Judith Kakon a Basel

Il lavoro di Judith Kakon (Basel, 1988, vive a Basel) è particolare, nel senso che sembra giocare a nascondino: per trovarlo, bisogna cercarlo e una persona distratta, forse, non è sempre in grado di riconoscerlo, nel senso che un occhio profano non sempre è capace di attribuirgli (o riconoscergli) lo status artistico. Ma non si tratta di un lavoro legato alla sparizione, si tratta più semplicemente di un lavoro legato alla dislocazione, alla disseminazione, alla fuga e collocazione al di fuori del consueto “white cube”. Si tratta in definitiva di installazioni (o proiezioni filmiche o scultoree) sempre progettate, e concordate: qui non si sta a parlare di interventi abusivi o basati sulla sorpresa di un subitaneo atto poi destinato a sparire nel giro di pochi minuti. Qui non c’è lo spirito né del graffitista antagonista, né dello sbeffeggiante Cattelan, che a sorpresa compare (finge di comparire) da un pertugio aperto o con una presenza all’interno di Arte Fiera (una delle sue prime partecipazioni non accreditate) con il banchetto “Rauss” o con una lapide messa di soppiatto su di un muro pubblico. Kakon lavora invece sulla programmazione e collaborazione ben precisa della sua idea formale che deve trovare il luogo disposto ad accoglierla. In questo senso, un luogo sempre diverso e non sempre istituzionale fa la differenza e instrada sulla diversità del segno significante. Facciamo un piccolo (e ristretto) elenco di queste possibilità che l’autrice ha percorso in questi ultimi anni: Taylor Macklin artist-run space, Zurigo (2015); Studioli spazio d’arte, Roma (2016); Stiftung Alexander Bürkle, Freiburg (2017); Anorak at the project space of Akademie Schloss Solitude, Stuttgart (2018); Ventilator (uno spazio nomade fondato dall’artista Shapira Kalter), Tel Aviv (2019).

In questo modo il percorso di questa autrice si rende visibile pur affrancandosi dal dominio del mercato o di una galleria privata che supporta il lavoro e lo propone e lo commercializza.

Per esempio, nella sua installazione più recente,  ¤, situata sulla parete posteriore esterna della Kunsthalle Basel (e che viene ospitata fino al 15 agosto 2021) l’autrice ha scelto lo schermo digitale grigio come sfondo neutro di accoglimento delle singole “sculture”. Come titolo di questa installazione ha scelto un segno  codificato per la prima volta per i computer nel 1972. Sostituendo le informazioni assenti normalmente fornite da un simbolo di valuta specifico (come $, € o £), ¤ agisce tipicamente come un carattere tipografico segnaposto e quindi esprime uno o tutti i soldi possibili, una parte per il tutto o il grande per il piccolo.

La terminologia impiegata (“Trust Real”, “2020 Estate”, “Empire”) utilizzata da Kakon, e che sembra fluttuare come su uno schermo digitale gigante, deriva dal mondo globalizzato e dalla circolazione turbo capitalista di valuta che lo accompagna, eppure ciascuno dei caratteri che compongono le parole è scritto in un adattamento grafico di un carattere del XV secolo, reso in una sorta di ferro battuto che si potrebbe trovare su un cancello, una recinzione o sulla ringhiera di un balcone vecchio stile e quasi campagnolo. Quest’opera fa quindi collidere riferimenti al commercio digitale, valutario e finanziario con un carattere antico e l’evidente artigianato del metallo lavorato a mano.

In definitiva si tratta di un’installazione plastica che invita alla decrittazione. Mazzi di fiori appassiti avvolti in cellophane (e quindi già alla fine della loro vita) vengono infilati ogni settimana tra le scritte, come a piangere la perdita o commemorare i caduti senza che sia chiaro chi è morto o cosa esattamente viene commemorato. In qualche modo è un processo contrario di quello a cui spingeva l’insalata di Giovanni Anselmo: lì si trattava di accudire la scultura con un gesto quotidiano di attenzione e presa di coscienza, qui si tratta di una evidente sottolineatura di cerimonie e atti ufficiali che a parte l’aspetto formale, dimenticano inevitabilmente la motivazione quando il discorso di rito si conclude.

Questo gesto performativo, trasformando la parete di fondo della Kunsthalle Basel in una vanitas contemporanea, riveste il progetto di Kakon di una particolare intensità. Il punto di partenza per gran parte del lavoro dell’artista – e ¤ non fa eccezione – è un attento dialogo con  l’ambiente urbano che lo circonda e della politica implicita nelle forme e nei segni quotidiani che si trovano al suo interno. Non è quindi un caso che l’artista abbia concepito la sua opera come in una specie di crocevia del mercato: vale a dire nelle vicinanze di società di intermediazione immobiliare di fascia alta, di diverse sedi di private banking e di una strada pedonale dello shopping.

Info:

Judith Kakon
Progetto parete posteriore ¤
18 set 2020 – 15 ago 2021
Kunsthalle Basel
Steinenberg 7
info@kunsthallebasel.ch

Judith Kakon in una foto di Gina Folly, courtesy Kunsthalle Basel

Judith Kakon, Senza titolo, Disposition, 2019, film still, video HD, stero, 9’, Lucerna, ph courtesy the artist

Judith Kakon, Hidden Bar, 2018, Art Basel, Basel, ph courtesy the artist

Cover image: Judith Kakon, detail view, ¤, Kunsthalle Basel back wall, 2020. Photo Gina Folly, courtesy Kunsthalle Basel


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