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Dieci anni di Manifesto: l’opera profetica di Julian Rosefeldt a XNL Piacenza Arte

Sono passati dieci anni dalla prima presentazione di una delle opere video più importanti del XXI secolo, tutt’ora tra le più iconiche create con questo medium. Stiamo parlando di Manifesto di Julian Rosefeldt (1965, Monaco di Baviera, vive a Berlino), che venne presentato all’ACMI – Australian Centre for the Moving Image di Melbournenel dicembre 2015f, per poi far parlare di sé in tutto il mondo. Il video è concepito come una serie di tredici cortometraggi, ciascuno collocato in un differente contesto sociale o lavorativo con un’estetica impeccabile soprattutto nella resa degli ambienti, con certe inquadrature assimilabili a virtuosistici saggi di fotografia urbanistica. Tutti, a eccezione del prologo, sono interpretati dall’attrice australiana, due volte Premio Oscar, Cate Blanchett, che dà vita a tredici personaggi, quasi tutti femminili in opposizione a una storia culturale per tradizione dominata da voci maschili, che declamano testi composti da collage di stralci di oltre cinquanta manifesti artistici del primo e del secondo Novecento. L’incipit del prologo, invece, visualizzato come un falò notturno senza personaggi, è una frase tratta dal Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels del 1848 («Tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria»), a sottolineare fin dall’inizio la comune matrice rivoluzionaria delle dichiarazioni di poetica che nel panorama internazionale di quegli anni agitarono dalle fondamenta le arti visive, la danza, l’architettura, la letteratura e il cinema.

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation vie wat XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation view at XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

I manifesti proclamati nel film sono: Situazionismo (da un senzatetto), Futurismo (da una broker finanziaria), Architettura (da un’operaia in un inceneritore di rifiuti), Vorticismo/Cavaliere Azzurro/Espressionismo Astratto (dall’amministratrice delegata di un’azienda), Stridentismo/ Creazionismo (da una ragazza punk in una sala prove musicale), Suprematismo/Costruttivismo (da una scienziata), Dadaismo (da un’oratrice a un funerale), Surrealismo/Spazialismo (da una burattinaia), Pop Art (da una madre tradizionalista di famiglia a tavola), Fluxus/Merz/Happening (da una coreografa), Arte concettuale/Minimalismo (da una telecronista televisiva), Cinema (da un’insegnante). Ciascuna di queste dichiarazioni programmatiche è a sua volta il risultato dell’interpolazione di brani scritti da autori diversi e non sempre afferenti alla stessa corrente, a ulteriore espansione del campo semantico testuale, già incrementato dal collidere delle suggestioni contemporanee suscitate dalle immagini con le atmosfere evocate dalle parole. Per celebrare questa ricorrenza, XNL Piacenza Arte ha deciso di dedicare al Manifesto la sua venticinquesima mostra istituzionale, riproponendolo come video installazione a tredici canali appositamente ridisegnata per gli spazi espositivi del piano terra e realizzata in collaborazione con la casa editrice Electa.

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation vie wat XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation view at XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Il lavoro di Rosefeldt sui testi originali costituisce l’operazione più radicale e significativa del lavoro: l’artista non si limita a una semplice citazione o a un montaggio didascalico, ma opera un vero e proprio carotaggio culturale, restituendo ai manifesti storici la loro dimensione più autentica e spesso dimenticata: quella di espressioni urgenti, fragili e talvolta contraddittorie di giovani artisti in formazione. La maggior parte di questi testi venne scritta da ventenni, da menti ancora insicure che gridavano le proprie certezze proprio perché stavano cercando un’identità. Gli storici dell’arte hanno in seguito cristallizzato questi documenti collegandoli alle opere mature degli artisti e trasformandoli in monumenti teorici. Rosefeldt compie l’operazione inversa: li riporta alla loro scintilla originaria, alla loro natura di conversazioni notturne intorno a un tavolo, di entusiasti scambi di idee rivoluzionarie tra amici. Questo approccio ha permesso all’artista di essere insieme rispettoso e audace verso l’autorialità storica, mescolando frammenti di autori diversi senza fraintenderne il senso e le intenzioni. Se le avanguardie nascevano da gruppi ristretti di visionari infiammati da un’utopia comune, la sua rielaborazione amplifica questi flussi di pensiero in un testo stratificato che, pur conservando il nucleo ideologico dei manifesti originali, li proietta in una sfera corale, dove le singole voci si dissolvono in un’urgenza collettiva. Ciò che emerge con forza dirompente dall’opera è la vitalità sconcertante di questi testi: brani scritti cento anni fa risuonano con una precisione quasi profetica nel presente, come ad esempio il manifesto del John Reed Club di New York del 1932, che recita: «Il vecchio mondo sta morendo; un altro sta nascendo. La civiltà capitalista, che ha dominato la vita economica, politica e culturale dei continenti, subisce un processo di decadimento. In questo momento sta generando nuove e devastanti guerre. In questo preciso momento l’Estremo Oriente ribolle di conflitti militari e di preparativi che avranno conseguenze sull’umanità intera. Nel frattempo, la crisi economica imperante mette sempre più fardelli sulle masse della popolazione mondiale, e soprattutto su quelle che lavorano con le braccia e con la mente».

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation vie wat XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation view at XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

L’attualità di queste parole, scritte tre anni dopo la Grande Depressione in un’America sospesa tra le due guerre mondiali, con la sensazione che qualcosa di terribile stesse per arrivare, non è limitata a singoli passaggi. L’intera struttura dell’opera si fonda su un elemento comune a tutti i manifesti storici: una rabbia produttiva e creativa che si contrappone in maniera esplicita all’aggressività dei (nuovi e vecchi) populismi. Mentre la propaganda politica vende paura e cerca di dividere la società con ricette semplici ed efficaci, come si osserva tristemente oggi in diverse democrazie occidentali, la rabbia dei manifesti definisce il ruolo dell’arte non come rispecchiamento passivo del mondo, ma come forza capace di fare la differenza in un contesto sociale e politico. In un’epoca di guerre, solitudine, disorientamento, sopraffazione consumistica e mediatica, in cui ogni società combatte contro forme di demagogia che minacciano i principi etici della coesistenza e della solidarietà, Manifesto offre un antidoto. L’opera non propone soluzioni, ma ricorda che l’insicurezza e la fragilità possono trasformarsi in energia creativa e che il dissenso può essere fecondo se canalizzato attraverso il pensiero e l’immaginazione alla costruzione piuttosto che alla demolizione dello status quo.

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation vie wat XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation view at XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

L’installazione a tredici canali simultanei esposta a Piacenza amplifica la suggestione dell’opera rispetto alla sua versione cinematografica lineare: gli schermi dialogano tra loro nello spazio, creando una stratificazione non solo temporale ma anche spaziale. Lo spettatore può scegliere liberamente il proprio percorso, sostare davanti a un personaggio, lasciarsi attrarre da un altro, cogliere frammenti di discorsi diversi che si sovrappongono. Ma è soprattutto nei momenti di sincronizzazione, quando le tracce audio convergono e le voci si fondono in una polifonia rivoluzionaria, che si raggiunge il massimo del coinvolgimento. In questi istanti, i diversi manifesti vengono letteralmente “cantati” all’unisono, le parole si mescolano, si rinforzano, creano un coro che cancella le specificità storiche e geografiche per far emergere l’urgenza comune. Questa simultaneità non è solo un espediente formale, ma una dichiarazione politica ed estetica in cui l’artista sembra suggerire che la frammentazione del presente, con i suoi molteplici punti di vista, le sue identità fluide, le sue contraddizioni, può essere superata non con l’imposizione di una singola narrazione, ma attraverso una polifonia che accoglie le differenze pur mantenendo un orizzonte comune di trasformazione. È l’incarnazione visiva e sonora di ciò che, in ultima istanza, i manifesti storici cercavano di ottenere: una rivoluzione collettiva che non cancella le singolarità ma le orchestra in una sinfonia dirompente.

ciao mi traduci in inglese rispettando formattazione grassetti corsivi ecc?

Julian Rosefeldt, “Manifesto”, 2015-2025, installation view at XNL Piacenza Arte, ph. Daniele Signaroldi, courtesy the artist and XNL Piacenza Arte

Non a caso, l’ultimo episodio vede Blanchett nei panni di un’insegnante circondata da bambini, le generazioni future, gli artisti che ancora non conosciamo. Qui viene enunciato uno dei testi più significativi dell’opera, tratto da Le Regole d’Oro per fare cinema di Jim Jarmusch: «Niente è originale. Ruba da qualsiasi cosa che risponde all’ispirazione o alimenta la tua immaginazione. […] L’autenticità è preziosa, l’originalità è inesistente. E non ti preoccupare di nascondere il tuo furto – esaltalo se ne hai voglia. E comunque ricorda sempre quello che ha detto Jean-Luc Godard: “non importa dove prendi quello che prendi, ma dove lo porti”». Questa dichiarazione sintetizza alla perfezione l’operazione compiuta da Rosefeldt: un’appropriazione rispettosa ma libera, una rielaborazione creativa del passato per nutrire il presente. Se tutto ciò che pensiamo sia originale è in realtà un eco di ciò che abbiamo consumato, visto, letto e ascoltato, noi stessi siamo storia e dimenticarlo significherebbe condannarci a ripeterla, come ammonisce la citazione di Hegel ripresa da Marx che aleggia sull’opera: «La storia si ripete. La prima è tragedia, la seconda è farsa». A dieci anni dalla sua creazione, come dimostra questa nuova riedizione a XNL Piacenza Arte, Manifesto dimostra di possedere una capacità profetica che non invecchia, ma si rafforza con il tempo, qualità rarissima nelle opere d’arte contemporanea.

Info:

Manifesto di Julian Rosefeldt
18/09/2025 – 25/11/2025
XNL Piacenza
Via Santa Franca, 36 – Piacenza
www.fondazionepiacenzavigevano.it/xnl-piacenza


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