Sotto il titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective. la Biennale di Architettura affronta una quantità di temi scottanti che ci vengono presentati sì in maniera brutale ma che ci offrono anche delle speranze. Questo almeno sembra dirci il Padiglione della Germania che, dopo averci inondato, nel salone centrale, di immagini video della catastrofica situazione derivante dal riscaldamento climatico, ci conduce attraverso la sala successiva in un ambiente con tre alberi verdeggianti e successivamente, nell’ultimo spazio, in cui domina la scritta che invita al rispetto della natura. Meno ottimista la visione proposta dal Padiglione Italia, alle Tese delle Vergini, intitolato Terrae Aquae. L’Italia e l’intelligenza del Mare, curato da Guendalina Salimei. Il rapporto dell’Italia con i suoi mari è drammatico e questo è un dato di fatto. Per quanto riguarda l’allestimento, in maniera molto ironica, Pierluigi Panza sul Corriere della Sera sottolinea: «Non possono mancare, in alcun padiglione Italia che si rispetti, una bella sfilata di tubi innocenti che innocenti non sono» e ancora: «Su grandi touch screen si illustrano le ricerche di gruppi universitari e di ricerca inclusivi e global con video sviluppati dall’intelligenza artificiale tanto affascinanti quanto semplificati. Questa modalità espressiva è diventata il mantra della contemporaneità ed è presente in Biennale ai massimi livelli».

Pavilion of BELGIUM ‘Building Biospheres’. Courtesy: La Biennale di Venezia
Ma torniamo a una visione più positiva, ottimista: entrare nel Padiglione del Belgio costituisce un immediato sollievo poiché ci troviamo a contatto con circa duecento piante originarie delle zone subtropicali. Le piante che non sono in grado di muoversi si limitano a influenzare il proprio habitat, trasformano l’ambiente che le circonda e noi lo percepiamo e respiriamo con loro. Nella mostra Building biospheres, Bad Smets, paesaggista, e Stefano Mancuso, neurobiologo, studiano il modo in cui sfruttare l’intelligenza naturale delle piante per produrre un microclima. Ma tante sono le proposte che generano speranza. Il Padiglione francese, che al momento è chiuso per ristrutturazione, ha in serbo il progetto di costruire una struttura temporanea che accolga le innumerevoli proposte provenienti da scuole di architettura e puntare su sei tematiche: Vivere con ciò che esiste / con la prossimità / con l’abisso / con le vulnerabilità / con la natura e il vivente / con le intelligenze unite. All’ingresso dell’Arsenale invece si è sopraffatti da istallazioni di grande impatto, proposte suggestive, ed effetti speciali. Un momento di quiete si ha con l’arrivo allo spazio dei robot: un’altra interessante proposta per l’edilizia, in un’epoca di tragedie umane sul lavoro. In alcuni casi si parla di realtà già esistenti e funzionanti, come nel caso dell’Uzbekistan che presenta: A Matter of Radiance. Il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan si concentra infatti sulla struttura scientifica modernista del Sun Institute of Material Science – originariamente chiamato Sun Heliocomplex – costruito nel 1987 vicino a Tashkent e che è ancora uno degli unici due grandi forni solari esistenti al mondo. Il padiglione esplora il suo potenziale, i significati del sito e la sua rilevanza per la scienza e la cultura, interrogandosi sulle urgenti domande odierne a cui questo strumento potrebbe dare risposta.

Pavilion of GREAT BRITAIN. “GBR: Geology of Britannic Repair”. Courtesy: La Biennale di Venezia
Nel Padiglione della Regno Unito invece, risulta molto interessante il dialogo intrapreso con il Kenya sui temi delle riparazioni coloniali e del rinnovamento. Il Padiglione rivela un’architettura definita dall’estrazione, che genera disuguaglianze e degrado ambientale. Il Padiglione, GBR – Geology of Britannic Repair, esamina come l’architettura risponda alle eredità coloniali dell’estrazione geologica, come nella Rift Valley, una vasta formazione geologica che si estende dalla Turchia al Mozambico. E all’interno di esso, molto belle le installazioni degli artisti internazionali, come la ricostruzione in bronzo in scala 1:100 di quello che viene chiamato Il parlamento dei babbuini. A 150 Km a ovest di Nairobi nelle caverne del monte Suswa c’è una camera il cui tetto è parzialmente crollato lasciando passare la luce che ha riportato la vita, qui i babbuini si riuniscono; perciò, la Giuria della Biennale ha rilevato in questo progetto il tentativo di immaginare una nuova relazione tra architettura e geologia e ha proposto una menzione speciale. Nel caso della Biennale di Architettura di quest’anno a vincere il Leone d’oro è il Bahrein col progetto Canicola curato dall’italiano Andrea Faraguna, che si occupa di come affrontare l’aumento delle temperature. E sempre parlando dell’aumento di importanza e visibilità dei paesi arabi nel campo dell’Arte e dell’Architettura, l’altro evento è stato la costruzione del Padiglione del Qatar, una casa di scambio, di meraviglia, per il mondo, un luogo in cui impegnarsi in molteplici dialoghi che promuovano la pace. Sarà anche il luogo in cui mettere in mostra l’arte, l’architettura e la creatività del Qatar e di tutta la regione, il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Asia meridionale.

Pavilion of CANADA “Picoplanktonics”. Courtesy: La Biennale di Venezia
Il Padiglione canadese ospita un’innovativa mostra vivente intitolata Picoplanktonics. Nel contesto dell’attuale crisi climatica globale, il collettivo Living Room Collective ha sviluppato una mostra che ci racconta il potenziale di collaborazione tra esseri umani e natura. Composta da strutture stampate in 3D, originariamente realizzate in un laboratorio del Politecnico Federale di Zurigo, e contenenti cianobatteri vivi, in grado di sequestrare il carbonio. Picoplanktonics esplora il nostro potenziale di cooperare con i sistemi viventi attraverso la co-costruzione di spazi che riqualificano il Pianeta anziché sfruttarlo. La mostra del Living Room Collective è il culmine di quattro anni di ricerca di Andrea Shin Ling e di vari collaboratori interdisciplinari: si tratta delle più grandi strutture viventi realizzate utilizzando una piattaforma di biofabbricazione unica nel suo genere, in grado di stampare strutture viventi su scala architettonica. Il Padiglione Canada è quindi stato adattato per fornire luce, umidità e calore sufficienti a consentire ai cianobatteri viventi al suo interno di crescere, prosperare e trasformarsi. Nel caso del Padiglione del Perù poi, Living Scaffolding – con una struttura in legno che evoca le imbarcazioni degli Aimara e le palafitte veneziane – ci propone un viaggio sensoriale nella ricreazione dell’essenza delle isole galleggianti degli Uros, nel cuore del Lago Titicaca, celebrando l’ingegno millenario delle comunità locali e il loro sapere ancestrale. L’utilizzo della totora, pianta endemica con cui le isole degli Uros sono costruite e continuamente rigenerate, si fa portavoce di una visione dell’abitare collettivo, effimero e sostenibile. Un dialogo tra tradizione e sostenibilità: un’architettura che non solo costruisce spazi, ma connessioni profonde.

Pavilion of PERU. “Living Scaffolding” Courtesy: La Biennale di Venezia
Si potrebbe continuare all’infinito perché le proposte sono sterminate ma ci fermiamo qui riflettendo e chiedendoci se a volte la Biennale di Architettura non sia più nutriente e futuristica di quella che viene dedicata alle arti visive.
Info:
Intelligens. Natural. Artificial. Collective
La 19. Mostra Internazionale di Architettura
Dal 10/05 al 23/11/2025 (lunedì chiuso)
Si svolge ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, Venezia
labiennale.org/it

Emanuele Magri insegna Storia dell’Arte a Milano. Dal 2007 scrive dall’estero per Juliet art Magazine. Dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido.
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