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Da Caravaggio a Pasolini: l’arte di Roméo Mivekann...

Da Caravaggio a Pasolini: l’arte di Roméo Mivekannin interroga la condizione umana

Black velvet e Black Mirror. Il primo, velluto nero, è il tessuto su cui Roméo Mivekannin ha creato il percorso delle diciotto opere, tutte dell’ultimo biennio, in mostra. Il secondo, specchio nero, è il titolo dato alla mostra, la prima personale in Italia, ospitata presso Collezione Maramotti di Reggio Emilia, con un riferimento al continuo autoritrarsi dell’artista, presente praticamente in tutte le opere esposte, tutte ad acrilico e mediamente di grandi dimensioni. Black Mirror è la mostra di un grande artista. Lo diciamo subito, affinché sia chiara la luce sotto la quale prenderà forma questo contributo critico. Mivekannin è un grande artista perché si è abbeverato di un ricchissimo universo iconografico per rielaborarlo e creare un multiforme specchio artistico in cui l’osservatore dovrà necessariamente riflettersi. Le figure che occupano lo spazio di ogni tela ci interrogano, interrogano la nostra coscienza, ci interrogano sulla condizione umana.

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris)Ph. Roberto Marossi

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

L’impatto con la prima sala, il project wall, è già molto potente: “Parle avec elle (Pina Bausch)” è il dipinto più grande in mostra e ha una duplice ispirazione. Innanzitutto, il film di Pedro Almodóvar “Parla con lei”; e poi, il conseguente collegamento concettuale con la ballerina e coreografa Pina Bausch (attrice nel film). La danza, in molti territori africani, incluso il Benin da cui proviene l’artista, è una pratica rituale centrale nelle relazioni tra le persone. Immaginando così un’opera su questa parete, Mivekannin ha scelto un linguaggio universale, quello della danza, come tramite ideale tra le culture e ha voluto creare questa gigantesca scena in cui uomini e donne, tutti con il volto dell’artista, ci guardano forse immobili, forse in un momento di intervallo tra due danze, tutti a destra nell’enorme velluto nero che fa da sfondo e supporto, mentre la parte sinistra dello spazio è immersa nella più profonda oscurità.

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

La north room della Collezione Maramotti, una delle due sale espositive vere e proprie, grazie alle opere di Mivekannin, si presenta come la suggestiva navata di una chiesa. Sono esposte infatti nove opere, di cui ben quattro tratte da soggetti caravaggeschi immediatamente riconoscibili. “D’après Madeleine repentante. Le Caravage (1593-1594)” (magnifica e, forse involontariamente, queer la variante barbuta del volto della Maddalena che, invece di essere chinato come nel dipinto originario, qui è alzato a livello dello sguardo di chi osserva), “D’après Le crucifiement de Saint Pierre. Le Caravage (1593-1594)”, “D’après La conversion de Saint Paul. Le Caravage (1593-1594)” e “Le Martyr de Saint Mathieu. Le Caravage (1593-1594)” mostrano sin dal titolo la riconoscenza e l’ispirazione dell’artista (succede con tutte le opere che ne indicano con precisione l’anno di realizzazione). Le reinterpretazioni sono caratterizzate dalla presenza del volto di Mivekannin, collocato al posto di quello originale della figura più importante. L’oscurità tipicamente caravaggesca è riprodotta in modo ancora più intenso dal velluto nero che ha assorbito l’acrilico di Mivekannin: è la funzione dello specchio che riceve e restituisce. Questa tecnica è qui sperimentata per la prima volta con risultati molto coinvolgenti e tecnicamente sorprendenti. Sempre nel solco dell’arte più classica, Mivekannin espone “Adam et Eve chassés de l’Eden. Masaccio (1424-1425)”, dove presta i suoi connotati, “D’après La femme à barbe. Ribera (1631)”, in cui, come si evince dal titolo, c’è una nuova provocazione non binaria. Il volto di Mivekannin sembra emergere dall’oscurità della notte e il suo sguardo penetrante è davvero diretto, quasi soverchiante l’osservatore.

Roméo Mivekannin, “D’après La couleur de la grenade, Sergueï Paradjanov (1969)”, 2024, acrylic on black velvet, 150 x 300 cm, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Gregory Copitet

Roméo Mivekannin, “D’après La couleur de la grenade, Sergueï Paradjanov (1969)”, 2024, acrylic on black velvet, 150 x 300 cm, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Gregory Copitet

Nel solco, invece, di opere contemporanee e non di pittura sono le altre tre opere esposte in questa sala. “D’après Assassinat d’Hector Pieterson. Sam Nzima (Afrique du Sud, 1976)” ci porta nel cuore dell’apartheid sudafricano. Hector Pieterson aveva tredici anni quando fu ucciso a Soweto dalla polizia: una celebre fotografia di Sam Nzima lo ritrae tra le braccia di un compagno di lotta come in una sorta di pietà in movimento. Mivekannin ne riprende esattamente la posa che risplende di ulteriore luminosità nel momento in cui la colloca sul suo abituale sfondo nero. Ci si sposta in Kosovo e sempre in uno scenario di morte provocata con “D’après la Veille funebre au Kosovo de Georges Merillon (1990)”, in cui l’artista riprende la fotografia straziante vincitrice del World Press 1991, riproponendo, con grande suggestione, gli elementi a lui più cari: composizione scenica, figure che appaiono avvolte in una luce religiosa, fondo scurissimo alle spalle. Ma l’apice artistico di questa parte della mostra, Mivekannin la raggiunge con il bellissimo “D’après la couleur de la grenade. Serguei Paradjanov (1969)”, ispirato al celebre film del regista armeno-sovietico “Il colore del melograno”, autentico capolavoro metafisico (di necesità, per evitare le maglie della censura) e, in questa mostra, opera cover. L’artista ritrae una serie di uomini nell’atto di addentare un melograno, rifacendosi anche al ruolo multiforme dell’attrice Sofiko Ciaureli che nel film interpreta personaggi sia maschili sia femminili.

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

La pattern room della Collezione Maramotti è l’ampia area finale di questa superba mostra, laddove la necessità di rafforzare la coscienza dello sguardo diventa più urgente. Se Caravaggio è stato ispiratore maggioritario della north room, in questo ampio salone quasi esterno della sede espositiva si respira una pregnante atmosfera pasoliniana. Sono ben tre, infatti, le opere che Mivekannin riprende dal cinema pasoliniano, osando anche in termini di audacia figurativa. Due opere sono ispirate dall’ultimo film del grande regista, ovvero “D’après Salò ou les 120 Journées de Sodome. Pier Paolo Pasolini (1975)” e la contaminazione in questi casi è ancora più versatile che altrove. Un uomo è ritto davanti a noi, è nero, ha un fisico atletico, è nudo e ha il pugno chiuso quasi a ricordare Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Il Black Power è fortissimo, la cancel culture è rivendicata potentemente, Mivekannin esalta il nero del proprio volto, prestato anche qui al soggetto figurato. Nell’altra opera ispirata al controverso film di Pasolini c’è un uomo sfiancato appoggiato, quasi rassegnato, a una sedia: entrambi sono scarni, smagrito lui essenziale l’oggetto, l’artista, attraverso la controfigura rappresentata sul velluto, ci guarda dritto negli occhi, il corpo non è rosa come in altri casi bensì assume tonalità di grigio. Sempre a Pasolini e al suo “Accattone” è ispirato l’altro grande velluto nero presente in questa sala. “Accattone d’après Pier Paolo Pasolini (1961)” rappresenta l’opposto delle altre due opere pasoliniane, quasi a esaltare l’alfa (“Accattone” 1961) e l’omega (“Salò o le 120 giornate di Sodoma”, 1975) della filmografia di Pasolini: qui, un gruppo di ragazzi da bar scappano spaventati, non c’è un uomo solo al centro della scena, il gruppo sembra fuggire in direzioni differenti, non c’è il focus bensì un insieme di schegge impaurite.

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

Roméo Mivekannin, “Black Mirror”, exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Roberto Marossi

Théodule-Augustin Ribot, pittore francese della seconda metà dell’800, è protagonista di due omaggi aventi lo stesso soggetto figurato: “D’après Jésus et les docteurs, Théodule Ribot (seconde moitiè du XIX siècle)” nei quali, come in un confronto da negativo fotografico, in un velluto i dottori sono tanti e circondano un Gesù dal viso di Mivekannin, mentre nell’opera speculare i dottori sono tutti Mivekannin e Gesù è riconoscibile come nell’iconografia cristiana. Il volto dell’artista si esalta riscrivendo le immagini, destabilizzando lo sguardo dell’osservatore che si trova di fronte a una variazione significativa di una immagine codificata nei secoli.

Roméo Mivekannin, “D’après Holy Motors, Léos Carax (2012)”, 2024, acrylic on black velvet, 140 x 200 cm, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Gregory Copitet

Roméo Mivekannin, “D’après Holy Motors, Léos Carax (2012)”, 2024, acrylic on black velvet, 140 x 200 cm, © Roméo Mivekannin, by SIAE 2025. Courtesy of the artist and Galerie Cecile Fakhoury (Abidjan, Dakar, Paris), ph. Gregory Copitet

Nicolas Régnier è invece artista, vallone diremmo oggi, del XVII secolo e, tra i tanti San Sebastiano che dipinse, ne realizzò uno con il martire a testa in giù. In “D’après Saint Sébastien, Nicolas Régnier (XVII siècle)”, il chiarore sensuale del corpo scolpito del santo emoziona sullo sfondo nerissimo del velluto che trattiene la luce e nello stesso tempo ne rimanda una luminosità poderosa. Nel 1840, Eugène Delacroix dipinse “Il naufragio di Don Juan” raffigurando un gruppo di uomini ammassato su una scialuppa in balia del mare. Non poteva sapere che circa due secoli dopo Massimo Sestini avrebbe rafforzato la sua fama grazie a uno scatto che riprende dallo zenit una barca affollata di immigrati nell’infinito del Mar Mediterraneo. “D’après le naufrage de Don Juan d’après Delacroix (1840)” ha un sottotesto, allo stesso tempo poetico e tragico, che schiera un grande artista di fianco alla sofferenza dei tanti africani che provano ad entrare nella fortezza europea: “Non è stato il mare ad accogliere i migranti, ma i migranti ad accogliere il mare a braccia aperte”. Questo contributo critico si conclude con il velluto più audace, anch’esso ispirato dal cinema, questa volta francese. “D’après Holy Motors, Leos Carax (2012)”, è un omaggio a un protagonista che nel film è tanti personaggi, all’audacia, alla contaminazione iconica, alla sovrapposizione di simboli lontanissimi, come possono esserlo una (ma)donna che tiene, come in una pietà, il corpo di un uomo (che ha il viso di Mivekannin) nudo e visibilmente eccitato.

Info:

Roméo Mivekannin. Black Mirror
09/03/2025 – 27/07/2025
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi, 66 – Reggio Emilia
www.collezionemaramotti.org


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