’iniziativa di Norberto Bezzi, imprenditore nel settore marittimo, e Mirella Saluzzo, scultrice, con l’obiettivo di promuovere l’arte contemporanea a Ravenna con particolare attenzione alla scultura, apre la programmazione del 2025 con la sua decima mostra, dopo il successo di pubblico della collettiva “FOTOGRAFIA E FEMMINISMI. Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi” da poco conclusasi, che ha visto più che raddoppiare il numero dei visitatori. Il protagonista di questa importante tappa è Alex Corno (Monza, 1960), che per l’occasione torna a esporre in Italia dopo anni di attività in Texas presentando la sua ricerca più recente. Il comitato scientifico, coordinato da Francesco Tedeschi, docente di storia dell’arte contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e composto da Claudio Spadoni e dai professori dell’Università di Bologna Claudio Marra e Federica Muzzarelli, ha selezionato il progetto per l’attinenza al tema espositivo di quest’anno, ovvero il rapporto tra scultura e colore, come anticipa il direttore artistico Pasquale Fameli. Seguiranno questo filo conduttore anche le future iniziative, come una mostra a cura di Claudio Spadoni dedicata allo scultore di ambito informale Andrea Raccagni (Imola 1921 – 2005) che inaugurerà in primavera e poi un progetto nell’ambito di Ravenna Mosaico con due artiste (Alice Padovani e Laura Renna) che reinventeranno la logica discrezionale di questa antica tecnica con oggetti e materiali attuali.

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

La mostra “Costruire il cielo”, a cura di Pierluca Nardoni, convoca nella dimensione meditativa della struttura espositiva, un edificio ottocentesco rimodernato lasciando a vista materiali strutturali, come i mattoni o le travi di legno, felicemente appropriati per ambientare la sua poetica, lavori realizzati negli ultimi tre anni assieme a qualche incursione nelle fasi precedenti della sua più che quarantennale carriera. Il titolo riallaccia il nuovo corso della ricerca artistica di Corno a uno dei grandi filoni della scultura astratta nato con le avanguardie novecentesche, ovvero il tentativo di creare strutture idealmente senza peso, quasi immateriali, la grande sfida dei costruttivisti storici. In galleria siamo accolti, dunque, da un consesso di sculture che scandiscono l’ambiente con un ritmo plastico e cromatico cadenzato come una danza immobile, che induce a considerare ciascuna di esse un tutt’uno con lo spazio da cui è avvolta e attivata. Alcune partono da terra e suggeriscono una misura antropomorfa, altre, di dimensioni più ridotte, sono collocate su basamenti leggermente più ribassati rispetto alla linea dello sguardo che ci permettono di considerarne anche l’interno. La maggior parte, quelle più recenti, presentano intonazioni cromatiche opache ma vivaci che vanno dal rosa, al giallo limone, al celeste e al rosso, mentre quelle più datate, ricalcando ed enfatizzando l’aspetto grezzo dei materiali, richiamano un’archeologia industriale. L’inserimento di queste ultime rende il percorso di visita simile a una passeggiata in un variegato paesaggio urbano dove coesistono emergenze visive di natura ed epoca differenti, grazie alle quali si riescono a visualizzare evoluzioni e persistenze del carattere architettonico locale.

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Il lavoro di Alex Corno deriva da un’attrazione per il ferro, l’officina e i materiali industriali radicata nel percorso storicizzato della scultura costruttiva del secondo Novecento, in cui l’assemblaggio fondato sul recupero di materiali di risulta, ripensati e ricostruiti attraverso la tecnica della saldatura, si impone come nuova manualità artigianale allineata ai processi produttivi innescati dalla Rivoluzione Industriale del XX secolo. Quella che nelle prime opere realizzate con questi criteri da Julio González (1876 -1942) e Picasso (1881-1973) era una provocazione, nel secondo dopoguerra diventa un metodo, che ha tra i suoi esponenti più emblematici artisti come Anthony Caro (1924-2013) e David Smith (1906-1965). Le strutture di Corno, pienamente inserite in questo filone della storia della scultura, sono strutture totemiche astratto-geometriche ricavate dalla forgiatura e dalla saldatura di pesanti lastre in ferro e altri componenti industriali che non fanno nulla per nascondere la loro natura. I volumi si innalzano e si espandono a partire da una centralità che aspira a convogliare al suo interno lo sguardo e, per via percettiva, anche la fisicità dello spettatore circoscrivendo uno spazio accogliente a dispetto della brutalità (fino a un certo punto sempre esibita) dei materiali.

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Se nelle molte sculture ambientali dell’artista presenti oggi in spazi pubblici di diversa natura, come piccoli borghi di provincia, parchi artistici o crocevia urbani in Italia e all’estero, le lingue di ferro di cui sono costituite dichiarano apertamente lo sforzo richiesto per domarle e trasportarle, nelle opere di dimensioni più ridotte trapela da sempre nel suo lavoro un’opposta tensione alla leggerezza, rilevabile nella modellazione ritmica di listelli più sottili che ritornano su sé stessi per includere il vuoto, quasi a voler ridurre il peso specifico dell’insieme. E proprio questo aspetto rimasto quasi latente nella sua produzione pregressa a causa della serietà cromatica dei materiali, nei nuovi lavori esposti in mostra appare liberato da un deciso orientamento verso una modellazione sempre più lamellare e sfogliata e una cromatura variopinta. È come se l’artista, in questo riconducibile alle istanze manifestate dalle prime esperienza dell’astrattismo storico – un nome tra tutti, quello dell’imprescindibile Alexander Calder (1898-1976) -, volesse testare l’intrinseca poesia di materiali che non sembrerebbero adatti a librarsi in volo proiettandoli in una dimensione ambiguamente immateriale.

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Alex Corno, “Costruire il cielo”, installation view at Fondazione Sabe per l’arte, installation view, ph. Daniele Casadio

Nell’intento di infondere leggerezza a questi agglomerati pesanti in acciaio e inox assume dunque un ruolo preponderante la rinnovata palette cromatica elaborata dall’artista, che dissolve l’impressione di peso e di ortodossia stilistica in un libero fiorire di forme sempre più tendenti ad assecondare il suggerimento biomorfo. Tale soluzione – sottolinea Francesco Tedeschi – sarebbe stata contestatissima da certa critica americana degli anni Cinquanta che esigeva dalle opere l’apparenza di un “rigore definitivo” ereditata dalle ideologie sottese ai costruttivismi storici, facendoci riflettere sull’importanza del colore nel determinare la percezione della scultura e nell’imprimere in essa un mood epocale ed esistenziale. A conferma di questo, basti ricordare come anche i già citati David Smith e (soprattutto) Anthony Caro a un certo punto della loro ricerca optarono per colorazioni simili. Il titolo della mostra, “Costruire il cielo”, sottolinea l’ossimoro implicito in questo processo, in cui la levità è il risultato non di una sottrazione, come verrebbe immediato pensare, ma di un’addizione (quella del colore) in grado di modificare la connotazione delle forme al punto da suggerire una loro rappresentazione mentale eterea e non più inesorabilmente compressa dalla forza di gravità. E di leggerezza è fatta anche “Evoluzione” (2024), voluttuosa scultura metallica di Mirella Saluzzo selezionata per accompagnare da una posizione defilata le creazioni di Alex Corno, con il quale la scultrice condivide il fatto di essere stata allieva di Luciano Caramel, docente all’Università Cattolica di Milano e tra gli storici dell’arte più attivi nell’ambito della critica, e da lui invitata alla XIV edizione della Quadriennale di Roma nel 2005.

Info:

Alex Corno. Costruire il cielo
a cura di Pierluca Nardoni
18/01 – 6/04/2025
Fondazione Sabe per l’arte
Via Giovanni Pascoli 31, Ravenna
www.sabeperlarte.org


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