Igor Antić ad ArteGenova 2025

La rivista Juliet partecipa ad ArteGenova 2025 – 19° Mostra Mercato d’Arte Moderna e Contemporanea che si svolge dal 14 al 16 febbraio, nel Padiglione Blu della Fiera, con ingresso dal n. 1 di piazzale John Fitzgerald Kennedy. La mostra che Juliet propone nel suo stand è un confronto tra le opere di due autori: Igor Antić ed Elisabetta Bacci. A una attenta lettura, nel loro lavoro è possibile riscontrare un piano dialogico comune, basato su istanze emotive legate alla dinamica di un canto cromatico molto articolato e vivace. Pur in presenza di un forte impianto teorico e speculativo, per questi due autori l’identità linguistica si manifesta anche in un ben preciso equilibrio formale. Per parlare del suo lavoro abbiamo incontrato Igor Antić.

Igor Antić, “Produits dérivés”, 600 custodie di cartone. “Creation of a Powdered Champagne”, in: “Expèrience Pommery 4”, Domaine Pommery, Reims, 2007. Ph courtesy the Artist

Igor Antić, “Produits dérivés”, 600 custodie di cartone. “Creation of a Powdered Champagne”, in: “Expèrience Pommery 4”, Domaine Pommery, Reims, 2007. Ph courtesy the Artist

Roberto Vidali: Qual è stata la tua formazione artistica?
Igor Antić: Ho iniziato ad avvicinarmi all’arte in modo spontaneo, attraverso l’illustrazione. In seguito mi sono laureato all’Accademia di Belle Arti di Novi Sad, dove oggi insegno nei programmi di dottorato in veste di professore ospite.

Per quali ragioni hai deciso di vivere in Francia?
Nel 1985 sono partito per Parigi senza sapere nulla di questa città. Qualche anno dopo, mi sono iscritto all’École des Beaux-Arts nello studio di Vladimir Veličković e ben presto ho iniziato a ricevere premi, uno dopo l’altro. Poi, sono stato selezionato per partecipare all’Institut des Hautes Études en Arts Plastiques (IHEAP) di Pontus Hultén, il direttore del Centro Pompidou, un luogo unico al mondo. Accettavano solo venti giovani artisti da tutto il mondo per partecipare a tavole rotonde. Tra gli invitati c’erano Hans Haacke, Michael Asher, Ilya Kabakov, Benjamin Buchloh, Pierre Bourdieu e molti altri. È stato lì che mi sono definitivamente formato come artista. Ho partecipato anche alla prima Biennale inaugurale di Cetinje con Julije Knifer, Sarkis, il gruppo IRWIN e altri, anche se ero ancora solo un ragazzo. Poi è accaduta la cosa più terribile per noi: è scoppiata la guerra nell’ex Jugoslavia e tutto è stato sconvolto dalle fondamenta. Così sono stato costretto a rimanere in Francia, cosa che ha segnato il corso della mia vita.

Igor Antić, “Intermission #3”, action, in: “La Barre des Écrins” 2013. Ph courtesy the Artist

Igor Antić, “Intermission #3”, action, in: “La Barre des Écrins” 2013. Ph courtesy the Artist

Come ti trovi a vivere in Francia?
Vivo ancora a Parigi perché qui accadono tante cose interessanti. A volte scompari dalla scena, per poi riapparire dopo un certo periodo nel miglior modo possibile. Ed è proprio questo il fascino di questa città.

Igor Antić, “Unfinished Shape #22”, 2023, installazione site-specific per Bali Bey Mosque, Niš, Serbia. Ph courtesy the Artist

Igor Antić, “Unfinished Shape #22”, 2023, installazione site-specific per Bali Bey Mosque, Niš, Serbia. Ph courtesy the Artist

Puoi raccontarci qualcosa sul motivo e sul significato del tuo lavoro artistico?
Nel biennio 1990/91, mentre mi occupavo ancora di pittura, sono arrivato a un punto in cui mi è diventato chiaro che attraverso quel mezzo non potevo esprimere tutto ciò che mi interessava e a cui aspiravo come artista. In quel periodo lavoravo a una serie di circa cento dipinti astratti, attraverso i quali cercavo, in modo quasi fanatico, di risolvere i problemi della composizione, ossia di organizzare lo spazio bidimensionale della tela utilizzando colori, linee, forme, texture o pennellate di diversa qualità. Con questi elementi creavo una dinamica e un’impressione di movimento all’interno della tela. Passo dopo passo ho compreso che la risoluzione della composizione non si fermava a questi limiti, poiché il dipinto, come oggetto, è soggetto all’atmosfera e al carattere di un determinato ambiente, il che influenza sia il suo contenuto sia il significato dell’opera. Per questo motivo, mi sono orientato verso la tridimensionalità e ho iniziato a sostituire gli elementi pittorici con elementi architettonici o a includere la natura nelle mie opere. In quel momento ho conosciuto Daniel Buren, il pioniere della pratica in situ, cioè degli interventi realizzati direttamente sul posto. Le sue realizzazioni e i suoi testi hanno tracciato in via definitiva il percorso che seguo ancora oggi. Si potrebbe parlare a lungo delle somiglianze tra noi, ma ciò che ci distingue è soprattutto il contesto politico in cui ciascuno di noi si è evoluto. La guerra nell’ex Jugoslavia mi ha reso evidente il fatto che un’opera d’arte non può mantenere la sua autonomia rispetto alla società. Di conseguenza, accanto agli elementi già menzionati, politica, economia e tutto ciò che costituisce la dinamica sociale di un luogo, sia a livello locale sia su scala più ampia, sono diventati parte integrante del mio lavoro. Le mie opere diventano così una sorta di specchio degli spazi in cui sono esposte, ma anche qualcosa di più: esse sono situazioni in sé. In situ, nel mio caso, significa creare una nuova situazione e collocare il mio lavoro in un insieme adeguato di circostanze affinché possa funzionare. Di recente, sto sperimentando, con le tecniche pittoriche, sistemi di sequenze di elementi colorati: il loro linguaggio e la loro simbologia mi intrigano, perché nuove combinazioni tra di loro possono talvolta portare a sorprese inaspettate.

Igor Antić, “Sycophante Phase 1-7”, 2023. Ph courtesy the Artist

Igor Antić, “Sycophante Phase 1-7”, 2023. Ph courtesy the Artist

Quali opere intendi presentare ad ArteGenova 2025?
Per questa occasione propongo alcuni dipinti basati sul gioco di parole, lettere e numeri. È un modo per mettere in discussione la nostra comprensione del linguaggio e del significato, ma è anche un esercizio in cui i colori conferiscono un carattere dinamico e interattivo. L’obiettivo è sfumare i confini tra i diversi strati di significato, mentre allo stesso tempo ci si diverte. Le immagini che creiamo sono prive di vita fino a che la nostra immaginazione non le mette in movimento. L’arte accelera al meglio questo processo perché ci presenta situazioni che sono spesso sull’orlo dell’assurdità della nostra esistenza. Più estrema è l’arte, e più siamo determinati a confrontarci con le domande sul suo significato. Io pongo solo domande, non offro risposte. Le risposte sono individuali e valide solo per un breve periodo, in una data situazione. Dopo di che, si trasformano in nuove fonti di domande, perché l’uomo è fatto in modo da costruire e distruggere di continuo il suo equilibrio.

Info:

www.igorantic.com

www.artegenova.com


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