Houda Bakkali. Rompere gli stereotipi

Ancora successi per l’artista visiva internazionale Houda Bakkali, che lo scorso 30 novembre ha inaugurato la mostra Donne e arte digitale. Rompere gli stereotipi (visitabile fino al 15 dicembre) al Parador de la Arruzafa di Cordova, edificio costruito sulle rovine del palazzo estivo di Abderramán I, circondato da un giardino che custodisce le più antiche palme d’Europa. Sin dalla sua fondazione nel 1928, la catena alberghiera Paradores ha dedicato grande attenzione all’arte, accumulando negli anni una delle più importanti collezioni della Spagna. Dalle sculture gotiche del XIV secolo agli arazzi femminili realizzati su illustrazioni di Rubens, opere prestigiose movimentano le pareti dei suoi edifici monumentali, che oggi si aprono anche all’arte contemporanea e, con Houda Bakkali, a una gioiosa cultura di stampo cosmopolita. L’artista, perfettamente a proprio agio nelle variegate complessità dei nostri tempi, è infatti cresciuta a Madrid nel quartiere Lavapiés, la zona più alternativa della capitale spagnola, e sin dall’infanzia ha respirato colori e atmosfere di un mondo meticcio in cui la tradizione si fonde con l’attualità. La sua famiglia è di origine africana e questo doppio background è la principale fonte di ispirazione dei suoi lavori, realizzati combinando varie tecniche di collage e illustrazione digitale.

Lo stile di Houda Bakkali è inconfondibile e deriva da una sofisticata e spesso ironica mimesi dei contenuti popular dell’ambiente urbano, rielaborati attraverso una vivace gamma cromatica di matrice pop e un disegno elegante ed essenziale. L’artista sembra considerare la scena urbana come un festoso spettacolo visivo in cui le immagini sottintendono una molteplicità di messaggi, di significati logici, emotivi, simbolici: nelle sue opere confluiscono dettagli metropolitani provenienti da diverse culture, che inaspettatamente si fondono in un nuovo equilibrio senza generare conflitti. Se la Pop Art degli anni ’60 rivolgeva la propria indagine al complesso e multiforme panorama delle grandi metropoli occidentali con l’intento di portare a termine un’irriverente ricognizione della cultura di massa, Houda Bakkali amplia il campo d’indagine a una sorta di macro continente allargato che rispecchia in modo più aggiornato la nuova topografia integrata del mondo, sempre più fondata su inevitabili implicazioni reciproche.

Il suo linguaggio condivide con la Pop Art “storica” l’intento di suscitare nello spettatore una risposta immediata e la consapevolezza che lo sfaccettato orizzonte culturale in cui ci troviamo a vivere è una realtà che non può essere elusa o negata, ma che deve essere indagata e compresa nei suoi fattori formativi e nelle interconnessioni che ne animano le dinamiche. Negli ultimi decenni la società è profondamente cambiata: il benessere, che per qualche tempo sembrava poter essere alla portata di tutti, ha svelato i propri retroscena prevaricatori nei confronti dell’ambiente e delle popolazioni presso cui è stata dislocata la produzione di massa. Sono cambiati i valori, oggi sempre più in tensione tra i due poli opposti dell’ideologia e della dissoluzione totale, è cambiata la visione del mondo, che oscilla vertiginosamente tra lo smarrimento e un infantile narcisismo individualista. In un contesto così eterogeneo è molto facile perdere l’orientamento e non riuscire a trovare una chiave di lettura coerente e non parziale del mondo che ci circonda.

Per questo Houda Bakkali sceglie di utilizzare un’estetica non elitaria, accessibile a tutti, cercando nuova linfa nelle forme della vita quotidiana e traducendole in tinte primarie ed empatiche che rendono le sue opere semplici ma incisive. Le sue icone sono immediatamente riconducibili al cuore del problema che affrontano e raccontano luci e ombre della nostra epoca con particolare attenzione al ruolo della donna, emblema di bellezza ma anche di dignità e forza. A questo modo l’artista si avvale del linguaggio visivo tipico dello stereotipo per capovolgerne il significato e creare potenti personaggi che si propongono come modelli positivi di libertà e auto determinazione, la cui missione è proprio rompere gli stereotipi che sembrerebbero a prima vista incarnare.

Emblematica per quest’aspetto è la serie Beautiful African Woman, un omaggio alla figura di sua madre, che ha proiettato l’artista sulla scena internazionale, conquistando prestigiosi riconoscimenti come The New Talent Award al Festival International Artistes du Monde a Cannes (settembre 2018) e il Silver Award al Graphis Advertising Annual 2019 a New York (ottobre 2018), Excellence Award al Circle Foundation for the Arts di Lione in Francia (2019) e Distinguished Artist in Art Ascent Magazine (Canada 2019). Il lavoro è incentrato su una serie di ritratti che mostrano la madre di Houda sotto varie sfaccettature (trasgressiva, sensuale, euforica, ribelle, serena), tutte accomunate da un profondo rispetto per sé stessa e da una vitalistica aspirazione al coinvolgimento, allo stare al gioco, a essere protagonista della propria vita senza compromessi. La donna, araba e musulmana in un periodo storico in cui la libertà di pensiero non era così scontata, ha lottato con determinazione nell’anonimato per difendere la libertà di scegliere il proprio futuro e di prendere in autonomia le proprie decisioni. La sua esperienza ha lasciato in eredità all’artista l’ottimismo, l’energia e l’entusiasmo di cercare e trasmettere bellezza per reagire agli squilibri del mondo e di guardare al futuro con fiducia. (In riferimento alla lotta per l’emancipazione femminile, in mostra a Cordova troviamo anche una video performance incentrata sulle donne arabe a Tangeri nel 1973).

Nell’era digitalizzata, in cui la componente umana appare sempre più impotente di fronte a un macrosistema estraneo e impersonale, Houda Bakkali utilizza le nuove tecniche artistiche come strumento di protesta pacifica, come mezzo per reinventare il mondo reclamando la centralità dell’essere umano. Nella serie Too many fishes, too few loaves ad esempio, vediamo la sagoma di un business man contemporaneo osservare con cupidigia una grande lisca di pesce che fluttua di fonte a lui, circondata da un pulviscolo di pois colorati. Quest’immagine apparentemente spensierata racconta con immediatezza la violenta competitività di un mondo sempre più depauperato delle sue risorse e la scandalosa sperequazione di una ricchezza appannaggio di pochi a discapito della maggioranza della collettività. Ma, allo stesso tempo, l’immagine sembra prefigurare l’imminente vittoria del colore, dirompente forza vitale che riuscirà a sovvertire lo status quo in una nuova armonia. Appare più che mai evidente qui il dono dell’artista di parlare dei problemi dei nostri tempi con profondità e leggerezza, proponendo modelli positivi di pensiero e comportamento senza ridurre la portata dirompente del suo messaggio. Il tempo della fantasia e dei sogni può essere qui e ora, se ci si impegna attivamente in un dialogo reciproco per raggiungere l’amore e la speranza: è questo il messaggio di Don Quixote Time (opera insignita del Graphis Honorable Mention a New York nel 2019 e del Poster Annual 2020) che rivisita il visionario personaggio di Miguel de Cervantes trasformandolo in una sorta di filosofo contemporaneo che, a differenza del suo predecessore seicentesco, con la riflessione e l’umorismo riuscirà a conquistare un lieto fine.

Info:

www.hbakkali.es

Antonio Lopez Archilla, director of Parador de Cordoba presents Houda Bakkali

Women and Digital Art. Breaking stereotypes, installation view at Parador de Cordoba

Jose Antonio Luque  (Canal Sur Radio) interviews Houda Bakkali during the radio program Cordoba Mediodia

Houda Bakkali in front of Beautiful African Woman

Houda Bakkali, Too many fishes, too few loaves, 2019


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