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Damiano Mirò Serafini. L’eterna attualità della st...

Damiano Mirò Serafini. L’eterna attualità della storia

Damiano Mirò Serafini è un giovanissimo disegnatore autodidatta profondamente affascinato dalla storia e dai grandi maestri della tradizione artistica italiana. Appena diciottenne, l’anno scorso è stato selezionato tra i 30 finalisti nella sezione pittura della 12esima edizione del Laguna Art Prize e lo scorso febbraio ha vinto l’Excellence Award of Circle Art.Il suo stile grafico si ispira alle incisioni del XVI e XVII secolo, i cui stilemi vengono attualizzati con un tratto a penna estremamente versatile, vibrante e sintetico che riesce a ricreare luci, volumi e atmosfere con un’estrema economia di mezzi. I personaggi dei suoi disegni, le cui gesta sono quasi sempre ambientate nel passato, sembrano emergere da un variegato magma letterario per dare vita a nuove storie in cui lo spettatore contemporaneo si può ancora identificare nonostante la distanza epocale.

Incuriositi dal suo precoce talento e dalla maturità della sua cultura artistica l’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.

Qual è la tua formazione e quando hai capito di voler intraprendere la carriera artistica?
Ho cominciato a disegnare quando ero molto piccolo e da quel momento in poi non ho più smesso, continuando a esercitarmi autonomamente, credo senza il vero proposito di completare una formazione ma piuttosto con l’intento spontaneo di migliorarmi. Non ho mai percepito questa tensione come qualcosa di premeditato, semplicemente mi sono sempre divertito nell’esercizio e nello studio dell’Arte, pratica e teorica.

I tuoi lavori lasciano intravedere una profonda familiaritàcon l’opera dei grandi maestri della storia dell’arte e dimostrano una profondità di comprensione davvero singolare per un ragazzo così giovane. La scelta di ispirarti a certe correnti del passato è di carattere prettamente estetico o funzionale a un determinato concetto?
Sono fermamente convinto della sostanzialità della forma. La profondità di un’opera, ritengo, si dovrebbe giudicare sulla quantità di rimandi che essa irradia all’interno di quell’immenso bacino di informazioni che è la Storia, tracciando delle vie e ordinando in un solo organismo quelli che altrimenti sarebbero pezzi disgiunti. Il nostro presente, da solo, è monco, ha necessariamente bisogno di un passato, di “antenati”, se non vuole scivolare nella piattezza della quotidianità e nell’oblio. Quello che fa l’Arte è aprire dietro la superficie dell’immediato l’infinita prospettiva di rimandi che il nostro occhio assuefatto regolarmente ignora. Il suo fine è quindi quello di dare un senso e un contesto alla nostra esistenza, di disegnarle un cammino, di ricordarle un’origine e una fine. Tutte cose (spero) di immediata necessità per ognuno di noi, il che dovrebbe bastare a sfatare il mito accidioso dell’arte per l’arte.

Dai tuoi disegni si evince anche un particolare interesse per gli stili architettonici del passato, che analizzi con estrema acutezza per poi ricombinarli in nuove visioni eclettiche. Di queste ambientazioni ti affascina di più l’aspetto progettuale o quello scenografico?
Quello progettuale, tant’è vero che intendo fare dell’architettura la mia principale occupazione in futuro. La ricerca di uno stile architettonico per i nostri tempi (che tenga conto di quanto già detto sopra) è sicuramente un mio punto fisso; il problema è di non facile soluzione.

Cosa attira invece la tua attenzione del mondo che ti circonda?
Ciò che più mi colpisce, negativamente – ahimè -, è l’indiscutibile predominanza, nella società contemporanea, dell’impulso materiale su ogni altro genere di aspirazione. Il richiamo del benessere materiale è, ai nostri tempi, la forza più potente, il motore di ogni attività. Mi auguro con tutto il cuore che la prospettiva di un’Arte come strumento strutturalmente necessario allo spirito, piuttosto che bizzarro feticismo autoipnotico, possa in qualche modo cambiare questa infelice condizione.

Alcuni dei tuoi disegni più elaborati raffigurano scene con un grande numero di personaggi impegnati in azioni corali. Si tratta di frammenti di storie esistenti, metafore di condizioni esistenziali o abbozzi di narrazioni ancora da inventare?
In molti casi si tratta di vere e proprie illustrazioni per libri che ho scritto, in altri di storie possibili o semplicemente di simboli. La categoria del simbolico è specialmente interessante perché innesta sul consueto sostrato di rimandi, comune ad ogni opera, un ulteriore rimando, cosciente e privilegiato, (ovvero quello indirizzato all’oggetto che si simbolizza), il che ne fa una suprema condensazione di significato.

Raccontaci il processo creativo che ti conduce alla realizzazione di un’illustrazione.
Non ho una norma fissa. A volte la composizione e i soggetti sono già ben chiari ancora prima di iniziare (ma sono casi rari), altre mi limito a buttare giù un dettaglio, un volto, un decoro architettonico, per poi estendere man mano il disegno, altre ancora, forse ciò che succede più di frequente, ho in mente un’idea seminale, un tema, che funge da linea guida per lo sviluppo, sufficientemente libero, dell’opera.

A cosa stai lavorando e quali sono i tuoi progetti futuri?
Attualmente sto lavorando alle illustrazioni per un poemetto di mia composizione, Cosmographia, che intende essere una piccola sintesi antropologica di quanto l’uomo ha fatto e pensato a partire dalla sua nascita. In questo lavoro sarà fondamentale lo studio della stilizzazione raffigurativa nel corso delle epoche e nelle varie culture. Mi occupo inoltre della grafica della rivista letteraria L’Orecchio di Dionisio.

Damiano Mirò Serafini The Fight of PhilosophersDamiano Mirò Serafini, The Fight of Philosophers. Drawing, Ink Painting, 2017

Damiano Serafini-FolliaDamiano Mirò Serafini, Follia. Drawing, Ink Painting, 2018

Damiani Mirò Serafini, New Gothic – Odling Builds the Tower. Drawing, Ink Painting, 2018


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