Un gruppo di donne viste di schiena (e per la maggior parte nude dal bacino in su) spinge una barca di ritorno da un’uscita in mare alla ricerca di perle. Hanno un foulard che copre i capelli e sanno di dover riaffrontare il mare l’indomani. Eppure hanno tanta speranza perché hanno fede e credono nella semplicità della vita. È la sintesi di un magnifico olio su tela (“Il rito delle pescatrici di perle”, 2019, unico trittico presente in mostra) del pittore cinese Cen Long, in mostra a Bologna, nelle sale settecentesche di Palazzo Cavazza Isolani, con la curatela di Metra Lin e Laura Villani e visitabile sino al prossimo 12 gennaio.
Nato nel 1957 a Guangzhou (metropoli che noi europei abbiamo chiamato per molto tempo Canton), Cen Long è figlio di due intellettuali perseguitati dal fanatismo della Rivoluzione Culturale e si è nutrito nel tempo di tantissima cultura occidentale che ha saputo personalizzare con i tratti distintivi di una identità credente nelle virtù fideistiche. Il suo progetto pittorico, dall’emblematico titolo “Seminare Speranza – Cen Long il Cantore della Luce” (“Sowing Hope – Cen Long The Follower of the Light”) è alla terza tappa italiana del 2024 dopo Firenze e Venezia (qui in coincidenza con la recente Biennale). La luce del titolo è trasmessa su tela (ne sono esposte una ventina circa, tutti oli di medie e grandi dimensioni) da una pittura impregnata di neri, bianchi, grigi e beige, attraverso una stratificazione su tela che procede dal colore più scuro a quello più chiaro per terminare quindi con le parti in bianco. Sebbene si tratti di colori freddi, l’effetto sull’osservatore è potente e caldo, collocando l’arte di Cen Long tra i canoni espressivi dei Macchiaioli e dell’Espressionismo, mentre il segno e la figurazione sono molto verghiani, rappresentando pescatori, pastorelli, sottoproletariato e natura legati ai ritmi del tempo, del cielo, dei mari, delle costellazioni e dei venti su superfici materiche e frutto di vigorosi colpi pittorici.
Ne è esempio un’altra tela significativa dal titolo “Alla ricerca della luce” (2021), in cui c’è un rimando alla scena frontale di “Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, con la peculiarità di mostrare una folla che marcia in cerca di una luce che sembra quella che ebbero Dante e Virgilio appena usciti dall’Inferno (“Seminare Speranza: il Purgatorio nei dipinti di Cen Long” è il titolo della tappa fiorentina). La costante presenza di animali (soprattutto ovini e bovini) è un’ulteriore cifra figurativa dell’artista cinese che spesso raffigura anche bambini e una natura che, nella linea dell’orizzonte, sfocia sempre in chiarori albeggianti che simboleggiano la fiducia degli individui in un futuro migliore.
“Le costellazioni”, opera del 2021 che mostra una pastorella nell’atto di condurre un gregge durante la notte, è il quadro cover della mostra e richiama alla mente il leopardiano “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, in cui la vita del pastore è fatta di un gesto semplice come quello di condurre “la greggia oltre pel campo”. La pastorella ha gli occhi ben delineati, elemento che non è così presente nelle opere di Cen Long che ha preferito ritrarre personaggi dallo sguardo indefinito, visti di schiena, affaticati dal lavoro, nell’atto di arare e spingere gli animali da lavoro, battaglieri contro venti e tempeste al fine di mantenere la rotta verso la speranza. Questa umanità – è un chiaro messaggio dell’artista – non ha bisogno di occhi per riconoscere la luce, come il saggio che può essere cieco perché capace di vedere meglio (“Il poeta cieco”, 2016).
Come già affermato, la natura ha un ruolo centrale nella poetica di Cen Long, seppur legata anch’essa all’armonia della mano creatrice. Ne è prova anche l’unico quadro privo di figurazione umana, “Vita” (2023), un albero di età molto avanzata che trascende il paesaggio e che trova la sua forza nell’intensissimo vissuto che ha attraversato la propria corteccia. L’arte di Cen Long si impone come un placido ruscello nel frastuono della contemporaneità impregnato di un apparente alone meditativo che in realtà è serbatoio di speranza e fede laica. Quella ritratta dall’artista è un’umanità che racchiude tutti i popoli, anche quelli scoperti dal padre, Cen Jia Wu, antropologo nello Yunnan, la provincia cinese più ricca di diversità etniche, elemento confermato secoli prima da Marco Polo che, tra i tanti popoli, qui incontrò pure dei cristiani nestoriani (la croce è un elemento anch’esso ricorrente nelle tele di Cen Long).
Parallelamente alla mostra, è visibile anche una selezione del Premio “Seminare speranza”, con le opere finaliste frutto della creatività di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Completa l’antologica un video che alterna impressioni di addetti ai lavori in visita alle due tappe antecedenti a un delicato ritratto intervista dell’artista, realizzato tra le sue mura domestiche, circondato dalla propria vasta biblioteca e dalla imponente discoteca sinfonica, lirica e popolare (oltre che impreziosita dalla presenza di un gatto bianco-arancio che, ça va sans dire, è un altro elemento caratterizzante la tradizione cinese…).
Info:
“Seminare Speranza – Cen Long il Cantore della Luce”
15/12/2024 – 12/01/2025
Palazzo Cavazza Isolani
Piazza Santo Stefano, 16 – Bologna
www.cenlong.cc
Sono Giovanni Crotti e sono nato nel giugno 1968 a Reggio Calabria per rinascere nel giugno 2014 a Piacenza, città dove vivo. Il mio reddito è garantito dalle consulenze digitali, per poi spenderlo in gran parte nell’arte e nelle lettere: sono stato e sono curatore di contenuti e organizzatore di eventi culturali per artisti, gallerie e spazi istituzionali, oltre che scrittore di recensioni di mostre, creativi di ogni epoca e libri.
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