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Ellen Siebers: la pittura tra il mondo e la sua te...

Ellen Siebers: la pittura tra il mondo e la sua terra

Siamo negli anni Dieci del Novecento, ci troviamo in Francia, a Vernonnet, a circa cinque chilometri da Giverny, luogo in cui il pittore Pierre Bonnard si traferì per aprirsi a un rapporto totale con la natura, sia per presa diretta con quei territori sia per abbandonarsi agli spazi della memoria. Da qui è possibile aggiungere una riflessione in più, se il metodo di lavoro di Bonnard, impostato nel dipingere a memoria un insieme di cose vissute, dimenticate e poi combinate secondo imprevedibili relazioni, sia comune metodo di lavoro anche tra i pittori contemporanei. Sebbene oggi siano estremamente diffusi artisti che agiscano dal vivo o prendendo spunto da fotografie e immagini, altri ancora, proprio come Bonnard, lavorano con la memoria sino ad astrarre e trasformare il soggetto in una metamorfosi con una propria dimensione estetica. Le regole di questa pittura, prolungando l’istante del ricordo, si avvicinano poco al dato reale e anche trattando soggetti estremamente realistici, come la pittura di paesaggio, se ne discostano. Così, contrariamente a quanto avvenne nella storia dell’arte che sviluppava tale genere – in particolare con gli artisti Claude Lorrain, Jakob Philipp, la Scuola Barbizon e quella dell’Hudson River Valley in America – in cui il paesaggio naturale era una imitazione perfetta di ciò che li circondava, di contro qualcuno è riuscito a dipingere questi soggetti con la memoria e attraverso il sentimento, ovvero con la particolare sensazione emotiva che suscita al solo sguardo.

Ellen Siebers, “Two Trees”, 15 x 30 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist

Ellen Siebers, “Two Trees”, 15 x 30 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist

Proprio nell’attuale stato di New York, nella cittadina dell’Hudson, dove ebbe origine l’omonima e già citata scuola di pittura di paesaggio, si trova lo studio della pittrice Ellen Siebers (1986, Wisconsin, USA). Il suo luogo di lavoro è composto di un ambiente di circa 15mq, omogeneamente illuminato da ampie finestre. Quando chiesi alla pittrice di raccontarmi gli spazi in cui dipingeva, mi inviò le foto degli interni dello studio, assieme a un’ampia scelta di panoramiche esterne. Immagini di falene, arbusti, fiori si susseguivano proprio come una naturale presa visione di quanto incontrava passeggiando nelle zone adiacenti allo spazio di lavoro. Così compresi con chiarezza che per la pittrice lo studio non era propriamente l’ambiente in cui dipingeva, bensì tutto il panorama esterno a esso. Solo guardando questo contesto si possono comprendere le motivazioni delle sue opere: piccoli brani di vedute paesaggistiche e figurative, epurate da ogni particolare ambientale, tutte segnate da un’esperienza con il paesaggio naturale sviluppato attraverso un approccio mentale e mnemonico. Pertanto, quella di Siebers è una visione analoga a quella di chi non è di fronte alle cose, ma le ha introiettate, così in questa surreale posizione, ci troviamo a scoprire gli elementi caratterizzanti della sua pittura. In particolare, ci si riferisce a una ricerca basata sull’amorfo, privo di contorni, in cui il lavoro del pennello rimane grossolanamente visibile su tutta la superficie della tela. Il dato figurativo appena accennato spinge a interpretare l’opera stimolando l’immaginazione, proprio come se ci trovassimo sospesi all’interno del corpo di nuvola, i cui spazi mossi donano la sensazione di un’immagine umida e svanita. L’equilibrio delle forme aperte, la mancanza di mezzi illusionistici e l’assenza di sfondi che contestualizzano le immagini rendono le opere come pure visioni generate dal rapporto tra dato naturale e letture soggettive. Sono proprio questi particolari aspetti ad avvicinare il metodo di lavoro di Siebers a quello di Pierre Bonnard, il quale al cospetto della natura di Vernonnet, affermava: «con i disegni in mano. Li guardo, prendo nota, poi rientro in me e, prima di dipingere, rifletto, sogno». Eppure, se in Bonnard esiste una ricchezza coloristica, per Sibers i colori sono ridotti ai toni terrosi in rapporto ai paesaggi che vive, come il tortora, il verde salvia e gli azzurri pacatamente brillanti. Tale forma di sensibilità che considera la natura nei colori del cielo e della terra è sviluppata attraverso un intenso rapporto che instaura con i paesaggi naturali, sino a sfociare in opere in cui nulla è troppo forte, bensì pacato e sussurrato nella giusta misura.

Ellen Siebers, “The charm”, 20 x 25 cm, oil on birch panel, 2025; “Relight”, 20 x 20 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist and Ingleby Gallery © Ellen Siebers, photo John McKenzie

Ellen Siebers, “The charm”, 20 x 25 cm, oil on birch panel, 2025; “Relight”, 20 x 20 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist and Ingleby Gallery © Ellen Siebers, photo John McKenzie

Tant’è che Siebers pare sia cosciente che non si può vivere il mondo della memoria abbracciando la figurazione, perché nel suo ricordo svaniscono anche il corpo umano e i più minuti elementi naturali. Soggetti, quest’ultimi, tutti concepiti come trascurabili, al punto tale che vengono inghiottiti fino a scomparire nello sfondo ombroso di un luogo tra il mondo terreno e la sua terra. Così la pittrice, coniugando gli estremi di questi luoghi, abbatte le distanze focali, appiattisce in maniera drastica il piano della tela con strani accoppiamenti e pause spaziali estremamente dilatate. Pertanto, il dipinto ci interroga proprio in ordine alla questione se questa pittura meditativa, originata dal pensiero piuttosto che dalla presa diretta, può prevalere sulla superficialità dell’intera visione. Ebbene Siebers qualsiasi soggetto raffiguri, ubbidisce dapprima alle sue riflessioni e considerazioni private, fissando proprio quella aleatorietà tipica dei pensieri di passaggio. In questo modo le scene sono create giocando su attenti equilibri, in cui si inseriscono in sospensione nel vuoto della tela elementi quadrati, proprio come nelle composizioni delle sacre icone bizantine. Pertanto, l’aspetto più importante di tali scelte pittoriche è quello di farsi carico di un’acuta sensibilità e se per la persona normale il mondo è una raccolta di immagini, per Siebers si presenta come un labirinto di segni e ricordi che prendono forma nel senso di attesa di una visione da definirsi. Perciò l’artista, scegliendo di ritirarsi nella natura che circonda il suo studio, si lega con spontaneità ai suoi ricordi e, aprendosi all’indeterminatezza degli spazi naturali, dona al colore il principio risolutore dell’intera composizione. Le opere, prive di una identitaria vena narrativa, appaiono come dei piccoli contatti di mondi possibili con altre entità. Ne emerge una pittura che accompagna lo spettatore in uno spazio dall’aspetto quantomai indefinito e squisitamente impreciso, in cui è percepibile la mano di un’artista che avverte l’ineludibile l’esigenza di fermarsi poco prima di diventare chiara e con una conformazione chiusa. Si tratta in altri termini di una pittura che ritrae episodi che si confondono nell’incertezza, in bilico tra visività e visionarietà, fissati proprio qualche attimo prima sul punto di svanire.

Ellen Siebers, “Breakfast”, 30 x 30 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist

Ellen Siebers, “Breakfast”, 30 x 30 cm, oil on birch panel, 2025, courtesy of the artist

Maria Vittoria Pinotti: Come descrivi il ritmo di lavoro nella tua pittura?
Ellen Siebers: Più riesco a lasciarmi andare e meglio è, poiché il ritmo di lavoro ruota attorno al raggiungimento di uno stato in cui sono in grado di essere il più ricettiva possibile. Quando inizio a dipingere al mattino, spesso sono un po’ rigida e tendo a trattare il lavoro con troppa delicatezza, quindi capita frequentemente che io distrugga i primi strati del dipinto. La musica è importante per me, spesso ascolto le stesse cose in loop per aiutarmi ad accedere a una parte meno intenzionale del mio cervello. Quando percepisco di avere un approccio corretto, non ho più paura di rovinare un’opera e sono completamente presente. In quel momento sono più aperta alla serendipità. Si tratta di un equilibrio tra il restare presente con il seme di un’idea all’inizio di un lavoro, e allo stesso tempo restare aperta al fatto che possa cambiare completamente. Questo significa che, se sto lavorando con un riferimento, lo tengo in mente solo per un breve periodo, poi lo faccio scomparire. Cerco di ritagliarmi quanto più tempo possibile senza interruzioni. Tutte queste cose, ovviamente, sono più facili a dirsi che a farsi.

Quanto tempo trascorri nel tuo studio a Hudson? Lavori mai en plein air?
Cerco di passare più tempo possibile in studio. Anche se sono un po’ stanca e non pronta a dipingere, stare in presenza del lavoro (mio o di altri) può far emergere molte idee. Dipingo con la luce naturale, quindi mantengo sempre gli stessi orari in studio. Di notte potrei preparare qualche tela, ma la maggior parte del tempo guardo un film. Non lavoro en plein air. A volte porto degli oggetti in studio per trarne spunto, soprattutto se mi sento bloccata. Lavorare all’aperto mi dà troppi stimoli e percepisco che è più difficile entrare nello stato del flusso creativo. Il mio lavoro riguarda di più il rispondere a un impulso e vedere come può prendere forma attraverso la pittura, non il registrare qualcosa direttamente dall’esterno. Per me è più una questione della sensazione di una cosa, piuttosto che della cosa in sé.

The natural landscape near Ellen Siebers’ studio, September 2025, Hudson, NY

The natural landscape near Ellen Siebers’ studio, September 2025, Hudson, NY

In relazione ai tuoi lavori più recenti, come concepisci il rapporto tra composizione e forma?
È una bellissima domanda. Mi piace trovare modi in cui un singolo corpo o oggetto possa riempire il piano dell’immagine in modo da dar vita a una composizione interessante. Infatti, credo che i bordi di ogni forma abbiano un’enorme importanza. Spesso mi piace che gli elementi siano contenuti in un modo che li faccia percepire come unici. Cercare questi momenti è una sfida stimolante. Anche il grado di definizione o sfocatura mi sembra rilevante nel determinare la relazione tra la forma scelta e la composizione. Sono molto esigente riguardo alla superficie e a come questa si rapporta a tali questioni, poiché l’impasto della materia rispetto a uno di spazio profondo può generare molta tensione. La texture di una pennellata, per me, deve contribuire in modo significativo alla costruzione di una forma specifica, non posso accettare una pennellata errante che non si relazioni con le forme (ad esempio, proveniente da un tentativo precedente sullo stesso pannello), perché considero ogni segno come parte integrante dell’entità nel suo insieme. Ogni momento conta.

Che ruolo giocano il caso e l’intenzione nel tuo processo creativo?
Il caso ha un ruolo più importante nel mio lavoro rispetto all’intenzione. Se cerco di imporre troppo la mia intenzione, di solito creo qualcosa che sembra morto fin dal principio. Anche il modo in cui mescolo i colori lascia spazio al caso, non preparo grandi quantità di colore in anticipo, ma mescolo direttamente con il pennello, in modo intuitivo. Potrei, senza accorgermene, prendere un po’ troppo rosso con il pennello sulla tavolozza e quando finisce sulla superficie è una sorpresa che può funzionare oppure no. Mi piace molto il fatto che potrei essere sull’orlo del successo o del fallimento (qualunque cosa significhi). Spesso cancello ciò su cui ho lavorato con un pennello morbido, e così le forme cambiano del tutto in qualcosa che non avrei potuto prevedere. Per me questa è la bellezza del lavorare, perciò produco molti lavori che non mostro mai.

Ellen Siebers’ Studio in Hudson, NY, September 2025, courtesy of the artist

Ellen Siebers’ Studio in Hudson, NY, September 2025, courtesy of the artist

In che modo il tuo rapporto con la natura, in particolare il paesaggio intorno al tuo studio, influenza la tua pratica artistica?
Potrei dire che il mio rapporto con il paesaggio intorno al mio studio ha l’impatto maggiore sulla mia pratica. Amo fare lunghe passeggiate, e considero questo tempo altrettanto importante quanto quello passato in studio. I colori e le forme che assorbo durante le camminate si integrano costantemente nei miei dipinti. Tutto questo risuona dentro di me per un po’. Siccome percorro principalmente due percorsi abituali, ci sono forme e colori che inizio a elaborare (come la forma di un ramo di pino bianco), che iniziano ad astrarsi o a ridursi in base a ciò che il mio cervello riesce a trattenere. Ho una memoria molto acuta, quindi riesco a conservare molto, ma anche in questo caso, la forma comincia a cambiare. Trovo che questo sia un punto di partenza molto interessante da cui attingere quando inizio a lavorare.

Info:

www.ellensiebers.com


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