Il Paradigma di Sandro Mele

Inaugura oggi negli spazi di AlbumArte Paradigma, la personale di Sandro Mele a cura di Raffaele Gavarro, visitabile sino al 31 ottobre. L’artista – di origine pugliese e attivo a Roma – in parte per vicinanza alle sue vicende personali, in parte come reazione agli accadimenti del quotidiano, sente di dover portare avanti con il suo lavoro artistico quasi una forma di militanza contro alcune forme di ingiustizia. Ogni opera è per lui uno strumento al servizio del messaggio da comunicare, un messaggio politico e di denuncia. Mele cerca, studia e racconta storie sul filo dell’oblio e lo fa utilizzando diversi linguaggi espressivi che convivono tra loro.  È quello che accade in mostra con la presenza forte e – come ha sottolineato il curatore – volutamente incombente dei 75 ritratti su carta dei componenti della Commissione per la Costituzione Italiana.

Come spiega Gavarro «molte di quelle persone le abbiamo dimenticate e di molti di loro restano solo delle foto in formato tessera. Restituire loro un’immagine attraverso la pittura aspra, delimitata dall’essenzialità del nero, del grigio e del bianco, di Mele, ha innescato più che una semplice rimemorazione, li ha resi concretamente parte del presente». E di presente parlano anche le altre opere in mostra: l’installazione che riempie il pavimento dello spazio con caschi che diventano fioriere e che alludono alla dimensione della piazza; il video nella sala proiezioni dedicato alle iniziative del Comitato Certosa di Roma; il sottofondo sonoro con il discorso di Piero Calamandrei agli studenti del 1955. «La concezione politica dei 75 che sovrintende alla stesura della Carta Costituzionale, presente anche nel discorso di Calamandrei – afferma il curatore – diviene pratica quotidiana delle comunità, si rinnova con loro».

I temi – attuali e urgenti – sono affrontati dall’artista con sensibilità e originalità e si legano al Paradigma cui fa riferimento il titolo della mostra. Quest’ultimo – afferma Gavarro – «diviene qualcosa di più di una suggestione, volendo indicare nel modello fondativo come in quello praticato silenziosamente e ostinatamente dalle persone e dalle comunità, la possibilità di avere un riferimento, un’ispirazione, una leva concreta per ri-costruire qualcosa che cancelli gli errori del passato, evitando così di tornare a quella che incautamente alcuni indicano come la normalità».

Abbiamo posto direttamente all’artista alcune domande sulle opere protagoniste della mostra.

Ornella D’Agnano: Non è la prima volta che con i tuoi lavori affronti tematiche politico-sociali, anzi spesso la tua arte è in stretto dialogo con la politica. In questa mostra ti focalizzi soprattutto sulla Costituzione Italiana. Sono esposti i 75 ritratti dei membri della Commissione per la Costituzione e risuonano nello spazio espositivo le parole di Piero Calamandrei agli studenti dell’università di Milano (25 gennaio 1955). Cosa ti ha spinto ad avvicinarti e approfondire questo tema? Cosa significano per te i 75 volti cui hai deciso di celare lo sguardo con una fascia bianca?
Sandro Mele: Nella storia della nostra Costituzione ci sono stati numerosi tentativi di modificarla, basti ricordare quello di Berlusconi nel 2006 e quello di Renzi nel 2016. Tuttavia non ci sono ancora riusciti, grazie a una grande risposta democratica da parte del popolo italiano. Sinceramente spero che con il Referendum del 21 settembre 2020 si verifichi un altro “buco nell’acqua” e che tutti i cittadini manifestino la volontà di conservare la Costituzione votando NO. Sono fermamente convinto che non sia necessario modificare gli articoli 56, 57 e 59, questo implicherebbe una netta diminuzione dei rappresentanti, ma per risparmiare è necessario ridurre gli stipendi ai parlamentari. Questo sarebbe un atto di responsabilità e di reale vicinanza al popolo italiano, soprattutto in questo momento così difficile. La nostra Costituzione è una delle meno attaccabili, oltre a essere una delle più belle del mondo; l’assemblea costituente ha fatto un lavoro eccezionale, per questo motivo la Costituzione non va assolutamente modificata. Bisogna batterci per farla conoscere e soprattutto i nostri politici dovrebbero impegnarsi a farla attuare. Questa riflessione è fondamentale nel mio lavoro, difatti la fascia bianca che ho posizionato sugli occhi dei ritratti rimanda a un sentimento di vergogna: credo che se fossero ancora vivi i padri e le madri della nostra Costituzione si vergognerebbero di come oggi questa non venga osservata.

O.D.: Calamandrei, 65 anni fa, parlava di dare spirito e vita alla Costituzione, ma anche di indifferentismo politico che definiva come un’offesa alla Costituzione, una “malattia dei giovani”. Possiamo considerare il tuo lavoro come il tuo personale modo di combattere questo indifferentismo, come reazione alle vicende del contemporaneo?
S.M.: L’audio di Calamandrei è di grande attualità e lo ascolto sempre con grande commozione. Appena l’ho ascoltato me ne sono innamorato e successivamente ho pensato di utilizzarlo nel mio lavoro. L’indifferenza è una grossa piaga civile, Calamandrei lo dice chiaramente: siamo noi a far funzionare la nostra Costituzione. Sono felice che sia stata ripristinata l’educazione civica nei programmi didattici, negli anni passati se n’era persa traccia, ma dal prossimo anno scolastico ritornerà ad avere quel ruolo fondamentale per la trasmissione dei valori civici alle nuove generazioni. Nel mio lavoro ho sempre cercato di combattere l’indifferenza facendo informazione mediante la voce del popolo, quella degli oppressi, i veri protagonisti di una vicenda: in questo progetto la voce passa ai padri costituenti che, anche attraverso le arti figurative, ricordano di averci messo la faccia e il cuore per donare una straordinaria carta costituzionale.

O.D.: Il pavimento dello spazio espositivo ospita diversi caschi da motociclista che diventano contenitori di terra, piante e fiori. Nel 2013 hai realizzato Primo maggio, un casco che conteneva un cactus; nel 2017 i caschi sono diventati molti di più e ospitavano fiori rossi nell’installazione Piazza. Hai scelto di ripresentare l’installazione. Cosa rappresenta per te? Perché i caschi diventano simbolo della piazza?
S.M.: Dopo il G8 ho notato che i caschi erano sempre più presenti nelle piazze, usati come protezione non solo delle forze dell’ordine, ma anche di giornalisti, fotografi e delle persone comuni che partecipano alle manifestazioni: un simbolo forte della nuova lotta delle piazze. I caschi. La mia riflessone parte da lì e poi si trasforma. Ho realizzato in diverse occasioni opere con i caschi: il primo maggio del 2013 ho piantato all’interno di un casco bianco un cactus e l’ho dedicato alla lotta operaia; in un’esposizione a Lerici ho utilizzato altri caschi per un’installazione riguardante il G8 e infine ho adoperato un casco nero con un bonsai di ulivo, Art. 21 (2018), come immagine di copertina per il mio ultimo progetto editoriale intitolato Gasnero. Gradualmente ho iniziato a utilizzare caschi di diverso colore, fino a raggiungere il rosso che è uno dei colori che più mi appartiene ideologicamente. La scelta del casco come oggetto simbolo di lotta si combina con la pianta, un elemento che inneggia alla vita.

O.D.: Spesso le tue opere sono anche strumenti con i quali scegli di raccontare storie. Narri le vicende di persone la cui voce spesso non viene ascoltata o ridai identità e dignità di essere umano a chi è stato dimenticato. Penso, ad esempio, a Raccontami di Cerano (2010), opera video in cui gli agricoltori della zona – senza più una terra da lavorare a causa dei danni provocati dalla centrale a carbone – raccontano la loro condizione; oppure a Per Hyso Telhara (2017) dedicata al giovane bracciante albanese ucciso dai caporali in Puglia nel 1999. In questa occasione scegli di raccontare, con un video, del Comitato del quartiere Certosa di Roma, legato alla memoria di Ciro Principessa. Cosa ti ha fatto avvicinare alla gente del quartiere? Qual è la loro storia?
S.M.: Inizialmente volevo affrontare il tema dei comitati di quartiere coinvolgendo più realtà e introducendo anche la loro, ma era un’idea embrionale. Studiando ho capito che dovevo affrontarne una sola, quella del Comitato Certosa. Il mio studio è nel quartiere della Certosa a Torpignattara. Ho visto crescere il comitato Certosa anno per anno, lotta dopo lotta. Provo una grande stima per loro, sia come persone sia come comitato di quartiere. Li ho sempre seguiti con grande interesse politico e ho partecipato anno dopo anno alla loro festa dedicata a Ciro Principessa, un giovane ragazzo ucciso da una pugnalata al petto da un fascista del MSI nel 1979, nella sede del Partito Comunista a Torpignattara. Il video spiega come avviene la sostituzione del comitato di quartiere alle istituzioni. Questo fenomeno è sempre più frequente a Roma, con sempre una maggiore assenza dello Stato a scapito del cittadino.

Ornella D’Agnano

Info:

Paradigma
23.09.20 – 31.10.20
AlbumArte
via Flaminia 122, Roma

Ritratto di Sandro Mele

Sandro Mele, Paradigma, 2020, Piero Calamandrei, pittura, carbone, gesso e cartoncino su carta, installazione composta da 75 ritratti cad. cm. 70 x 100

Sandro Mele, Certosa, 2020. Still - durata video 15'Sandro Mele, Certosa, 2020. Still – durata video 15′

Sandro Mele, Lucha, 2010. Bottega Immagine – Centro Fotografia Milan, 5 pezzi cm. 200×100 cad. (cm 200×500), piastrelle, legno, colla per piastrelle con struttura in legno

Sandro Mele, Primo Maggio, 2013, casco, terra, cactus, cm 30 x 22 x 23

Sandro Mele, Per Hyso Telhara,2017, cm 150 x 150, foto su tela, pittura, carbone


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