La Galleria Matria di Milano, specializzata in fotografia contemporanea, ospita una personale di Cornelia Hediger, intitolata Homage. La mostra raccoglie le opere più recenti dell’artista, che mettono in luce la sua pratica principale: il fotomontaggio analogico.

Cornelia Hediger, “Homage”, installation view at Galleria Matria, Milano, ph. courtesy Galleria Matria
L’esposizione presenta una serie di fotografie-omaggio al movimento pittorico della Nuova Oggettività, corrente artistica nata in Germania negli anni Venti, caratterizzata da un crudo realismo che ritraeva la crisi economica dell’epoca con un forte coinvolgimento emotivo. A questo immaginario severo, Hediger sovrappone i propri autoritratti, frammentando sé stessa (come nell’installazione Split Personalities, in cui la figura si moltiplica e si scompone in un gioco identitario). In questo modo, reinterpreta le opere della Nuova Oggettività in chiave surreale e ironica, rianimandole e facendosi lei stessa dispositivo critico, senza avere la presunzione di riscrivere la storia occidentale, ma piuttosto con l’intento di capire come inserire l’identità all’interno di un contesto stratificato.

Cornelia Hediger, “Hedwing and Hermine – Homage to my Grandmothers”, 2025, fotografia, installazione da parete composto da 9 pannelli individuali 75 x 75 cm (ciascuno), totale 225 x 225 cm, ph. courtesy Galleria Matria
Un altro esempio è l’installazione fotografica Two Children (2025), un pezzo unico composto da più fogli fotografici che formano un puzzle visivo, dove Hediger sovrappone il proprio volto ai corpi di due bambini. La sua pratica diventa un vero e proprio atto di traduzione: la corporeità dell’artista funge da tramite con l’eredità del passato, sovrapponendo personaggi all’interno della struttura fotografica, come fossero figure sceniche. Così, l’artista si fa autrice di una narrazione che è insieme critica e performativa, scevra da giudizi ma con uno sguardo puro e ironico, che conferisce alle opere un forte elemento personale. Hediger si espone all’interno di stanze e costruzioni molto personali e bizzarre. Il tema dello spazio chiuso è centrale anche nella serie Puppenhaus, presentata nel catalogo della mostra, in cui l’ambiente domestico assume connotazioni claustrofobiche e dissociative, divenendo scenario ideale per la sua performance fotografica.

Cornelia Hediger, “Vincent”, 2024, stampa fotografica, fotomontaggio, tecnica mista, 75 x 100 cm, ph. courtesy Galleria Matria
Virginia Woolf, nel celebre saggio Una stanza tutta per sé, scriveva: «Una donna deve avere denaro e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi». Una frase che risuona profondamente in questa mostra, dove il lavoro di produzione e immaginazione trova espressione proprio nei confini chiusi delle stampe e nelle ricostruzioni ambientali, spazi in cui l’artista esplora e ribalta i rapporti di potere delle iconografie precedenti. Nel catalogo della mostra La materializzazione del linguaggio (1978), a cura di Mirella Bentivoglio, si afferma che il linguaggio è parte integrante della pratica femminista in ambito artistico, poiché la parola è stata per secoli negata alle donne. È proprio in questi luoghi intimi e ristretti che, tanto per Woolf quanto per Hediger, si apre una possibilità di trasformazione: territori in cui le visioni si ribaltano, gli immaginari si fanno ambigui e le ombre si mostrano.

Cornelia Hediger, “Raven”, 2025, figura in bassorilievo, stampa fotografica, fotomontaggio, opera unica, 54 x 35 cm, ph. courtesy Galleria Matria
Con un approccio teatrale, Hediger trasfigura le proprie pose, modificando trucco e capelli, costruendo un collage coerente e suggestivo. Lo spettatore viene così condotto in una dimensione alterata, simile a quella che Alice sperimenta attraversando lo specchio di Lewis Carroll. A supporto della comprensione del percorso espositivo vi è anche l’installazione con il libro Homage, collocata in un angolo dello spazio: uno strumento per osservare la sovrapposizione dei volti, i riferimenti iconografici, il progetto e la sua trasformazione in collage. Una modalità efficace per rendere visibile il processo creativo e la poetica dell’artista. È anche attraverso una chiave di lettura femminista che si può comprendere la curatela della mostra, richiamando il concetto di female gaze: una pratica teorica nata nei cinema studies, volta a indagare la rappresentazione della figura femminile nei media e a decostruire lo sguardo maschile come strumento di potere inscritto nella società.

Cornelia Hediger, “Homage”, installation view at Galleria Matria, Milano, ph. courtesy Galleria Matria
Come sottolinea la critica e storica dell’arte Erica Sanfratello, autrice di uno dei testi in catalogo, è fondamentale intendere il female gaze non come “sguardo femminile” in senso biologico, ma come riconoscimento di una costruzione culturale. In questa visione, la donna diventa al contempo soggetto e veicolo critico per riflettere sulle dinamiche patriarcali. Abbracciare questo sguardo, secondo Sanfratello, significa accogliere la vulnerabilità dei processi sociali, con tutte le loro contraddizioni e relazioni di potere. La vulnerabilità si rivela così come strumento creativo, un’occasione per incidere nelle fessure del potere dominante e rendere visibile ciò che spesso è invisibile. Visitabile fino al 10 settembre, Homage è un progetto artistico denso, supportato da una solida base teorica, che consente allo spettatore di entrare a fondo nella pratica di Hediger e avvicinarsi a una lettura profonda, lontana da interpretazioni superficiali.
Info:
Cornelia Hediger. Homage
21/05/2025 – 10/09/2025
GALLERIA MATRIA
Via Melzo, 34 – Milano
www.galleriamatria.it

Giulia Elisa Bianchi (Varese, 1998) è una curatrice e autrice emergente. Dopo il diploma accademico di Primo Livello in Discipline della Valorizzazione dei Beni Culturali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano ha deciso di seguire il suo interesse per l’arte contemporanea presso il Biennio Specialistico di Arti Visive e Studi Curatoriali alla Nuova Accademia di Belle Arti Naba. Considera la curatela “una scrittura di spazi e una modalità di valorizzazione delle esigenze espressive dell’artista”.
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