A Palazzo Bollani, in dialogo con il Padiglione Giappone alla 19. Esposizione Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia 2025, la fotografa e regista giapponese Mika Ninagawa (Tokyo, 1972) presenta “INTERSTICE”, la sua prima personale europea realizzata in collaborazione con il collettivo EiM (Eternity in a Moment). La mostra, curata da Eriko Kimura e sostenuta dal programma filantropico anonymous art project, si configura come un’esplorazione fenomenologica del concetto di confine, inteso non come limite invalicabile, ma come zona liminale di scambio e trasformazione. La nozione di interstizio, centrale nella riflessione contemporanea sul rapporto tra identità e alterità, richiama il pensiero di Jean-Luc Nancy sul “con-essere” come condizione originaria dell’umano: esistiamo sempre negli spazi interstiziali, nelle fessure dove l’io incontra l’altro, dove la realtà si fonde con l’immaginario. Attraverso un linguaggio multisensoriale che integra fotografia, installazione luminosa e proiezione video, Ninagawa e il collettivo EiM costruiscono un dispositivo percettivo che permette al visitatore di abitare fisicamente questa dimensione liminale.

Mika Ninagawa with EiM, “Within the Breath of Light and Shadows”, 2025, © Mika Ninagawa, courtesy of Tomio Koyama Gallery
La prima installazione che si incontra salendo la scalinata di Palazzo Bollani, intitolata “Within the Breath of Light and Shadow” (2025), si configura come una reinterpretazione della vetrata sacra. Nel punto di convergenza tra architettura storica e intervento contemporaneo, una struttura sospesa composta da migliaia di punti luce e innumerevoli ornamenti (molti dei quali creati artigianalmente dall’artista stessa) genera uno spazio immersivo in cui il confine tra naturale e artificiale si dissolve in una danza di riflessi e trasparenze. I manufatti – realizzati con materiali eterogenei che spaziano dalla plastica alla resina, dai cristalli ai minerali – incarnano quella “vibrant materiality” teorizzata da Jane Bennett, in cui gli oggetti inanimati acquisiscono una propria agency, una capacità di agire sul mondo e modificare la percezione dello spettatore. La materialità dell’opera qui diventa metafora di una tensione dialettica tra permanenza e transitorietà, tra il valore attribuito ai materiali “nobili” e quello conferito agli oggetti della cultura popolare contemporanea. In questo scenario, l’amalgama di elementi preziosi e di accessori modesti trasfigura la distinzione gerarchica tra arte “alta” e “bassa”, tra il giocattolo e il gioiello. L’installazione attiva un meccanismo percettivo in cui ogni elemento, grazie all’interazione con la luce naturale proveniente dalle finestre est e ovest del palazzo, genera configurazioni sempre nuove durante l’arco della giornata. Inoltre, il sistema di illuminazione artificiale programmato per rispondere alla presenza dei visitatori trasforma l’opera in un organismo reattivo che respira e palpita in sinergia con i corpi che attraversano lo spazio, realizzando un’osmosi tra l’artefatto artistico e la presenza umana mediante un’evocativa ridistribuzione dei rapporti tra visibile e invisibile, dicibile e indicibile.

Mika Ninagawa with EiM, “Within the Breath of Light and Shadows”, 2025, © Mika Ninagawa, courtesy of Tomio Koyama Gallery
Nella seconda sala, l’installazione “Remnants of Life” (2025) esplora il territorio di confine tra vita e morte attraverso una serie di immagini fotografiche di fiori artificiali scattate da Ninagawa nei cimiteri di tutto il mondo. Le immagini, stampate in grande formato su tessuti leggeri e trasparenti, assumono la forma verticale delle lapidi, ma contraddicono la durezza del marmo con la morbidezza e la mobilità del tessuto. Il gesto artistico si concretizza in una trasfigurazione poetica dell’oggetto funerario: il fiore artificiale, portato sulla tomba come segno di resistenza all’oblio e alla caducità, simboleggia una memoria che, pur nella sua artificialità, è espressione autentica di un desiderio di permanenza. Non a caso, Maurice Merleau-Ponty parlava della percezione come di un “campo di presenze” in cui il visibile è sempre intriso di invisibile, dove ciò che appare porta con sé le tracce di ciò che è assente. La superficie dell’opera si configura come un diaframma mutevole: quando la luce colpisce direttamente i tessuti, le immagini appaiono nitide e definite; quando invece l’illuminazione diminuisce, le figure si fanno evanescenti e indistinguibili. Tale dinamica di apparizione e dissolvenza richiama il concetto derridiano di “spettralità”, quella condizione di presenza-assenza che caratterizza il rapporto con il ricordo e con il lutto. Il visitatore è invitato a immergersi in un ambiente senziente dove il suo passaggio, generando lievi correnti d’aria che animano i tessuti, rende la presenza umana parte integrante dell’ecosistema percettivo dell’opera. In tale processo, inoltre, si intuisce una sedimentazione di significati culturali sovrapposti: la pratica del dono floreale ai defunti, comune a culture geograficamente distanti, viene riletta attraverso la lente dell’attitudine contemporanea a produrre simulacri e sostituti artificiali.

Mika Ninagawa with EiM, “Remnants of Life”, 2025, © Mika Ninagawa, courtesy of Tomio Koyama Gallery
Il percorso espositivo si conclude con l’installazione video “Dream of the Beyond in the Abyss” (2025), allestita in uno spazio che evoca simultaneamente una cappella o una grotta preistorica, luoghi liminali per eccellenza, sospesi tra immanenza e trascendenza. La proiezione, composta da sequenze filmate in diversi luoghi diffuse da più proiettori su veli drappeggiati che avvolgono interamente la sala, crea un flusso visivo in cui elementi naturali e artificiali si susseguono senza soluzione di continuità: dai fiori di ciliegio giapponesi ai fuochi d’artificio, dalle scene aeroportuali alle ambientazioni acquatiche. Tale struttura visiva permette di esplorare la dimensione spazio-temporale dell’interstizio amplificando quei momenti di passaggio in cui significati diversi e talvolta contraddittori coesistono in uno stato di potenzialità. A questo modo si viene a creare un corto circuito tra particolare e universale, tra l’esperienza soggettiva culturalmente situata e l’aspirazione a un linguaggio capace di travalicare i confini geografici e culturali. Il progetto artistico di Ninagawa, pur non avendo l’esplicito obiettivo di rappresentare la cultura giapponese, si nutre inevitabilmente del suo substrato culturale. In particolare, la sensibilità verso la bellezza effimera e la valorizzazione estetica della transitorietà da cui sono accomunati i diversi lavori richiama il concetto estetico di mono no aware (“pathos delle cose”), che designa una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita e la conseguente sensazione nostalgica legata al suo incessante mutamento. Questa fascinazione per l’evanescenza alimenta paradossalmente una ricerca di permanenza che si esprime attraverso mezzi artificiali: la fotografia che cristallizza l’istante, l’installazione che simula la temporalità ciclica, il video che cattura il movimento per restituirlo in un eterno presente.

Mika Ninagawa with EiM, “Dreams of the beyond in the abyss”, 2025, © Mika Ninagawa, courtesy of Tomio Koyama Gallery
Lo spazio interstiziale esplorato da Mika Ninagawa e dal collettivo EiM non è dunque solo quello tra naturale e artificiale, tra vita e morte, tra materiale e immateriale, ma anche quello tra individualità e collettività. Significativo in tal senso è, ad esempio, il processo creativo adottato in “Within the Breath of Light and Shadow”, installazione composta da ornamenti creati o raccolti dall’artista, il cui assemblaggio ha richiesto un lavoro (soprattutto femminile) collettivo. Su questo piano, l’interstizio diventa metafora di una modalità relazionale di creazione artistica che supera il paradigma autoriale per abbracciare una dimensione comunitaria e partecipativa. Mentre questo lavoro interroga la dialettica tra permanenza e transitorietà attraverso la materialità trasformata dalla luce, “Remnants of Life” affronta il paradosso dell’immortalità sintetica dei fiori artificiali, costitutivamente ambigua tra la vita e la morte. In “Dream of the Beyond in the Abyss”, invece, il confine tra reale e virtuale si dissolve in un ambiente immersivo dove immagini di fenomeni naturali e artificiali si fondono in una ciclicità transculturale. In virtù di ciò, “INTERSTICE” si configura come un’esplorazione poetica delle fessure che attraversano la nostra esperienza del mondo: quelle tra culture diverse, tra temporalità dissonanti, tra materialità e digitalizzazione, tra individualismo e interconnessione. In pieno Antropocene, in cui i confini tra umano e non-umano, tra naturale e tecnologico si fanno sempre più permeabili, il lavoro di Ninagawa e EiM ci invita ad abitare in maniera consapevole questi spazi interstiziali, riconoscendoli non come vuoti da colmare ma come luoghi generativi di significato e relazione.
Info:
Mika NINAGAWA with EiM: INTERSTICE
a cura di Eriko Kimura
11/05/2025 – 21/07/2025
Palazzo Bollani
Riva degli Schiavoni, 3647 – Venezia
www.palazzobollani.it
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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