In bilico tra rigore concettuale e leggerezza sovversiva, la mostra Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo si propone come celebrazione del cinquantesimo anniversario della Galleria d’Arte Moderna di Bologna usando l’ironia come strumento interpretativo per esplorare e comprendere settant’anni di arte italiana. L’esposizione, curata da Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, occupa gli spazi della Sala delle Ciminiere del MAMbo progettata da Aldo Rossi, la cui struttura appare trasformata da un allestimento scenografico in un articolato palinsesto semantico. Il titolo della mostra, nella sua paradossale formulazione, allude alla premessa teorica che ne costituisce il fondamento: l’ironia non è mai davvero “facile” e può diventare un sofisticato dispositivo linguistico che per funzionare richiede la partecipazione attiva dell’interlocutore. Allo stesso modo, l’arte ironica ha una natura di per sé partecipativa, che esige dallo spettatore non la semplice contemplazione, ma un coinvolgimento capace di mettere in relazione il proprio vissuto con l’opera per farne scaturire appieno il significato.

AA.VV., “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”, installation view, ph. Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna © Marisa Merz, by Siae 2025; © Archivio Gino De Dominicis, Foligno, by Siae 2025
La struttura espositiva si articola in sezioni tematiche che, rispetto alla scansione cronologica, privilegiano un approccio trasversale in grado di evidenziare le diverse declinazioni dell’ironia come strategia estetica e politica. Il paradosso è protagonista nella prima tappa del percorso, con la celebre Mozzarella in carrozza (1968-1970) di Gino De Dominicis, opera in cui la materializzazione letterale del nome di una pietanza tradizionale genera un cortocircuito semantico che diventa punto di partenza per una riflessione sulle ambiguità del linguaggio e della rappresentazione. A questo primo nucleo fa seguito una sezione dedicata al gioco come strumento di destrutturazione delle convenzioni sociali e artistiche. In questo ambito si colloca la ricerca di Bruno Munari, che con le “sculture da viaggio” e le “macchine inutili” (realizzate tra gli anni ʽ30 e ʽ90) opera una decostruzione delle aspettative funzionali del design attraverso la proposizione di manufatti che, nel loro carattere ludico, sollecitano una riconfigurazione del rapporto tra uomo e oggetto. Sulla stessa linea si pone il monumentale Grande rettile (1966) di Pino Pascali, che sovverte i codici della scultura tradizionale mediante l’adozione di una formalizzazione volutamente leggera e anti-retorica. Segue la sezione che esplora l’ironia come arma femminista di critica alla società patriarcale attraverso le voci di artiste che dagli anni Sessanta a oggi hanno utilizzato strategie ironiche per decostruire stereotipi e gerarchie di genere. Il riallestimento di Carta da parato (1976), storica installazione site-specific di Tomaso Binga presentata proprio alla GAM di Bologna nel 1978 in occasione della mostra Metafisica del quotidiano, si pone come testimonianza emblematica di questa genealogia femminista, che prosegue attraverso le immagini pseudo-pubblicitarie di Ketty La Rocca, i collage linguistici di Mirella Bentivoglio, fino alle più recenti ricerche di Monica Bonvicini e Chiara Fumai.

AA.VV., “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”, installation view, ph. Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
La dimensione politica dell’ironia trova ulteriore espressione nella sezione dedicata alla sua funzione di strumento di mobilitazione collettiva, con particolare attenzione al contesto bolognese che vide emergere fenomeni come gli Indiani Metropolitani, documentati dai lavori di Pablo Echaurren, e le pratiche di détournement mediatico attuate da Radio Alice. In questo contesto si inserisce anche l’installazione in gomma piuma (Animazione «Renzi che salta», 2015) utilizzata da Piero Gilardi durante il corteo del primo maggio 2015, testimonianza di una ricerca artistica che mantiene inalterata la propria carica eversiva attraverso i decenni. Non meno significativa è la sezione che analizza l’ironia come dispositivo critico nei confronti del sistema dell’arte, con le dichiarazioni lapidarie di Giuseppe Chiari, le azioni decostruttive di Emilio Prini e Salvo, fino alle più recenti riflessioni di Italo Zuffi e Piero Golia sulle dinamiche di potere che regolano il funzionamento delle istituzioni artistiche. In tale prospettiva si colloca anche la ricerca di Eva & Franco Mattes, che attraverso l’appropriazione di contenuti virali interrogano ironicamente il concetto di originalità nell’era della riproducibilità digitale. La mostra si chiude su un territorio liminale in cui la parola diventa materia sonora, con un focus sull’ironia come nonsense e sul collasso del significato linguistico. All’interno di una struttura abitabile a torre e in altri punti dislocati per la sala trovano spazio le sperimentazioni fonetiche di figure come Arrigo Lora Totino, Giulia Niccolai, Adriano Spatola e Patrizia Vicinelli, quest’ultima presente con il lavoro Seven Poems (1993) esposto per la prima volta fuori dal contesto del Museion di Bolzano. Permea l’intera esposizione quella dimensione di dark humor che rappresenta il rovescio inquietante dell’ironia, una forza che, pur non generando ilarità immediata, induce a confrontarsi con questioni esistenziali profonde. Esemplare in tal senso appare il video di Diego Perrone (Totò nudo, 2004) in cui il “principe della risata” viene filmato con tecniche di animazione all’interno di una “selva oscura” dantesca, dove si spoglia rivelando la fragilità umana celata dietro la maschera del comico, in una rielaborazione contemporanea della figura archetipica del “clown triste”.

AA.VV., “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”, installation view, ph. Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
L’allestimento, affidato a Filippo Bisagni, costituisce una componente tutt’altro che accessoria del progetto espositivo, configurandosi come interpretazione visiva dell’approccio curatoriale attraverso un dialogo serrato con l’architettura di Aldo Rossi. Bisagni ha operato su quello che lui stesso definisce uno “stato interstiziale”, evocando un elemento progettuale rimosso dalla storia dell’edificio: una scala che avrebbe dovuto collegare direttamente la Sala delle Ciminiere con il secondo piano, mai realizzata a causa della morte dell’architetto milanese. Quest’assenza è diventata pretesto per una radicale trasformazione dello spazio espositivo mediante l’inserimento di una rampa che divide l’ambiente in due livelli, creando un percorso ascensionale scandito da “cappelle” espositive. La bicromia rossa e gialla che caratterizza gli ambienti richiama la “macchina modenese” (1931-1997) di Rossi, imponente struttura alta sette metri in legname da cantiere dipinto, da lui costruita nel 1983 all’interno della cupola seicentesca della Palazzina dei Giardini di Modena in occasione di una sua mostra personale, con l’intento di restituire il significato di quella architettura. Seguendo un ragionamento analogo, nel display progettato da Bisagni una serie di elementi architettonici citazionisti ridisegnano il profilo stilizzato della città di Bologna, in un gioco di ribaltamento tra interno ed esterno che estende il percorso espositivo oltre i confini fisici della sala, coinvolgendo gli spazi di accesso al museo e riattivando il portico come elemento distintivo dell’identità urbana bolognese. Incluse nel percorso della mostra e nel catalogo, troviamo inoltre due opere già da qualche tempo inscritte in modo permanente negli spazi funzionali del museo: Orlando’s Library (2023) di Daniela Comani, opportunamente collocata nel bookshop, e le due “uscite” (Safe Exit e Dangerous Exit) disegnate su una parete dell’atrio da Aldo Giannotti nel 2021.

AA.VV., “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”, installation view, ph. Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna © Francesco Vezzoli, by Siae 2025; © Antonio Don-ghi, by Siae 2025; © Giorgio De Chirico, by Siae 2025, © Antonio Donghi, by Siae 2025
La mostra, che presenta oltre 100 opere e documenti d’archivio di più di 70 artisti italiani, si pone come sintesi di quella che il direttore Lorenzo Balbi definisce la cifra distintiva del MAMbo: un’attenzione privilegiata all’arte italiana, sia storica sia quella prodotta delle nuove generazioni. L’approccio curatoriale ha cercato di bilanciare la presenza di capolavori riconosciuti con opere meno note ma non per questo meno significative nell’economia tematica dell’esposizione, senza trascurare figure rimaste ai margini della narrazione canonica. In quest’ottica si inserisce anche la scelta di includere una percentuale consistente di artiste donne (circa 39, più della metà del totale) e di commissionare nuove produzioni ad artisti emergenti in dialogo con le opere storiche, nell’intento di infittire le maglie del tessuto di rimandi intergenerazionali su cui si fonda il progetto. Significativa in tal senso è anche la decisione di alcuni maestri affermati, come Roberto Cuoghi, di partecipare con opere inedite create appositamente per l’occasione. Il catalogo pubblicato da Società Editrice Allemandi raccoglie, oltre ai testi curatoriali, contributi di studiosi e critici chiamati ad approfondire le diverse sezioni della mostra, tra cui Lorenzo Balbi, Filippo Bisagni, Jacopo Galimberti, Allison Grimaldi Donahue, Caterina Molteni, Loredana Parmesani, Cesare Pietroiusti, Francesco Poli, Valentina Tanni, Elvira Vannini, componendo un apparato interpretativo che estende la riflessione sull’ironia oltre i confini dell’esposizione fisica.

AA.VV., “Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo”, installation view, ph. Carlo Favero, courtesy MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Facile ironia, nel suo complesso, si configura non solo come celebrazione di un anniversario istituzionale con una festosa grande mostra collettiva, ma come riaffermazione del ruolo del museo contemporaneo in quanto «centro di critica, di creazione di contenuti e di presidio di complessità», per riprendere le parole di Lorenzo Balbi nella presentazione della mostra inaugurata nell’ambito di Art City. L’esposizione, attraverso la lente dell’ironia come dispositivo di destabilizzazione delle certezze acquisite, propone quindi una rilettura della storia dell’arte italiana in chiave non canonica, evidenziando la persistenza di strategie estetiche e politiche che, dall’immediato dopoguerra a oggi, hanno utilizzato il gioco linguistico, il paradosso e l’umorismo come forme di resistenza contro le rigidità di una società coercitiva e di un sistema dell’arte spesso autoreferenziale.
Info:
Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo
A cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni
6/02/2025 – 7/09/2025
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Sala delle Ciminiere
Via Don Giovanni Minzoni 14, Bologna
www.museibologna.it/mambo
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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