I pensieri di Antonio Serrapica

Antonio Serrapica è un vulcano in piena attività, e se nel descrivere il suo lavoro artistico volessimo usare una categoria storica diremmo che il suo corpo si porta dietro il peso di un’indole espressionista. Per questo autore la forma viene soffocata dal segno, l’istanza aggressiva della sua fantasia viene espressa prima dal colore e poi da una distribuzione equilibrata di pesi. Tale è il carico della sua fantasia che se lasciata a briglia sciolta questa non rispetta alcuna regola: “parla” di tutto e in qualsiasi modo, anche in maniera non conforme alle regole del bon ton. E oltre qualsiasi limite pretende di denunciare o di evidenziare pure problemi di natura sociale o di distruzione dell’ambiente che ci circonda, un ambiente “sgarrupato” (cioè cadente, in rovina, fatto a pezzi dalla sordida mano dell’uomo), come dicono dalle parti di Napoli. Il tutto con un sorriso sarcastico, da fustigatore illuminista.

Raccontaci qualcosa della tua gioventù, dei tuoi esordi, della tua formazione…
Dopo aver visto in un programma televisivo Giorgio de Chirico dipingere un quadro, comprai dei tubetti di colore ad olio, e nel 1977, dopo aver girato in moto alla ricerca di un po’ di vita, deluso, tornai a casa per dipingere la mia chitarra, trascorrendo, stranamente, una bella serata. A fine gennaio1979, a causa di un incidente stradale, male curato in ospedale, mi amputarono la gamba sinistra. Bloccato a casa per sei mesi di convalescenza, decisi di studiare storia dell’arte e ripresi a disegnare. Poi imparai a camminare, di nuovo, con una pesantissima protesi Rizzoli, sostituita in seguito da una più leggera fornitami dall’INAIL di Bologna, e a disegnare dal vero, usando come modelli i parenti, poi sostituiti da foto. Nel 1980, con il diploma di perito industriale meccanico, mi inscrissi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università Federico II di Napoli, che non frequentai perché presi la decisione di studiare arte, da autodidatta, usando i libri della biblioteca comunale di Castellammare di Stabia. Tra gli altri, rimasi affascinato dal lavoro di Gino De Dominicis che tentava di fare quadrati lanciando sassi in uno stagno. Nel 1981 andai a Firenze al museo degli Uffizi, mentre con la fidanzata, poi moglie e mamma dei miei figli Stefano e Adriano, a Ponte Vecchio, cercavo di ricavare qualche soldo vendendo manufatti artigianali autoprodotti: orecchini anelli collane e maschere, realizzati in ottone e e rame battuto, successivamente esposti alla Fortezza Da Basso. Costruivo anche dei paraventi in vetro dipinto e legno, che esponevo in un negozio di arredamento a Castellammare di Stabia, La Floridiana di Dino Scote, dove potevo leggere le pagine d’arte di “Domus”, che non sapevo fossero curate da Lisa Ponti e Franco Toselli. Nel 1984 conobbi Gianfranco Neri della galleria Centro Zero di Pompei, dove realizzai la mia prima personale intitolata “Giornata contadina”. Lo stesso anno mi inscrissi all’Istituto per l’arte e il restauro di Firenze, dove abitai due anni, diplomandomi in pittura e disegno. Nel 1986 conobbi Raffaele Formisano, violoncellista del teatro San Carlo a Napoli, che aveva la galleria d’arte San Carlo in via Chiatamone, e così esposi per la prima volta i miei lavori a Napoli.

Quando hai conosciuto Franco Toselli e come è iniziato il tuo rapporto di lavoro con questa galleria?
Nel 1989 esponevo con la galleria Studio Oggetto di Caserta all’Expo Arte di Bari: lì conobbi Franco Toselli, a cui mostrai le foto di tanti miei lavori, che guardò senza dire niente.  Poi lessi su “Segno”, un’intervista di Francesca Alfano Miglietti al gallerista Lucio Amelio a cui chiedeva, nel caso di un viaggio nello spazio, quale altro gallerista avrebbe portato con lui, e rispose in modo conciso: “Toselli”. Nel 1991, a Milano, in un tardo pomeriggio arrivai in via del Carmine, c’era già la serranda abbassata, ma all’interno si vedevano i quadri di Augusto Brunetti. Entrai e andai verso l’ufficio, dove c’era Toselli che telefonava: guardò i lavori che avevo portato; comprò un lavoro e ci salutammo.

Cos’è per te “Portofranco” e come lo definiresti?
Un porto mentale e poetico, dove poter essere sé stessi.

Quali artisti di “Portofranco” senti più vicini?
Tutti.

E di artisti che appartengono ormai alla storia ce n’è qualcuno da cui hai trovato spunti di riflessione o ispirazione?
Policleto, Fidia, Mirone, Giotto, Beato Angelico, Masaccio, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Donatello, Botticelli, Turner, Monet, Manet, Van Gogh, Picasso, Matisse, Duchamp, De Chirico, Carrà, Modigliani, De Pisis, Guttuso, Dalì, Ernst,  Pollock, Mondrian, Schifano, Festa, Angeli, Warhol, Fontana, Manzoni, Agnetti, Merz, Beuys, Basquiat, Haring, Lisa Ponti, Paolo Truffa, Gabriele Turola.

Riesci a descrivere in poche parole il tuo mondo artistico?
Infinito fame sete sesso sonno incanto meraviglia curiosità curiosità curiosità curiosità curiosità curiosità curiosità curiosità gioco mistero poesia alberi fiumi mare cozze lupini ossigeno terra acqua aria e fuoco.

Ho saputo che hai avuto dei problemi con la tua pagina Facebook… ti è parsa una faccenda di ordinaria follia? 
I censori di Facebook mi hanno bloccato un mese per aver pubblicato il video di una ragazza che poeticamente, camminava nuda per strada.  Penso che siano sciocchi, ignoranti, ricchissimi, pessimi, indifferenti, conformisti, alienati, disincantati, incapaci di poesia, come i capi politici italiani, comandanti assassini avvelenatori e inquinatori impuniti, visto che in ogni parte del pianeta Terra,  mangiamo, beviamo e respiriamo plastica 24 ore al giorno, prima di andare all’aldilà.

Progetti artistici in corso?
Fino al 27 giugno 2020 è in corso a Potenza, alla Galleria Memoli, la mia personale dal titolo “Tra colori e cose”.

Antonio Serrapica, Studenti a Scafati con passaggio a livello, 2019, acrilico su tela, 50 x 70 cm, courtesy Galleria Memoli, PotenzaAntonio Serrapica, Studenti a Scafati con passaggio a livello, 2019, acrilico su tela, 50 x 70 cm, courtesy Galleria Memoli, Potenza

Antonio Serrapica, Miniera, 2004, acrilico su tela, 80 x 100 cm, courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli

Antonio Serrapica, Napoli Barriera Corallina, 2015, acrilico e pigmento argento su tela, courtesy Galleria Vavassori, Milano

Antonio Serrapica, Buongiorno è un ponte, 2020, acrilico su foto, 20 x 30 cm, courtesy Galleria Memoli, Potenza


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