Termina la kermesse importante di ARTE FIERA 2025 (giunta alla 48esima tappa) ed è tempo di bilanci su uno degli appuntamenti più attesi dagli appassionati di arte e fotografia. Anche noi ci permettiamo dunque di indicare dieci artisti (alcuni con una sola opera, altri in termini di mostra personale) che ci hanno lasciato un’eccellente impressione, corredando il contributo con alcuni elementi recensivi e sapendo che l’elenco è decisamente soggettivo e che ne avremmo potuto includere altri, data la ricchezza di proposte artistiche viste in Fiera.

Diana Anselmo, “La clinica dell’udito, Hector Marichelle e un soldato della Prima Guerra Mondiale”, stampa fotografica ecosolvet su vinile polimaterico, 1918, courtesy Galleria Eugenia Delfini
Il primo è un artista che in realtà non era in esposizione ma che, grazie a una cortese e privata visione, merita di essere incluso in questa lista. È il palermitano Diana Anselmo, giovane fotografo non udente, classe 1997, proposto dalla galleria romana di Eugenia Delfini. Giacché i logopedisti di cent’anni fa ritenevano le persone sorde capaci “solo di masticare”, l’artista riprende delle foto in bianco e nero di un istituto socio-medico parigino e, rivisitando l’originale, copre il volto del giovanissimo paziente sordo con una chewing-gum. Il progetto tematico si chiama “Deafnotdead” (sordi ma non morti) e permette ad Anselmo di agire in modo politico, denunciando i metodi coercitivi e l’obbligo medico cui sono sottoposti i corpi degli allievi.

Giacomo Segantin, “Rovine”, dittico, stampa a pigmenti su carta fotografica con Diasec, courtesy Artopia Gallery
“Revision of a Landscape” è il progetto di un altro fotografo giovane, il veneto Giacomo Segantin, classe 1995, proposto dalla milanese Artopia Gallery. Come dice il titolo, anche in questo caso l’artista interviene su immagini di archivio, in questo caso fotografie di tessuti dal Metropolitan di New York, dalle quali estrapola le scene che non includono caccia o pesca e, prima della stesura finale, immerge la fotografia nel frattempo rielaborata nel liquido (tossico) della bacca fitolacca.

William Guerrieri, “Palestra” (da “Ambienti Pubblici”), 1993, courtesy dell’artista e Galleria Antonio Verolino
Terzo artista fotografo da segnalare è una grande conferma: visto nello stand della Galleria Antonio Verolino di Modena, il trittico fotografico di William Guerrieri è l’ennesimo gioiello autoriale di questo fotografo da tempo protagonista dell’ottava arte italiana (tra le tante cose co-ideatore e co-fondatore del progetto d’indagine “Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea”). In particolare, la “Palestra” che fa parte del progetto sugli “Ambienti pubblici”, siamo in questo caso nel 1993, è davvero un piccolo capolavoro spiazzante per l’osservatore, anche grazie a voluti inganni prospettici: c’è una sedia lungo la linea che delimita il campo di gioco scolastico, e di fronte alla sedia c’è una cattedra ma non ci sono né l’allievo né il docente. Questa assenza duplice crea un effetto di sospensione per cui non è immediatamente riconoscibile il contesto proprio perché sono spazi senza presenze.

Lori Nix, “Subway”, 2012, courtesy Paci Contemporary
Quarta e ultima artista di fotografia che ci ha suscitato molto interesse è la statunitense Lori Nix, proposta da Paci Contemporary. La fotografia di Nix è staged, quindi molto costruita contaminando la scena di elementi urbex, oggetti e luoghi di vissuto quotidiano, connotati del tempo post industriale e ambienti del degrado: l’umanità non c’è più e la natura riprende i suoi spazi, soprattutto in ambito urbano (“The City” è il progetto di queste inquietanti rappresentazioni a colori).

Sebastiano Impellizzeri, “Nudo disteso”, olio su tela, 325 x 425 cm, 2022, ph. Max Tomasinel, courtesy l’artista e Société Interludio
Il primo pittore da citare è il poco più che quarantenne catanese e ormai torinese d’adozione Sebastiano Impellizzeri, proposto dalle giovani galleriste di Société Interludio. Presente nella cinquina di finalisti del Premio “Osvaldo Licini”, l’artista è un riuscito esempio di scuderia, in quanto appartiene al vivaio della galleria torinese ormai da molto tempo, con un costante percorso di crescita e di valorizzazione. La personale in mostra a Bologna ci rimanda a una paletta cromatica molto sfumata, in cui le campiture tendono a svelare poco ma riescono a farci familiarizzare con il soggetto raffigurato (nature morte, silhouette erotiche, paesaggi industriali…).

Flora Temnouche, A+B Gallery, ph. Giovanni Crotti
Frutto invece di una più recente scoperta e inclusione in scuderia è la francese trentenne Flora Temnouche. Proposta dalla bresciana A+B Gallery di Dario Bonetta, la sua personale ad Arte Fiera rappresenta un cambio di percorso del gallerista. Dall’astratto e informale, piombiamo anche qui nei colori tenui e nelle scene domestiche raffigurate con un effetto di pausa visiva, interrogandoci su cosa può esserci oltre la parete che delimita la scena.

Galleria Giovanni Bonelli
Con Nicola Verlato, proposto da Giovanni Bonelli, si torna a un artista ormai affermato (classe 1965) che reinterpreta figure iconiche con molta soggettività. Il suo “San Sebastiano” è rivisitato innanzitutto ponendo la figura in posizione orizzontale, sdraiata su un lato, e in un contesto scenico che non è quello classico cui siamo abituati. In questo olio ci sono tanti secoli di arte figurativa: la forza dell’artista è quella di riuscire a rimandarci l’immagine con luminosità inedita, spazialità coinvolgente, nuovo classicismo.

Stand Atipografia ad Arte Fiera 2025
Un decisivo tuffo nel territorio di appartenenza è la proposta di Atipografia (Arzignano, provincia di Vicenza) che ci avvicina all’arte del vicentino quarantenne Diego Soldà. È molto difficile raccontare questo superbo progetto dal titolo “Geologia della pittura”, nel quale pezzi e tronchi di legno sono letteralmente insufflati negli infiniti strati interni di tempera dall’artista, che riesce così a creare, in lunghissimi lassi temporali di miniaturismo compulsivo, forme naturali di eccezionale emozione concettuale. Grazie a temperamento e prassi da scienziato rigoroso, l’opera d’arte finale è eventualmente monocroma solo in superficie, per poi mostrare l’anima caleidoscopica nel momento in cui si vede la sezione.

Antonio Scaccabarozzi, “Prevalenze 1 di 3 tre rossi + tre toni”, courtesy galleria Clivio
È una conferma imperdibile Antonio Scaccabarozzi, di cui la galleria parmigiana Clivio propone una serie tematica più geometrica e spaziale del consueto. “Prevalenze” è il progetto dell’artista lecchese-brianzolo, composto da punti, a volte monocromi a volte colorati, disposti sullo spazio della tela o della tavola in un rigorosissimo e perfetto ordine matematico. Il risultato è per gli occhi molto poetico, oltre che evocatore della capacità di Scaccabarozzi nel dare forma al punto.

Stand galleria M77 ad Arte Fiera 2025
Decimo e ultimo artista è sempre un pittore storicizzato: Tino Stefanoni, anch’egli lecchese (di città), proposto dalla milanese M77. Pochi pezzi in una mostra collettiva bastano a riscaldare l’attenzione, in particolare le “Sinopie”, queste minimaliste tracce su tela che richiamano l’essenza dell’arte, quasi il suo luogo in cui tutto ha avuto origine e quindi l’arte torna alla sua forma primigenia, poche strisce sulla superficie, arte visiva priva di tempo.
Info:

Sono Giovanni Crotti e sono nato nel giugno 1968 a Reggio Calabria per rinascere nel giugno 2014 a Piacenza, città dove vivo. Il mio reddito è garantito dalle consulenze digitali, per poi spenderlo in gran parte nell’arte e nelle lettere: sono stato e sono curatore di contenuti e organizzatore di eventi culturali per artisti, gallerie e spazi istituzionali, oltre che scrittore di recensioni di mostre, creativi di ogni epoca e libri.
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