Quando ci rendiamo conto di trovarci davanti a un’illusione – ottica, per esempio – il primo tassello a incrinarsi è il nostro senso di realtà. La superficie lucida con cui rivestiamo il mondo si appanna, i contorni si dissolvono e un improvviso astigmatismo sembra velarci lo sguardo. Tutto si confonde: il bianco diventa nero, il nero diventa bianco. Che follia, verrebbe da dire, fondare un paradigma artistico su una simile vertigine! Eppure, come spesso accade alle menti più lucide, proprio quell’oscurità può rivelarsi la chiave di volta di una rivoluzione dello sguardo. Escher, artista incompreso dell’Olanda del primo Novecento, fa esattamente questo: confonde le linee grafiche per chiarire la logica che ordina l’illusione. La mostra ospitata al Castello Aragonese di Conversano (BA) ripercorre la poetica di questo visionario attraverso i concetti che lo hanno reso inconfondibile, dal paradosso geometrico alle raffinate tassellature ispirate all’Alhambra di Granada.

Maurits Cornelis Escher, “Relatività”, 1953, litografia, 27,7 x 29,2 cm, collezione M.C. Escher Holding, Paesi Bassi, All M.C. Escher works © 2025 The M.C. EscherCompany, The Netherlands. All rights reserved, ph. courtesy Arthemisia
L’esposizione lascia piena parola alle opere, mettendo in luce ciò che noi, abitanti del XXI secolo, tendiamo ad attribuirci come una nostra invenzione: la creatività delle regole formali. Con la diffusione capillare dell’arte generativa e delle tecnologie in AR e VR, ci sentiamo pionieri di una rivoluzione, dimenticando la vera radice dell’inventio, dal latino “trovare, scoprire”, non “generare ex nihilo”. Le regole formali – dal calcolo matematico di uno spazio fisico alla scrittura di un codice – si rivelano in sorprendente continuità con l’atto creativo. Escher lo ha mostrato con chiarezza: matematica e arte non sono semplicemente due facce della stessa medaglia, ma l’una costituisce la condizione di verificabilità dell’altra. Nelle sue costruzioni grafiche la matematica non è solo uno strumento al servizio dell’estetica, ma diventa fondamento stesso della sua possibilità. Le sue immagini impossibili, le tassellazioni e le simmetrie complesse non potrebbero esistere senza una rigorosa struttura matematica che ne garantisce la coerenza interna. Allo stesso tempo, la creatività tipica dell’arte è il motore primo del matematico che, al pari di un poeta o un pittore, crea modelli. L’arte, infine, fornisce e potenzia la creatività logica dandole forma visibile, tessendo l’abito con cui il mondo ci pare abbigliato nel quotidiano.

Maurits Cornelis Escher, “Giorno e notte”, febbraio 1938, xilografia, 39,1 x 67,7 cm, collezione Maurits, Italia, all M.C. Escher works © 2025 The M.C. EscherCompany, The Netherlands. All rights reserved, ph. courtesy Arthemisia
Manifestazione del paradosso ordine-dinamismo e rigore-creatività, Relatività (1953) mette in scena tre diverse direzioni di gravità: ciò che per una figura è il soffitto, per un’altra è pavimento o parete. Tre prospettive inconciliabili, tre mondi alternativi. Opere come Relatività, Galleria di stampe (1956) o Cascata (1961) sono spesso etichettate come “mondi impossibili”, ma in realtà l’operazione di Escher è opposta: esplorare il possibile fino al suo margine estremo, tracciandone la grammatica di confine. Per Escher, questo limite coincide con la complessità. In Giorno e notte (1938), ad esempio, essa nasce dalla ripetizione di un singolo elemento: non una mera iterazione, ma un moto armonico fondato su rigore e dinamismo. L’estetica contemporanea ha fatto proprio questo “piacere del ritorno”, moltiplicandone le declinazioni: dal design dei vinili più iconici dei Pink Floyd alla pubblicità di Ikea, fino alle composizioni di Philip Glass. Il compositore statunitense, in analogia con la poetica di Escher, costruisce strutture armoniche e ritmiche su ripetizioni modulari. Le cellule musicali si susseguono con variazioni minime e graduali, generando un senso di ipnosi e movimento continuo.

Maurits Cornelis Escher, “Galleria di stampe”, 1956, litografia, 31,9 x 31,7 cm, collezione M.C. Escher Holding, Paesi Bassi, all M.C. Escher works © 2025 The M.C. EscherCompany, The Netherlands. All rights reserved, ph. courtesy Arthemisia
Come nei disegni di Escher, ciò che a un primo sguardo sembra statico o semplice si rivela invece in costante trasformazione, animato da una complessità interna che vive di equilibrio e mutamento. In entrambi i casi, lo spettatore è chiamato a un’attenzione diversa: non quella che cerca il colpo di scena o la discontinuità, ma quella che coglie la sottigliezza del cambiamento nella continuità. È un’estetica della struttura logica, in cui la bellezza nasce dalla precisione, dalla simmetria e dalla capacità di portare l’ordine al limite della meraviglia. I paradossi di Escher si incarnano nelle nostre stesse credenze. Quello che consideriamo il futuro dell’estetica (arte generativa, retorica pubblicitaria, persistenza sonora) è in realtà un ritorno, paradossale ma coerente, a un principio che attraversa tutta la storia dell’arte: l’ordine, anziché soffocare, libera nuove possibilità percettive.
Info:
M.C. Escher
a cura di Federico Giudiceandrea
Polo Museale – Castello Conti Acquaviva D’Aragona, Conversano (BA)
28.03.25 – 28.09.25
www.arthemisia.it

Laureata magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, città dove tuttora vive, si è specializzata in estetica e critica del contemporaneo. Frequentatrice del mondo dell’arte e dedita alla ricerca, crede nel potenziale dello sguardo interdisciplinare, che intreccia il pensiero critico, tipico della formazione filosofica, e il potere comunicativo dell’arte di dare forma all’identità in divenire del proprio tempo.



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