Erigere ponti e non muri, formare connessioni e non isolanti schematismi. Questo è il diktat che guida la produzione di Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, due artiste mai conosciutesi ma entrambe ammaliate dallo stesso potenziale sovversivo e trasversale delle arti – dal design alla fotografia, dalla pittura alla scultura. In continuità con la loro poetica di connessioni, ICA Milano presenta una mostra, curata da Maurizio Cattelan e Marta Papini, basata su un inedito gioco di rimandi tra le due creative.

Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, “Lonely Are All Bridges”, installation view, curated by Maurizio Cattelan and Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Sfidando ogni vincolo categorizzante, l’esposizione mette in luce la natura anticonvenzionale delle protagoniste. Queste, infatti, sfruttano la poliedricità delle tecniche artistiche per creare opere connotate da una forte (auto)ironia, innesco di una giocosa critica all’immagine della donna nella società moderna. Seppur attratte dalla sperimentazione continua, le artiste ricadono nel fascino per un oggetto specifico: l’accessorio. Proprio a partire dagli accessori tipici femminili si dispiega l’universo materico e concettuale di Jürgenssen e Ruggeri, che fanno emergere l’aspetto performativo degli ornamenti, ovvero il potere di contribuire alla definizione del soggetto che li indossa. Il potere performativo dell’ornamento, poi, implica a sua volta la tra(n)sformazione del sé, un nodo teorico cruciale per la temperie culturale degli anni ‘70 e ‘80 proliferanti di filosofia femminista, nonché gli anni d’esordio delle due artiste.

Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, “Lonely Are All Bridges”, installation view, curated by Maurizio Cattelan and Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Indossando un certo oggetto d’uso – che sia una borsa, un paio di tacchi a spillo o di guanti – l’utilizzo che se ne fa retroagisce sul modo di concepire sé stessi, come Jürgenssen dimostra trasformando il pollice di una mano nel tacco di una scarpa nella fotografia Untitled. Improvisation (1976). Così l’accessorio performativo si inserisce in una più profonda indagine antropologica che vede l’umanità – così come i concetti di donna o bellezza – come un fine e non già come dato di partenza. La mano-scarpa dell’immaginario Jürgenssiano, poi, acquista ancora più forza espressiva entrando in dialogo con una schiera di calzature disegnate o scelte da Ruggeri (60 pairs of shoes, 1981-87) che, ordinate lungo la parete contigua a Improvisation, sembrano condensare in sé l’intero spettro delle personalità umane. Questo gioco di specchi tra le opere delle due creative attorno a uno stesso oggetto di fascinazione orienta lo spettatore nella visita di Lonely Are All Bridges che, immagine dopo immagine, si rivela un movimento interrogativo sullo statuto del genere e dell’identità. L’identità che emerge, però, non è mai del tutto chiara, ma sempre alterata da un gioco in divenire di luci e ombre, generato dalle trasformazioni sociali, dalle prese di posizione personali o dalle semplici e irriducibili circostanze.

Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, “Lonely Are All Bridges”, installation view, curated by Maurizio Cattelan and Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti
Ombre. Questo è un altro tema che provoca lo sguardo delle artiste e lo colora di un tono perturbante. Ruggeri lavora sul tema riproponendolo in chiave postmoderna, Jürgenssen lo rilegge alla luce di una sensibilità più surrealista. È così che le stanze di ICA si riempiono di una sinestetica “eco visiva” prodotta dal riecheggiare di un artefatto di Ruggeri in uno di Jürgenssen e viceversa, in cui le due poetiche finiscono per illuminarsi vicendevolmente ed essere al contempo l’una l’ombra dell’altra. Esempio calzante di quest’ombra metanarrativa – ombra come soggetto artistico e insieme strategia interpretativa – è l’accostamento tra la scultura-divano Colombra (Ruggeri, 1990), che rappresenta la sagoma di un’ombra mentre simula la figura di una colomba con le mani, e il disegno a carboncino e acquerello Untitled (Jürgenssen, 1983), raffigurante l’ombra di un corpo mentre si trasforma in uccello.

Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri, “Lonely Are All Bridges”, installation view, curated by Maurizio Cattelan and Marta Papini, Fondazione ICA Milano, Milano. Ph. Andrea Rossetti
L’attenzione dello spettatore è fatta viaggiare attraverso un labirinto di rispecchiamenti tra la forma e il concetto, tra la concretezza del design e l’immaginazione onirica, tra Cinzia e Birgit. Proprio il riflesso, lo specchio, è l’ultimo tassello di questo percorso, che si conclude in un’area riparata, nascosta dietro al muro centrale della sala principale, che pare sospingere il visitatore a porsi al di là del muro della convenzione e al di qua dell’inconscio immaginativo delle due donne. Qui, su due pareti opposte, si trovano da un lato degli autoritratti fotografici di Jürgenssen (Untitled, 1979-80), la cui figura in movimento sembra intrappolarsi nella deformazione dello specchio, e dall’altro un vero specchio (Schatzi, 1995-97) che Ruggeri ha inserito in una cornice di velluto con tre coppie di mani sporte verso l’esterno. Così, a essere coinvolto in questo circuito spettatoriale sarà non solo il visitatore che vi si riflette ma anche l’autoritratto della sconosciuta compagna d’arte, posto esattamente di fronte.
Info:
Birgit Jürgenssen e Cinzia Ruggeri. Lonely are all bridges
A cura di Maurizio Cattelan e Marta Papini
16.01.25 – 15.03.25
Fondazione ICA Milano
Via Orobia 26, Milano
www.icamilano.it

Laureata magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, città dove tuttora vive, si è specializzata in estetica e critica del contemporaneo. Frequentatrice del mondo dell’arte e dedita alla ricerca, crede nel potenziale dello sguardo interdisciplinare, che intreccia il pensiero critico, tipico della formazione filosofica, e il potere comunicativo dell’arte di dare forma all’identità in divenire del proprio tempo.
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