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Capsule Shanghai attraverso le parole della curatr...

Capsule Shanghai attraverso le parole della curatrice Manuela Lietti

Capsule ha inaugurato la sua prima sede al di fuori della Cina con un programma espositivo sviluppato in parallelo alla Biennale Arte 2024. L’apertura, avvenuta il 24 febbraio dello scorso anno, ha segnato un importante capitolo nella storia della galleria, che ha affiancato la 60ª Esposizione Internazionale d’Arte con una proposta curatoriale pensata per dialogare con le dinamiche del contemporaneo. Fondata nel 2016 dal gallerista Enrico Polato nel cuore di Shanghai, Capsule si è affermata come una piattaforma di riferimento per artisti emergenti cinesi e internazionali, favorendo uno scambio culturale tra Oriente e Occidente. La sede italiana ha rappresentato un passo significativo in questa direzione, permettendo alla galleria di ampliare il proprio pubblico e rafforzare il legame con la scena artistica europea. A un anno dall’apertura, Manuela Lietti, curatrice del programma artistico, ripercorre l’esperienza della galleria in Cina e racconta gli sviluppi di questo nuovo capitolo, analizzando le sfide e le opportunità che hanno caratterizzato l’espansione di Capsule al di fuori del continente asiatico, a Venezia.

View of Capsule Venice, Venice, Italy, courtesy of May.

Giovanni Beta: Per cominciare, vorrei chiedervi della vostra esperienza in Cina. In che modo vi siete avvicinati a questo Paese e quali sono stati gli aspetti che vi hanno maggiormente colpito?
Manuela Lietti: Sia Enrico Polato, fondatore della galleria, sia io abbiamo una formazione legata alla lingua e alla cultura cinese, avendo studiato Lingue e Civiltà Orientali all’Università di Venezia. Siamo stati compagni di corso e abbiamo avuto la possibilità di avvicinarci all’arte contemporanea cinese grazie a un’insegnante particolarmente illuminata, Monica Dematté. Dematté è stata tra le prime studiose e curatrici a stabilire un legame stabile con la scena artistica cinese già dalla fine degli anni ‘80 e durante gli anni ‘90. Quando è arrivata all’Università nei primi anni 2000, abbiamo avuto l’opportunità di scoprire un aspetto dell’arte cinese che fino a quel momento ignoravamo, perché non era presente nei libri di testo che non si spingevano oltre i primi decenni del 1900. Le sue lezioni ci hanno aperto un mondo completamente nuovo.

Quale è stato il tuo percorso in questo paese?
Il mio percorso in Cina è iniziato come visiting scholar, per poi proseguire con un master presso l’Accademia di Arte e Design dell’Università Tsinghua a Pechino e, infine, con un trasferimento stabile nel Paese dal 2003 fino al 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia da Covid-19. Enrico, invece, si è trasferito nel 2004 e ha studiato per alcuni mesi all’Accademia Centrale di Belle Arti di Pechino. Abbiamo vissuto la Cina in prima persona, attraversando cambiamenti e paradossi, e abbiamo seguito da vicino l’evoluzione dell’arte contemporanea cinese.

Enrico Polato e Manuela Lietti da Capsule Venice. Photo by Riccardo Banfi.

E più in particolare, come siete entrati nel mondo dell’arte contemporanea cinese?
Sin dall’inizio, Enrico ha scelto di lavorare stabilmente in una delle gallerie più importanti legate all’arte contemporanea cinese, mentre io ho deciso di dedicarmi alla scrittura e alla curatela in modo indipendente. Pur avendo intrapreso percorsi diversi, entrambi abbiamo avuto l’opportunità di inserirci nel contesto artistico cinese, non solo da un punto di vista professionale, ma anche personale.

Come è nata l’idea di aprire una sede a Venezia?
L’idea di aprire una sede a Venezia nasce dalla volontà di Enrico di riconnettersi dopo gli anni del lockdown con una realtà più ampia, restituendo qualcosa alla città che ci ha formati, e allo stesso tempo esplorando nuove opportunità. Pur avendo già lavorato su altri progetti qui, non avevamo mai avviato un’iniziativa di questa portata. La scelta è stata dettata sia da motivazioni emotive che strategiche: Venezia è un crocevia di culture, professionisti e istituzioni, un luogo sempre attivo e in continua trasformazione. Qui convivono anime diverse, dall’underground sperimentale ai circoli più aristocratici e classici, che la rendono un contesto ideale per un progetto come il nostro.

Quali sono le differenze più percepibili tra il collezionismo cinese e quello italiano?
Una delle differenze più evidenti tra il collezionismo cinese e quello italiano riguarda principalmente l’età dei collezionisti e il loro approccio all’acquisto. In Cina, il collezionismo è un fenomeno relativamente recente, dominato da una fascia giovane, e molti collezionisti hanno poco più di vent’anni. Spesso, questi collezionisti scelgono di aprire musei o fondazioni non solamente per condividere il loro gusto personale, ma anche per esprimere il loro impegno culturale, contribuendo attivamente alla scena artistica. In Italia, invece, il collezionismo ha una tradizione più consolidata: i collezionisti tendono ad avere un’età più matura e un approccio più radicato nella storia e nella conoscenza di movimenti artistici ormai storicizzati, sono guidati da una passione che si è sviluppata e sedimentata nel tempo. Questa differenza temporale nelle origini del collezionismo spiega molte delle dinamiche distinte tra i due contesti.

Wang Haiyang, LoveDart, Capsule Venice, 2024. Installation view. Courtesy Capsule Venice. Photo Credit Andrea Rossetti

Secondo te, è più forte l’influsso artistico dell’Europa sulla Cina o viceversa?
L’arte europea – non importa se contemporanea o antica – ha da sempre dei riverberi sull’arte cinese. Sebbene il contesto cinese abbia saputo anche “inventarsi” un modus operandi basato sulla sua specificità, la storia dell’arte ma anche il sistema dell’arte europeo (occidentale in senso generale) hanno offerto un modello di studio e sviluppo per quello cinese. Ciò a partire dai banchi di scuola, dove l’arte europea è insegnata in maniera esaustiva e sistematica. Non si può dire lo stesso dell’arte cinese in Europa perché ancora di nicchia e lontana dai percorsi di studi non prettamente di sinologia, anche per motivi linguistici. La Cina, d’altra parte, grazie al potere d’acquisto di molti suoi collezionisti ha contribuito a dare nuovi input e linfa al mercato europeo.

Come è stato questo anno di lavoro in Italia complessivamente e come vi siete relazionati alla Biennale Arte 2024?
Quest’anno di lavoro è stato molto intenso: abbiamo organizzato nove mostre e undici eventi culturali, mettendo in atto un programma basato soprattutto su nuove commissioni e molte collaborazioni inedite. La galleria ha fatto uno sforzo titanico per sostenere un ritmo di lavoro così serrato per presentare al meglio gli artisti storici di Capsule ma anche le nuove entrate. Venezia ha ripagato i nostri sforzi: ci siamo sentiti sin da subito accolti senza pregiudizi, seguiti con affetto e curiosità da gruppi di persone diverse.

Info:

Capsule Venice
Sestiere Dorsoduro 2525, Venezia
dal martedì al sabato: h 11:00 – 18:00
capsuleshanghai.com


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