Esistono momenti in cui l’arte si interroga non tanto su ciò che rivela, ma su ciò che occulta. È in questa tensione tra presenza e assenza, tra il visibile e l’invisibile, che si radica il progetto espositivo “Blinding Plan: The Minimalism of Art”, curato da Sara Papini e ospitato dalla Fondazione Carlo Gajani nell’ambito di Art City Bologna 2025.

Debora Vrizzi, “Blinding plan”, 2019, immagine fotografica digitale, courtesy dell’artista
La mostra non si limita a offrire un’esperienza visiva, ma invita a un ripensamento profondo del nostro rapporto con la materia artistica e con lo spazio che la accoglie. Qui, l’assenza non è vuoto, ma possibilità: un luogo mentale ed emotivo in cui lo spettatore è chiamato a ridefinire il significato stesso di osservare. I teli trasparenti che velano le opere di Carlo Gajani agiscono come membrane tra ciò che sembra mancare e ciò che emerge, lasciando intravedere un concetto essenziale: l’arte può esistere e parlare anche attraverso il silenzio del suo corpo fisico. In questo contesto, il lavoro delle artiste Isabella Tortola e Debora Vrizzi amplifica il senso della cancellazione come gesto creativo. Tortola, con le sue fotografie di spazi spogliati dall’accessorio, e Vrizzi, con i suoi video che rimuovono le opere dai musei lasciando i visitatori a contemplare il nulla, intrecciano un discorso complesso e intersettoriale. Qui l’alterità non è dualismo, ma coesistenza: l’assenza illumina la presenza, e viceversa. Sara Papini, con la sua curatela, non costruisce semplicemente un’esposizione; mette in discussione i meccanismi della percezione. E in questa intervista ci accompagna nel viaggio esplorativo della mostra, invitandoci a confrontarci con la potenza trasformativa di un’arte che si manifesta nel suo stesso nascondersi.

Isabella Tortola, “Untitled”, 2019, immagine fotografica digitale, courtesy dell’artista
Antonella Buttazzo: Come è nato il progetto “Blinding Plan: The Minimalism of Art” e cosa ti ha ispirata nel concepirlo? Qual è stato il tuo approccio curatoriale per dare coerenza a un progetto che sfida i canoni tradizionali dell’esposizione artistica?
Sara Papini: “The Blinding Plan” nasce all’incirca a settembre del 2024, mentre visitavo la Fondazione Gajani, luogo che amo molto e che conosco ormai in ogni suo dettaglio. Infatti, questo è il secondo anno che ho la fortuna di lavorare con la casa di Gajani durante Art City. Analizzando la produzione artistica di Carlo Gajani, sappiamo che ha lavorato soprattutto con la pittura e la fotografia. La mia ricerca invece, si focalizza specialmente sulla videoarte e su tematiche quali il femminismo, l’ecofemminismo e la queerness. Quindi, mi sembrava giusto non solo portare l’elemento video all’interno di questa mostra, ma anche quello fotografico. Così, ho deciso di mettere in dialogo due grandi artiste contemporanee: da una parte, Debora Vrizzi, regista e videoartista e dall’altra, Isabella Tortola, fotografa. E proprio da un incontro con Isabella Tortola è nata l’idea della rimozione e del minimalismo. Tali elementi accomunano sia Debora sia Isabella, ma si antepongono alla pratica artistica del grande Carlo Gajani e allo spazio dove aveva lavorato e vissuto. Dopotutto, la Fondazione altro non è che la sua casa, rimasta esattamente congelata dal giorno della sua scomparsa. Rispetto alla mostra dell’anno scorso, dove io e Francesca Lolli ci siamo insediate con una caccia al tesoro, quest’anno ho pensato che il giusto mezzo fosse quello della rimozione, per poter aprire e ragionare su diversi temi, necessari più che mai nel contemporaneo. È arrivata così l’ispirazione dei teli, che coprono e nascondono tutte le opere di Gajani all’interno della mostra, indagando sulla rimozione delle stesse, e mettendo in risalto invece, le opere di Isabella e Debora.

Isabella Tortola, “Untitled”, 2019, immagine fotografica digitale, courtesy dell’artista
Cosa significa, per te, il gesto di “cancellazione” in un contesto artistico? È una provocazione, una riflessione, o entrambe le cose?
Il gesto della rimozione, liberamente ispirato a Emilio Isgrò, non vuole essere una totale cancellazione ma una vera e propria apertura per poter imparare a utilizzare e applicare un nuovo tipo di sguardo. Nel momento in cui nascondiamo, tramite un vedo e non vedo, un oggetto all’interno della stanza di una casa o in qualsiasi altro ambiente, siamo portati a chiederci cosa ci sia sotto, sottolineando la prerogativa curiosa che fa parte di noi, così come l’elemento del gioco. Certo, è ovvio che si stia a parlare anche di provocazione. Nel mondo attuale abbiamo imparato a passare davanti alle situazioni con totale mancanza di emozione e un drammatico cinismo. Se lo spettatore è chiamato, però, a partecipare in prima persona a una mostra, forse è possibile smantellare questa parete di distacco. Inoltre è anche una riflessione e una critica del capitalismo e della sfrenata mercificazione artistica che stiamo vivendo da ormai troppi anni.
Gli spazi della Fondazione Gajani hanno un’identità molto forte. È stato complesso trovare un equilibrio tra le opere delle artiste e il significato intrinseco degli spazi della Fondazione? Come hai lavorato per integrare il progetto con l’eredità di Carlo Gajani?
La Fondazione ha un’identità molto forte, verissimo. Se ti dicessi che non è stato complesso mentirei. Stiamo operando con Isabella e Debora all’interno di una casa d’artista, piena di opere e bellezze. All’inizio siamo entrate in punta di piedi. Isabella e Debora, però, hanno una potenza comunicativa e una conoscenza performativa disarmante e quindi, tutto è andato a collocarsi nel giusto spazio con estrema naturalezza. Gajani, non andava in nessun modo escluso da questo processo, ma integrato come hai ben detto e reso partecipe dei nostri movimenti. Le due artiste, infatti, hanno instaurato, nelle varie stanze, un vero e proprio dialogo aperto con il padrone di casa. Ma non vi svelo altro… Vi tocca venire a vederci!

Isabella Tortola e Debora Vrizzi, “Blinding Plan: The Minimalism of Art”, installation view at Fondazione Carlo Gajani, Bologna
In una mostra in cui l’arte si manifesta attraverso l’assenza, quale tipo di esperienza ti auguri che il pubblico possa vivere?
Spero che il pubblico ne esca divertito ma anche stimolato. La speranza è quella di renderlo e vederlo attivo, e non mero fruitore di qualcosa che è semplicemente ormai considerato “merce”. L’approccio è quello della performance e quindi di suscitare emozioni e reazioni da parte del pubblico, qualsiasi esse siano. Ogni visitatore vedrà molte cose, diverse dalla mia linea curatoriale e quelle sono le storie che non vedo l’ora di sentire. L’arte è soggettiva, a seconda di chi l’attraversa.
Secondo te, l’arte contemporanea ha il compito di destabilizzare o di accompagnare il pubblico?
Ottima domanda! In alcuni casi credo che il pubblico vada accompagnato, ma in altri, soprattutto se si vuole affrontare certi temi come la mercificazione, il capitalismo, l’ambiente, il femminismo e la queerness, va destabilizzato. Penso a grandi artisti attuali connazionali che giocano su questo, come Francesca Lolli, Leoni & Mastrangelo, Chiara Ventura, Claudia Amatruda, Rooy Charlie Lana, Ruben Montini, Agnes Questionmark e molti altri.
Come pensi che il tema della cancellazione artistica possa dialogare con il concetto di “abitudine visiva” che spesso caratterizza la fruizione delle opere?
Ci dialoga interrompendo la loro relazione. È necessario che il pubblico esca dalla sua logica passiva di fruitore, che si riporti in una situazione attiva e che reagisca di fronte all’arte. Non possiamo abituarci a guardare senza più provare alcunché.
Info:
Isabella Tortola e Debora Vrizzi. Blinding Plan: The Minimalism of Art
a cura di Sara Papini
05/02/2025 – 09/02/2025
Fondazione Carlo Gajani
Via de’ Castagnoli 14 – Bologna
www.fondazionecarlogajani.it

Dopo aver conseguito la maturità linguistica, ha proseguito gli studi laureandosi in Storia dell’Arte presso l’Università del Salento, con una tesi bilingue sui Preraffaelliti. Da allora, contribuisce attivamente come articolista e collaboratrice con blog nazionali e con riviste e programmi TV locali.
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