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Gianni Madella. L’immagine emblematica

Gianni Madella. L’immagine emblematica

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Data / Ora
Date(s) - 12/11/2019 - 20/12/2019
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Galleria Antonio Battaglia

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La Galleria Antonio Battaglia in collaborazione con Enzo Spadon ha il piacere di inaugurare la mostra personale di Gianni Madella (Mantova, 1931). Il titolo della mostra L’immagine emblematica è tratto dal testo in catalogo di Claudio Cerritelli, dove viene delineata tutta la poetica della pittura di Madella e il legame dell’artista con la storica Galleria Morone 6.

Sono passati quasi vent’anni da quando Enzo Spadon ri-presentava all’attenzione del pubblico alcuni artisti “non omologati” di cui si era occupato nel corso del tempo. Tra di essi la figura di Gianni Madella recitava un ruolo singolare e poco decifrabile nel contesto della sua generazione. […] Del resto, Madella è sempre stato estraneo ai dibattiti dell’attualità, ironico e negativo nei confronti degli obblighi stilistici, distante dalle forme di consenso della pittura, interessato a interrogare l’identità dell’opera come immagine inafferrabile, struttura individuabile per segrete rivelazioni. La sua può considerarsi senza mezzi termini come ricerca dell’introvabile, interrogazione intorno ai modi in cui la materia prende forma, attraverso un processo che dal presente risale verso il passato. Si tratta, dunque, di una inversione di rotta capace di sottrarsi all’omologazione delle categorie teoriche, per affermare l’irriducibile autonomia del proprio sentire pittorico. Madella non opera all’interno della certezza dell’immagine, ma esplora lo stato formativo e generativo del suo interminabile apparire; è attirato dalla presenza di forme e colori come simulacri di pensieri anteriori ad ogni storia codificabile.

(Claudio Cerritelli, L’immagine emblematica. Sulla pittura di Gianni Madella, 2019)

In mostra una selezione di opere degli anni Settanta, i Troni, gli Schermi, le Maschere. Cupola neradel 1970 ha la forma di una cupola dai toni scuri con luci e segni di colori; si staglia su un fondo chiaro, dove astrazione e figurazione convivono nella medesima superficie pittorica in un’immagine di mistero, aspetto questo peculiare dell’artista che parte da suggestioni dell’arte antica fino al contemporaneo per tracciare segni, forme, colori di materia pura e vibrante. Tutti questi elementi compongono mondi nuovi, surreali, astratti, indecifrabili e senza tempo che lo spettatore si trova ad abitare.

Questa mostra è l’occasione per far riscoprire il lavoro di Gianni Madella, artista silenzioso, dopo unalunga pausa espositiva voluta sia da lui che da contrasti artistici ideologici che sono costati all’artistaun percorso in isolamento al di là di possibili etichette da parte di critica e mercato.La mostra sarà anche presentata a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (Treviso) dal 9 novembre all’ 8 dicembre, a cura dell’ Associazione Culturale Oltrearte.

Gianni Madella è nato a Mantova nel 1931. Interrotti gli studi liceali e ottenuta la licenza all’Istituto Adolfo Venturi di Modena (corso di decorazione con Spazzapan), frequenta l’Accademia di Bologna seguendo per quattro anni l’insegnamento di Virgilio Guidi. Grazie a questo Maestro, l’incontro con gli autori contemporanei avviene in modo intenso, senza pedanti remore scolastiche. In un primo tempo guarda a Fontana, Burri e Rothko, poi precisa un deciso orientamento nei confronti di Fautrier, intorno al quale (ma anche a De Pisis) svolge una lunga serie di esercizi, e di Pollock. Del primo coglie il lavoro sulla materia e l‘uso di procedimenti insoliti, quasi magici, come gli “spolveri” (oltre che la mitologia arcaizzante), mentre apprezza del secondo la capacità di dominare, con il metodo, l’irruenza del dettato gestuale. Guidi gli funziona come un ponte classico tra i due, specialmente per la tematica e lo stile dei Tumulti e delle Architetture umane e cosmiche. Tanta parte dei successivi motivi deriveranno a Madella proprio da simili confronti. Trasferitosi a Milano, prende partito per una posizione pittorica duramente antagonista verso il modernismo e ogni forma di astrazione “pura” (proprio perché depurata totalmente dall’io). Insofferente anche della propria generazione, per lui troppo interessata a estetizzare oggetti ed ambienti, cerca lo scontro diretto con l’edonismo pittorico e propone in alternativa delle forme energiche, “competitive”, che intendono essere al tempo stesso fisicamente pregnanti e psichicamente dense, spirituali. Cerca l’immagine come emblema e archetipo culturale. Per questo riprende alcune icone della storia figurativa tardomedievale e umanistica, sottese alle gure, per farne le protagoniste delle sue tele, le “ali”, i “troni”, le “cupole”, le “colonne”, oppure, risalendo all’indietro dai moderni agli antichi, per esempio da Giacometti a Giotto o da Licini al Beato Angelico ai senesi. Ritaglia qualche brano iconografico, intendendolo come significativo di una scena profonda che agita segretamente la rappresentazione di superficie, ma non si lascia afferrare: brani figurali da lui chiamati “sinopie”, ai quali dà un’articolazione anche simbolica.


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