L’indagine sui limiti della rappresentazione bidimensionale e sulla capacità della pittura di trascenderli è all’origine di una linea costante, benché oggi defilata, di quella branca della ricerca artistica contemporanea che nasce dall’esigenza istintiva e speculativa al tempo stesso di approfondire l’essenza illusionistica della pittura. In un’epoca in cui la proliferazione digitale dell’immagine sembra aver eroso ogni spazio di manualità e fisicità del gesto pittorico, risulta interessante l’incontro con artisti che scelgono di rivendicare la corporeità dell’atto creativo, riappropriandosi (anche in maniera occulta) della dimensione materica della stesura cromatica senza rinunciare alla riflessione concettuale. La mostra Body-Broken-Bodies di Monica Mazzone (Milano, 1984), ospitata a Bologna dalla giovane galleria di ricerca Studio La Linea Verticale, si inserisce proprio in questo ambito di indagine, operando una sottile destrutturazione delle certezze percettive dell’osservatore attraverso un linguaggio che, pur riconducibile a un’astrazione di stampo geometrico, sembra voler mettere in discussione in modo quasi subliminale la neutralità emotiva del suo stesso impianto, a prima vista così razionale.

Monica Mazzone, “Body-Broken-Bodies”, installation view – first room, courtesy Studio la Linea Verticale, Bologna
Un allestimento essenziale accoglie il visitatore in un’atmosfera contemplativa, in cui le opere si impongono come presenze enigmatiche che richiedono uno sguardo prolungato per addentrarsi nelle loro sensuali pulsazioni cromatiche e nei molteplici percorsi visivi suggeriti dalla morfologia di indecifrabili oggetti geometrici sospesi tra la bidimensionalità e l’aggetto. Ciò che fin dal primo impatto colpisce è la compresenza di rigore formale e inafferrabilità percettiva che contraddistingue le immagini dipinte da Mazzone, composizioni dalla geometria sfaccettata in cui il disegno incontra il colore in una collisione produttiva di paradossali profondità spaziali. I dipinti esposti in mostra raffigurano, infatti, articolati solidi puramente teoretici dall’impossibile costruzione prospettica, dove la linea nera di contorno – tracciata con chirurgica precisione con una pittura a olio che emula il tratto della china – definisce territori cromatici che risultano sempre più ambigui man mano che li si guarda, nonostante la presenza inequivocabile del disegno da cui sono circoscritte. L’artista impiega una tavolozza dominata da tinte pastello, applicate mediante pennelli sottilissimi con una tecnica tanto meticolosa da evocare gli effetti vaporosi dell’aerografo. La peculiarità di queste campiture risiede nei passaggi cromatici quasi impercettibili, in cui un tono sfuma nell’altro con una gradualità che sfida le logiche della percezione visiva, facendo emergere dalla superficie pittorica quelli che potremmo definire come dei pulviscolari piani immaginari che sfuggono alla definizione euclidea dello spazio.

Monica Mazzone, “Body-Broken-Bodies”, installation view – second room, courtesy Studio la Linea Verticale, Bologna
È inoltre degno di nota il modo in cui l’apparente perfezione matematica della composizione – che richiama certe strutture cristalline o algoritmi geometrici – venga costantemente contraddetta da una componente di imprevedibilità umana. Avvicinandosi alle tele, infatti, quel disegno che a prima vista colpisce per la sua ineccepibile precisione rivela le minuscole ma eloquenti imperfezioni della manualità, come le micro variazioni di intensità del segno e le sottili colature di colore che testimoniano il coinvolgimento fisico dell’artista nella “materializzazione” della sua immagine mentale. Questa dialettica tra controllo e svista, tra progettualità razionale e indeterminatezza del gesto, conferisce alle opere una vibrazione paradossalmente vitale e inaspettata per una rigorosa composizione geometrica.

Monica Mazzone, “Body-Broken-Bodies”, installation view – second room, courtesy Studio la Linea Verticale, Bologna
La conformazione delle figure, inoltre, evoca sottilmente la loro identificazione con delle sagome antropomorfe, senza mai cadere in facili analogie formali: si tratta piuttosto di risonanze, di vaghe allusioni alle proporzioni e alle posture del corpo umano, che sembrano scaturire quasi involontariamente dalla struttura compositiva. È come se Mazzone, partendo da un approccio rigorosamente formale, lasciasse affiorare una memoria corporea che vivifica dall’interno l’impersonalità dell’astrazione geometrica. A questo proposito, viene in mente quanto osservava Rosalind Krauss a proposito della griglia neoplastica di Mondrian, a suo avviso una struttura emblematica dell’ambizione modernista nel campo delle arti visive, che nasconde sempre, nelle sue pieghe, una dimensione spirituale o corporea repressa. Fondamentale, nelle opere di Mazzone, è poi il ruolo giocato dalla luminosità dei colori stesi a piccoli tratti così ravvicinati fondersi, che crea un effetto di irradiazione interna all’origine della qualità quasi cangiante delle superfici. Le composizioni dell’artista appaiono così sospese tra armoniosità e inquietudine, tra familiarità delle forme e straniamento percettivo, in un equilibrio instabile che mantiene costantemente allertato l’osservatore.

Monica Mazzone, “L’Albero del Limone”, 2025, olio su tavola e cornice in alluminio, 92x122x2 cm, courtesy Studio la Linea Verticale, Bologna
Il percorso espositivo si completa con una serie di bassorilievi monocromi, realizzati mediante la sovrapposizione di sagome metalliche geometriche ritagliate a mano da fogli di alluminio anodizzato. Questi lavori tridimensionali sembrano tradurre nel campo della fisicità volumetrica le stesse questioni affrontate nelle opere pittoriche, ma con un linguaggio più semplificato e diretto. Se confrontate con le delicate stratificazioni cromatiche dei dipinti, queste sculture appaiono meno raffinate nei passaggi e nelle intenzioni, come se l’artista avesse scelto di ridurre la ricchezza sintattica per concentrarsi sull’essenzialità della struttura formale. In conclusione, Body-Broken-Bodies si configura come un’esplorazione rigorosa e poetica al tempo stesso delle potenzialità espressive di un linguaggio astratto che non rinuncia a dialogare con la dimensione corporea dell’esperienza umana. L’opera di Monica Mazzone si impone all’attenzione per la sua capacità di combinare una notevole perizia tecnica con una profonda consapevolezza concettuale, offrendoci un esempio significativo di come la pittura contemporanea non abbia ancora esaurito gli argomenti per riflettere su sé stessa.
Info:
Monica Mazzone. Body-Broken-Bodies
15/04 – 30/05/2025
Studio La Linea Verticale
Via Dell’oro 4b – Bologna
www.studiolalineaverticale.it
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
NO COMMENT