Fotografare la condizione sociale degli individui nell’era dei social media, usando una tecnica con la quale nel Medioevo si ornavano i manoscritti, la miniatura. Un balzo tra due spazi temporali così lontani, accentuato dalla convivenza di elementi cronologicamente distanti, grazie al quale Jean Claracq delinea l’iconografia della melanconia contemporanea. Quasi trentenne, laureato all’École des Beaux Arts di Parigi e oramai corteggiato da istituzioni come la Fondazione Vuitton per l’arte contemporanea che gli ha dato carta bianca nel suo Open Space #7 dedicato agli artisti emergenti; questo artista singolare realizza dei capolavori su pochi centimetri di tela che, come afferma lui stesso, dopo qualche ora di lavoro “diventano immensi”.
Se il quadro A View from an Apartment ha la “ragionevole” dimensione di 120 x 90 cm, le misure delle creazioni dell’artista sono d’abitudine dell’ordine di 10 x 15 cm e addirittura 4 x 6 cm, cioè poco più grandi di un timbro. Malgrado la ristrettezza del formato, l’universo nel quale si evolvono le storie di Jean Claracq, è vasto ed estremamente articolato. Affacciandosi sui suoi quadri come ad una finestra, ci si accorge che essi si aprono verso altre finestre in una demoltiplicazione di immagini i cui dettagli sono talmente ricchi da distogliere per un momento l’attenzione dello spettatore dal soggetto principale. Si finisce tuttavia per tornare a quest’ultimo, un ragazzo sovente in mutande o in costume da bagno, come guidati da un impulso inspiegabile.
Divagando nei meandri delle vaste infrastrutture realizzate con minuzia matematica, quasi troppo realistiche da sembrare improbabili, ci si accorge della solitudine e dell’alienazione di quel ragazzo a metà strada tra l’adolescenza e l’età adulta. Seduto di fronte a una tazza di cornflakes nel sopracitato A View from an Apartment, il giovane uomo appare, forse per l’effetto dell’esperienza di quarantena che abbiamo vissuto, mesto e solo, come lo sono anche i suoi dirimpettai nell’edificio di fronte, ciascuno isolato. Così forse, la veduta di cui parla il titolo, non è quella che si può ammirare dalla finestra dell’appartamento del protagonista, ma quella del libro aperto o dello schermo del computer in cui si intravede un uomo rinchiuso su sé stesso.
Vicini ma ancora più lontani, a questo ha portato la tecnologia, sembrano voler dire i personaggi di Jean Claracq. In Landscape with the Temptation, uno di loro se ne sta seduto in costume da bagno sull’orlo di un precipizio ammirando in lontananza un edificio amministrativo che viene devastato dalle fiamme. Come interpretare il titolo questa volta? La tentazione è quella di gettarsi nel vuoto? Oppure si tratta del desiderio di dare fuoco a un immobile, evidentemente già soddisfatto? Il numero delle ipotesi sembra perdersi nel tunnel a cui conduce la lunga strada in contrabbasso.
La medesima sensazione si percepisce in Monument to the Vanquished, il cui titolo e la posizione del soggetto raffigurato, fanno chiaramente riferimento a un progetto di scultura immaginato dal pittore del Rinascimento nordico, Albrecht Dürer, in relazione alla Guerra dei Contadini del 1524. Tanto quanto quella del suo illustre predecessore, l’opera di Jean Claracq, è ricca di mistero e ben si presta a un’ambiguità nell’interpretazione. Il ragazzo in costume da bagno questa volta è appollaiato su una colonna, la testa appoggiata alla mano chiusa e la consuetudinaria aria melanconica. Sul suo torace, il pugnale che Dürer aveva conficcato nella schiena del contadino, si è trasformato in un tatuaggio. Ed ecco che germoglia l’idea che quel ragazzo sia il moderno paesano e che incarni, come quest’ultimo, il simbolo del malcontento sociale di cui sovente i giovani sono i portavoce.
Se questo è forse il messaggio di fondo, gli spunti che offrono i quadri di Jean Claracq sembrano essere infiniti, e ci vengono trasmessi dall’artista con tutti i mezzi possibili, dal Rinascimento fiammingo a Instagram, dalle opere medievali ai videogiochi. Ogni tassello di questo studiato puzzle incastra passato e presente per incitarci a riflettere sul futuro. Cosa accadrà di noi se continuiamo a evitare di guardarci intorno e rivolgiamo i nostri occhi solo a schermi più piccoli dei quadri di Jean Claracq? Certo, considerato il periodo che stiamo vivendo la tecnologia si rivela come un ponte virtuale che ci fa sentire più vicini. Tuttavia, se adottiamo il processo creativo di questo artista, che preferisce lavorare alla luce del giorno, e abbandoniamo anche noi per un istante la luce virtuale dei nostri schermi, ci accorgeremo che se curiamo e preserviamo ciò che ci circonda ci potremo realmente ritrovare e non saremo mai più soli.
Ilaria Greta De Santis
Info:
Jean Claracq, A view from an appartement, 120 x 90 cm, oil on wood, 2017. Courtesy Galerie Sultana
Jean Claracq, Monument to the Vanquished, 21×18 cm, oil on wood, 2019. Courtesy Galerie Sultana
Jean Claracq, Landscape with the temptation 25 cm, oil on wood, 2019.Courtesy Galerie Sultana
Parafrasando Fellini, vi dirò che sono un’ostrica e il mio percorso un granello di sabbia che sta trasformandosi in perla. Dalla laurea in legge a quella in storia dell’arte alla Sorbona di Parigi. Dalla capitale francese vi racconto di arte.
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