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Date(s) - 06/02/2025 - 16/02/2025
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Ateliersi
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ART CITY Bologna 6 – 16 febbraio 2025 “Le porte della città”
“The city is no longer” prosegue il progetto “Polis” – basato sul testo originale “Plot your city: the city is no longer, we can leave the theater now” del drammaturgo belga Paul Pourveur – già ospite all’Atelier Sì in varie sue fasi nel 2021 e nel 2024.
In occasione dell’opening del progetto, venerdì 7 febbraio alle ore 18 all’Atelier SÌ in via San vitale 69 avrà luogo il talk “La fine della città” con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi (Ateliersi), Manuel Orazi (curatore di “Testi sulla (non più) città” di Rem Koolhaas, Quodlibet), Giulia Cantaluppi (Temporiuso | Stecca 3.0), Francesco Conserva (Open Project), oltre all’artista, Nazario Zambaldi.
Il talk parte da una “introduzione drammaturgica” di Paul Pourveur, in particolare dal quarto e ultimo episodio del suo “Plot your city”: “Junk city: la crisi della percezione” allestito presso Ateliersi nel 2024 in residenza con la regia di Nazario Zambaldi. “La città non esiste più” secondo Rem Koolhaas come ricorda Manuel Orazi nella raccolta curata per Quodlibet “Testi sulla (non più) città”. La città non esiste più “poiché l’idea di città è stata stravolta e ampliata come mai nel passato, ogni tipo di insistenza su una sua condizione primigenia – in termini visivi, normativi, costruttivi – ha come esito inevitabile, complice la nostalgia, quello dell’irrilevanza”[1]. Se Koolhaas inizialmente avrebbe voluto chiamare il suo centro di ricerca anziché OMA – Office for Metropolitan Architecture – “Centro per lo studio della (non più) città”, a Bologna per Art city – che pure è un esempio dell’ambivalenza tra valorizzazione e sparizione dello spazio cittadino nella spettacolarizzazione – il dialogo da lì: cosa significa, se significa, “la fine della città”. Questo primo giro prospettico di presentazione introduce il secondo con la personale mediazione esistenziale: Paul Purveur nella scrittura drammaturgica, Giulia Cantaluppi con Temporiuso e Stecca3 nell’utilizzo temporaneo di spazi in abbandono e processi partecipativi, Manuel Orazi come storico dell’architettura e curatore, Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi nel lavoro teatrale, Francesco Conserva con Open Project nella progettazione a partire dal focus su restauro, recupero e rigenerazione urbana, sostanziano il progetto di Nazario Zambaldi in una dimensione autenticamente politica.
Il dialogo parte da queste suggestioni e impressioni personali, in particolare dalle note di Paul Pourveur, ispirati forse come Koolhaas dai Denkbilder di Walter Benjamin, testimoni, come suggerisce Nazario Zambaldi, di un “pensare per immagini” che può rappresentare una sintesi personale, psichica, trovando nel “montaggio” della città come “cinema” un suo specchio, in movimento.
L’nstallazione diffusa “Augenblick”, pensando al tema di quest’anno di Art City in occasione di Arte Fiera “Le Porte della Città”, trova nella Porta San Felice l’immagine cui apporre la scritta al neon che richiama la parola tedesca per l’italiano “momento”, ma con un focus sullo sguardo, sugli occhi: un “batter d’occhi”. Nietzsche nel “Così parlo Zarathustra” introduce così il tema dell’eterno ritorno: “Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia. Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all’indietro: dura un’eternità. E quella lunga via fuori della porta e avanti – è un’altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l’un contro l’altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: “attimo”.
L’installazione si compone oltre alle tracce sonore attivate da QR Code sui primi tre episodi della produzione pluriennale “Polis: the city is no longer” (“Babel city: il fantasma della velocità”, “Panoptic city: il paradosso del consumo”, “Generic city: lo spettacolo di un effetto”), da una “finestra” luminosa a fianco alla porta d’ingresso di Ateliersi, cui si collegano gli interventi che coinvolgono le porte e le “finestre” cieche degli altari laterali nella ex chiesa sede di Open Project, e lo spazio d’ingresso di Booming Contemprary Art Show nel Palazzo Isolani, interpretando “Le Porte della città” anche come esitazione sulla soglia, sulle soglie, del tempo, delllo spazio, da cui solo diviene possibile la visione, che caratterizza il percorso artistico visuale e teatrale di Nazario Zambaldi: la città è specchio per aprire possibili mappe di realizzazione.
[1] Rem Koolhaas, Testi sulla (non più) città, Manuel Orazi (a cura di),Quodilibet, Macerata, 2021, p. 12. Cfr. Rem Koolhaas, Stefano Boeri, Sanford Kwinter, Nadia Tazi, Hans Ulrich Obrist (a cura di), Mutations, Actar, Barcelona, 2001
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