Pocket Art Studio è un piccolo spazio situato in via della Reginella, a Roma, una via pedonale posta tra Portico d’Ottavia e Piazza Mattei dove si può ammirare la Fontana delle Tartarughe, realizzata negli anni 1581-1588 su progetto di Giacomo Della Porta. Lo spazio, gestito dall’artista Barbara Berardicurti con la collaborazione di Patrizia Simonetti, è anche la sede dell’Associazione culturale Stradarte e ospita di norma eventi di arte e cultura. Ora, l’iniziativa in corso d’opera è la mostra che Vera Pilpoul ed Ermanno Tedeschi hanno organizzato per presentare il lavoro di Beverly-Jane Stewart.

Beverly-Jane Stewart, “An Absent Story, Haim Capousi Synagogue, Cairo, Egypt”, 2021, acquatinta e acquaforte con foglia d’oro, 36 x 29 cm; “Beating Heart, The Dar Bishi Synagogue”, 2021, acquatinta e acquaforte, 47 x 39 cm, courtesy l’Artista e Pocket Art Studio
L’autrice, di origini rumene, è nata e vive a Londra. In parallelo alla sua pratica artistica, ha conseguito una laurea in Pedagogia e Arte presso la London University, con specializzazione in arte astratta, una formazione che in seguito si è evoluta nella sua distintiva forma di narrazione visiva. Attraverso questo insieme concatenato di tavole, Stewart esplora il patrimonio ebraico nel contesto della società multiculturale contemporanea, fondendo fatti storici con profondità emotiva, attraversando i secoli e offrendo una narrazione visiva travolgente della vita ebraica, della sua resilienza, della sua memoria e della sua trasformazione. Questo vale per dire che il suo è un lavoro narrativo che si incentra spesso su problematiche di tipo sociale, come quella della migrazione e degli spostamenti a cui nella storia sono stati costrette intere popolazioni.

Beverly-Jane Stewart, “Central Synagogue, Aleppo, Syria”, 2021, acquaforte e acquatinta, schizzo e fotopolimero su carta hand Somerset, 59 x 38 cm, courtesy l’Artista e Pocket Art Studio
Al centro della sua pratica c’è un quesito che ritorna in maniera costante: in che modo il passato plasma la nostra comprensione della società contemporanea? Questa domanda pulsa attraverso il suo lavoro, in particolare nelle incisioni e nei dipinti presentati in questa mostra romana, un insieme di opere che si concentrano sul patrimonio ebraico, abbracciando al contempo i temi della diversità e dell’inclusione in contesti multiculturali. Il desiderio di Stewart, al di là di qualsiasi forma di denuncia, risponde invece alla volontà di rendere omaggio al contributo degli immigrati alle società in cui si sono reinsediati, reinventandosi una nuova vita. L’autrice si considera una “scrittrice visiva” perché per realizzare le sue opere “partecipa alle funzioni, parla con le persone, incontra i ministri di culto, studia la storia locale nelle biblioteche, esplora il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato, tra vita all’interno e vita all’esterno delle comunità, scatta foto e realizza gli schizzi per fissare le sensazioni e le emozioni”, in definitiva usa il suo lavoro per raccontare storie radicate nel tessuto sociale ebraico. Da ebrea praticante, l’autrice dà vita alla grandiosità architettonica e all’intimità comunitaria degli interni delle sinagoghe, spesso visti dalla prospettiva elevata dei matronei femminili. Oltre a queste suggestive rappresentazioni visive, indaga le realtà sociali e storiche delle comunità ebraiche e la loro integrazione nella sfera pubblica europea e, più recentemente, mediorientale nel corso dei secoli, operando come una fotoreporter che procede a ritroso nel tempo.

Beverly-Jane Stewart, “Buried Beneath”, 2021, acquatinta, colore e foglia d’oro su carta Somerset, 28,5 x 38,5 cm, courtesy l’Artista e Pocket Art Studio
Il suo processo creativo si fonda su una ricerca meticolosa, che attinge ad archivi museali e biblioteche, visite in loco, interviste e osservazioni personali. Armata di album da disegno e macchina fotografica, Stewart cattura impressioni sia visive e sia emotive. Le sue composizioni finali, tuttavia, vanno oltre la documentazione: intrecciano fatti storici con interpretazioni fantasiose, stratificando la risonanza emotiva sulle tracce della memoria architettonica. Sperimenta con prospettiva, punti focali e scala, guidata dalla convinzione che siccome “gli esseri umani sono costantemente in movimento, questi elementi non dovrebbero mai essere statici”. Il corpo centrale della mostra è una serie di incisioni presentate per la prima volta a Torino due anni fa. Queste opere offrono scorci intimi di sinagoghe e sale di preghiera, ritraendo sia i dettagli architettonici sia la memoria spirituale stratificata racchiusa in questi spazi. Per Stewart, l’abbandono e il degrado non sono solo segni di perdita, ma possono anche essere fonti di forza e di rinascita. Le sue incisioni ritraggono soffitti a volta, intonaci sgretolati, mattoni rotti e vegetazione rampicante come parte di una narrazione poetica, quasi mitica, di resilienza.

Beverly-Jane Stewart, “Crumbling Past, Slovakia”, 2021, acquatinta e colore su carta Somerset, 47,5 x 38 cm; “Weathered Memories, Poland”, 2021, 47,5 x 38 cm, acquatinta, colore e foglia d’oro su carta Somerset, courtesy l’Artista e Pocket Art Studio
In opere come “The Great Synagogue of Constanta, Romania – The Women’s Gallery” e la “Central Synagogue, Aleppo, Syria”, Stewart cattura l’inquietante grandiosità di edifici fatiscenti. Vetrate istoriate, frammentate ma luminose, e un fragile gioco di luci e ombre evocano una presenza quasi divina. Queste sinagoghe possono essere in rovina, ma attraverso le incisioni di Stewart riacquistano una vitalità spirituale. L’artista crede che lo spirito ebraico possa continuare ad abitare e risvegliarsi in questi spazi abbandonati, proprio come accadeva un tempo attraverso la preghiera. Create in anni recenti, queste incisioni raffigurano non solo luoghi di preghiera ebraici, ma anche spazi sacri di altre tradizioni religiose in tutto il mondo.

Beverly-Jane Stewart, “The Great Synagogue of Constanta, Romania – The Women’s Gallery”, 2021, acquaforte su carta Summerset, 30 x 40 cm, courtesy l’Artista e Pocket Art Studio
Molte mostrano sinagoghe abbandonate in seguito all’Olocausto o a precedenti ondate di persecuzione: toccanti monumenti di comunità un tempo fiorenti. In prevalenza queste opere sono realizzate in bianco e nero, ma alcune incisioni sono impreziosite da foglia d’oro o da delicati toni monocromatici, a riflettere la turbolenza di epoche storiche in cui la fede e il senso di appartenenza furono destabilizzati in Europa, Medio Oriente e Africa. In alcune stampe, la vaga sagoma di un uomo in preghiera, avvolto in un tallit bianco e visto di spalle, sembra librarsi tra le rovine, simbolo di fede duratura, ottimismo e continuità spirituale. Contro i toni cupi del decadimento e la durezza degli anni che stiamo vivendo a livello di laceranti conflitti, queste opere irradiano una luce silenziosa, evocando una speranza senza tempo che trascende la disperazione.
Bruno Sain
Info:
Beverley-Jane Stewart, Beyond the Ashes
18/5/2025 – 30/5/2025
a cura di Vera Pilpoul ed Ermanno Tedeschi
organizzazione: Associazione culturale Acribia
Pocket Art Studio
via della Reginella 11, Roma
https://www.barbaraberardicurti.eu

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