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Brian Scott Campbell: la favola di un primitivo co...

Brian Scott Campbell: la favola di un primitivo contemporaneo

Nel 1912 Egon Schiele appuntò sul margine di un disegno la frase «l’arte non può essere moderna. L’arte ritorna a essere eternamente all’origine». Circa settant’anni dopo, il critico d’arte Jean Clair utilizzò tale citazione come incipit del capitolo “Il classico e il concreto”[1]. Qui si ragiona sulla necessaria capacità dell’artista di innovare a partire dal passato, non emulandolo, ma traendone le tracce più significative, avviando così un processo di rinascita vuoi per un uso di un particolare primitivismo tecnico e stilistico vuoi per una spontanea fascinazione verso lo stato delle cose dalla natura primordiale. Questo ritorno al passato, che non intende consolidare quanto avvenuto in una regressione forzata, annuncia in realtà l’avvento del nuovo. In questo avanzamento temporale si colloca la ricerca di Brian Scott Campbell, le cui opere esibite nella mostra Fable, in programmazione alla Galleria Richter di Roma fino al 7 marzo 2025, presentano punti in comune con la pittura primitiva naïf degli ultimi vent’anni dell’Ottocento, caratterizzata com’è da una pratica ingenua che rinuncia di proposito ai rapporti prospettici.

Brian Scott Campbell, “Fable”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Fable”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Nelle opere esposte la costante piattezza oltrepassa la costruzione di una realtà convenzionale, favorendo così la creazione di visioni favolistiche, primordiali e arcaiche. In quei luoghi, laddove tutto è costruito attraverso rigidezza e goffaggine, ritorna il principio del montaggio di un piatto collage che si sviluppa allover, attraverso regolari e pure forme geometriche distinte da una schiettezza formale. Le tele trattano soggetti semplici e immediati, come personaggi in azione, altrimenti stralci di tranquilli e provinciali paesaggi peculiari per la loro semplice anonimità. L’artista elimina i dettagli per concentrarsi sulla pura riproduzione del semplice soggetto concreto: il mare rimanendo fermo come il piombo è modellato come se fosse appena uscito dalla mano di uno scultore, mentre il cielo congelato in toni rosa e arancio è irreale fino all’inverosimile.

Brian Scott Campbell, “Duck pond” and “Turtle doves”, Flashe e acrilico su tela, 50 x 40cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Duck pond” e “Turtle doves”, flashe e acrilico su tela, 50 x 40 cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Tutto questo ci induce a pensare quanto il raffigurato appartenga a una favola, così, gli unici abitanti di questi scorci si presentano quali figure ignote, prive di occhi, bocca e naso, ma comunque viventi. Tant’è che per diverse e inequivocabili ragioni quanto proposto da Campbell, in questa seconda personale, evidenzia una ricerca coerente con il primo progetto espositivo del 2022. In particolare, risulta costante la necessità di caratterizzare un rigore logico e pittorico delle conformazioni, trattandosi, nello specifico, di un naturale desiderio verso l’ordine e la geometria che dona a ogni forma una propria collocazione, inducendo così un concreto equilibrio. Eppure, diversamente da quanto avvenuto in occasione della sua prima mostra, risulta variato, non tanto perché, come fa notare l’artista, le opere segnano un ritorno alla presenza delle figure umane, quanto piuttosto per un ulteriore uso sperimentale della tecnica ‘flashe’[2], con la conseguente variazione dei toni basati su poche calde modulazioni e un marcato arcaismo delle forme.

Brian Scott Campbell, “Agent” e “Parish”, flashe e acrilico su tela, 40 x 50 cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Agent” e “Parish”, flashe e acrilico su tela, 40 x 50 cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Inoltre, anche le colorazioni, tra cui prevalgono arancioni, viola e verdi, non trovano uso in corrispondenza di ciò che è reale, così gli pneumatici di un’automobile saranno assurdamente blu e il cielo che sovrasta un’abitazione giallo. Proprio tale libertà coloristica permette a Campbell di essere visionario, onirico e mai sazio della propria memoria sognatrice. Anche l’infinita varietà dei blocchi geometrici, che si incastrano con naturalezza come se fossero forme di porosa pietra calcarea, suggeriscono dei percorsi lineari che offrono la possibilità di misurare con razionalità l’immaginazione dell’artista. Così Campbell, utilizzando la memoria e le proprie supposizioni visive, giunge a quanto di più irreale possa accadere: la forma è generata da una volontaria dimenticanza, sicché il ricordo diventa il primo strumento utile dell’inventiva. E anche se oggigiorno si è consapevoli che le tecnologie hanno indotto a una percezione passiva e automatizzata di immagini prefabbricate, che non rendono giustizia alla complessità della vita umana, per Campbell la pittura equivale a segnare numero, misura e peso a una equilibrata armonia geometrica che all’apparenza si presenta come oggetto di una favola preordinata e semplificata.

Brian Scott Campbell, “Lift”, flashe e acrilico su tela, 60 x 75 cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Rome, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Lift”, flashe e acrilico su tela, 60 x 75 cm, 2024, courtesy Richter Fine Art, Rome, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Tale inedita capacità di sintesi conduce l’artista a trattare i paesaggi attraverso volumi che si installano e dispiegano con forme proprie: le sottili bande colorate ai lati delle opere incorniciano il soggetto come quinte teatrali, le tinte sono piatte, le chiome degli alberi trattate come coni, le nuvole assumono particolari profili visuali, i soli si presentano come buffe macchie gialle. Proprio in questi scenari le figure prendono posto e vita, non per raccontare specifiche azioni bensì per rivelare il possesso di quel determinato ambiente. L’elemento figurativo racconta quindi un’umanità robotica tipica attraverso forme geometriche, che si muovono non per azioni ma per direzioni, nella semplicità di un atto teatrale e fiabesco che risulta intercambiabile, perché la forma di una testa in realtà è la stessa che viene usata per la costruzione di una casa. Inoltre, lo sfondo preparatorio alla tela, che il più delle volte viene predisposto con una tinta arancione, tende a far vibrare quanto dipinto e la particolare tecnica ‘flashe’ dona un’infinita alterazione alle superfici apparentemente abrase e porose.

Brian Scott Campbell, “Chameleon” e “Suite”, flashe e acrilico su tela, 35 x 27 cm, 2025, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Chameleon” e “Suite”, flashe e acrilico su tela, 35 x 27 cm, 2025, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Senza alcun dubbio, quella di Campbell è una pratica della ripetizione e della sua continua variazione, perciò è interessante domandarsi in questo insieme diverso e del tutto geometrico, quale senso abbia la figura umana che la vive. Tutti noi sogniamo per il tramite della memoria e dell’immaginazione, in modo tale da creare una catena di circostanze che stimolano la visione. Con Campbell l’uomo, malgrado l’asciuttezza descrittiva dei paesaggi, risulta rappresentato e profilato come in un teatro delle ombre cinesi, le cui sagome, piatte, ritagliate e pacatamente animate, sono dipinte con la freschezza d’intuito di un pittore in apparenza neofita. Tant’è che l’esercizio dell’artista verso la pittura è una felice combinazione di solidi, un laboratorio di regoli usati in età infantile da cui si genera un mondo coerente e concreto, basato su specifiche misure e leggi geometriche.

Brian Scott Campbell, “Fable”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Brian Scott Campbell, “Fable”, installation view, Galleria Richter Fine Art, courtesy Richter Fine Art, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Pertanto, in tutte le sue opere v’è traccia di una primitiva costruzione di forme, dato che l’autore pur dando l’idea di lavorare come uno scultore intento a disegnare un’abitazione, o quando ci rimanda all’approccio di un geometra laddove delinea un albero, o alla posa di un meccanico che compone la struttura di un’autovettura, si svela, infine, pittore nella drastica scelta di abbandonare gli effetti prospettici e nel particolare trattamento delle masse pittoriche. Tale riduzione conduce Campbell a svolgere la tela come uno stampo cavo, spogliandola del suo fondamentale privilegio, ovverosia possedere uno spazio completo costruito sulle tre dimensioni. In questo modo, senza alcun timore, l’artista ritorna a fare pittura attraverso un arcaismo tecnico e di visione, sino a generare la dimensione di un mitico altrove, attraverso forme radicali sicuramente degne di un primitivo contemporaneo.

[1] Jean Clair, Il classico e il concreto, in Considerazioni sullo stato delle belle arti, Abscondita, Milano, 2018, p. 83.
[2] Il termine ‘flashe’ fa riferimento a una miscela per dipingere con base vinilica opaca che emula l’aspetto della tecnica dell’affresco.

Info:

Brian Scott Campbell. Fable.
Galleria Richter Fine Art, Vicolo del Curato, 3, 00186, Roma
28/01/2025 – 07/3/2025
Orari: dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19, o su appuntamento
www.galleriarichter.com


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