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(C)reazioni. Antidoti iconici

(C)reazioni. Antidoti iconici

È la suggestiva cornice di Spazio Taverna – diretto da Ludovico Pratesi e Marco Bassan – a ospitare, dal 17 dicembre 2021 al 14 gennaio 2022, Reazioni. Antidoti ironici. Curata dal collettivo del Master of Art della Luiss Business School, la mostra dell’undicesima edizione ha messo a fuoco l’ironia come dispositivo di reazione. Nelle tre sale dello spazio, tredici artisti, tra i quali figurano anche i tre finalisti del Premio Generazione Contemporanea (Amedeo Polazzo, Diego Cibelli, Antonio della Guardia) formalizzano le loro riflessioni sul tema offrendole a un pubblico attivo. È il collettivo stesso a indicare, nell’editoriale del catalogo, il tipo di approccio vincente nei confronti della mostra: “noi vogliamo invogliarti a reagire, ma saremo anche pronti ad accettare la tua indifferenza”[1]. Pur volendo concedere all’indifferenza una sua dignità, chi scrive crede fortemente in un atteggiamento proattivo come omaggio al progetto. E se il giornalista può accogliere la provocazione dell’editoriale con i modi e gli strumenti che gli competono – le parole – l’artista lascerà parlare le sue opere. Ogni reazione, dunque, è una (c)reazione; iconici, oltre che ironici, saranno gli antidoti con cui gli artisti rispondono ai veleni del presente.

La domanda a questo punto è lecita: se l’ironia è l’antidoto, quali sono le tossine che contaminano la società odierna? Dall’omofobia, esorcizzata nei tessuti di Ruben Montini (LAME, 2020-21) al razzismo (Alterazioni Video, Black Rain, 2010) è il ruolo degli artisti e dei professionisti della cultura ad essere ripetutamente messo in discussione.

Marzia Migliora (Con la cultura non si mangia) allestisce un banchetto irricevibile di cliché. Saldamente radicato nell’immaginario popolare, il luogo comune che relega la cultura nel sottoinsieme dell’improduttivo, trova una dimensione “ufficiale” nelle infelici dichiarazioni di noti esponenti del panorama politico nazionale. È Giulio Tremonti, all’epoca (2013) Ministro dell’Economia e delle Finanze, ad aver lanciato l’anatema che dà il nome all’opera e che poco o nulla ha perso della sua efficacia originaria. Le frasi dei politici sono raccolte dall’artista che le riporta, serigrafate, su un servizio di dodici piatti e ciotole in maiolica che diviene l’epicentro di una processualità dalla forte carica relazionale.

La componente partecipativa sembra propria anche di Lavoro inutile di Jonathan Vivacqua. Con Vivacqua l’inanità, non più circoscritta al fare artistico, sconfina coinvolgendo il lavoro in quanto tale, che in questo caso dà vita, a partire da quattrocento microcubi di scarto in cemento armato – le caramelle – a un mosaico quadrato. L’inservibilità di un prodotto del genere viene ribadita, oltre che dal titolo, dalla possibilità, contemplata dall’artista, che questo “tappeto” venga percorso, calpestato dagli spettatori e dal recupero, anch’esso apparentemente inutile, dei ritmi lenti della pratica musiva.

Con How to teleport a Furby, perfettipietro mette in scena il dramma in due atti della scomparsa. Pressata dall’etichetta, dalla sottomissione a obblighi sociali di ogni tipo, la parte creativa di ognuno di noi è destinata a scomparire (CTRL+X è la formula impiegata in informatica per tagliare una parte di testo) per “teletrasportarsi” (CTRL+C e CTRL+V, ovvero copia e incolla) in un altrove purificato dai codici, dove “per reazione” si può “scegliere di non essere nulla”[2].

Se i Furby sono qui per ricordarci come “chiudendo gli occhi […] sia ancora possibile proiettarsi in quello spazio onirico che si annida dentro di noi”[3], Antonio della Guardia (PER UN PROSSIMO REALE #5) cerca di ostacolare il diffuso analfabetismo della visione “in un momento storico in cui la collettività subisce costantemente un bombardamento mediatico di immagini”[4]. Vincitore del Premio Generazione Contemporanea, bando indetto dalla Luiss Business School che consente all’opera vincitrice di entrare a far parte della sua collezione permanente, della Guardia propone una serie di percorsi, ricamati a filo dorato su un panno di velluto blu, che simulano le traiettorie di volo di alcuni insetti e uccelli.

Con Gino Perdonami e Alighiero Perdonami, Daniele Sigalot si prende apertamente beffa dell’odierno sistema dell’arte e, nello specifico, del settore della critica. Per Sigalot, l’ironia prende le sembianze di un “artificiere con il naso da pagliaccio che prova a disinnescare la pomposità che avvolge il mondo dell’arte come un burrito”[5]. I due grandi post-it in alluminio celano, dietro l’apparente banalità dei loro truismi, il modus operandi di certa critica d’arte, sempre a caccia dei “grandi nomi” che “legittimano” la validità di un’opera. Scomodando due mostri sacri del contemporaneo, di fatto Sigalot chiede perdono per le colpe di altri.

Richiamando all’attenzione quanto detto da Goethe, Bonito Oliva ha parlato di ironia come di “passione che si libera nel distacco”[6]. Ed è la consapevolezza di questa distanza, per chi scrive, a costituire il punto di partenza obbligato per qualsiasi riflessione matura sull’ironia. Distacco dell’artista dalla “passione”, ma soprattutto del pubblico dall’opera nell’atto di fruizione. Se qualsiasi pretesa di rallentamento nell’iperproduzione di stimoli visivi appare antistorica, più realistica appare una nuova alfabetizzazione dell’atto visivo, per dare il giusto peso all’ironia – di cui oggi si abusa – nel “prossimo reale” che siamo chiamati a costruire.

Andrea Bardi

[1] G. Pontoriero, Ti aspettavi un catalogo e invece ti sei trovato una rivista, in Reazioni. Antidoti ironici, catalogo della mostra del Luiss Business School Master of Art XI.
[2] A. Bonanni, How to teleport a Furby – perfettipietro, in Ivi, p. 40.
[3] Ibidem.
[4] N. Giacomazzi, Per un prossimo reale – Antonio della Guardia, in Ivi, p. 90.
[5] F. R. Leandri, Perdonami! – Daniele Sigalot, in Ivi, p. 83.
[6] Intervista del collettivo ad Achille Bonito Oliva, in Ivi, p. 6.

Info:

Reazioni. Antidoti ironici
a cura del collettivo curatoriale del Luiss Business School Master of Art XI
Spazio Taverna
Via di Monte Giordano, 36, 00186 Roma (RM)
dal 17/12/2021 al 14/01/2022
ingresso su prenotazione
info: https://reazionimasterofart.wordpress.com/

Marzia Migliora, Con la cultura non si mangia, installation view, 2013-2021. Serie di 12 piatti e 12 ciotole, maiolica bianca, realizzazione artigianale al tornio, con serigrafia, Ø 26 cm, Ø 15 cm. Courtesy: l’artista; Lungo Mare, Bolzano; Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli © Giulia Pontoriero

Jonathan Vivacqua, Lavoro inutile, 2019, mosaico, 150 x 150 cm. Courtesy: White Noise Gallery © White Noise Gallery

perfettipietro, How to teleport a Furby (dettaglio), installation view, 2021. Tecnica mista, 17,5 x 74 cm (CTRL+C e CTRL+V); 22 x 84,5 cm (CTRL+X); 16 x 12 cm (Furby). Courtesy: Spazio Display. © Giulia Pontorieroperfettipietro, How to teleport a Furby (dettaglio), installation view, 2021. Tecnica mista, 17,5 x 74 cm (CTRL+C e CTRL+V); 22 x 84,5 cm (CTRL+X); 16 x 12 cm (Furby). Courtesy: Spazio Display © Giulia Pontoriero

Antonio della Guardia, PER UN PROSSIMO REALE #5, 2021, ricamo con filo dorato su velluto, 550 x 160 cm, supporto in acciaio 275 x 210 x 60 cm. Courtesy: l’artista, Galleria Tiziana Di Caro © Roberto Apa

Daniele Sigalot, Alighiero perdonami e Gino Perdonami, installation view, 2021. Lacca acrilica e pastelli a olio su alluminio, 70 x 70 cm. Courtesy: Wetzel & Magistris © Giulia Pontoriero


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