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Juno Calypso. La perfezione dell’estetica contro l...

Juno Calypso. La perfezione dell’estetica contro l’estetica stessa

Lo Studio Giangaleazzo Visconti a Milano ospita per la prima volta in Italia, l’atmosfera e l’estetica Pop-Pink di Juno Calypso. Giovane artista londinese, lavora da sempre con l’autoritratto, ha esposto in tutto il mondo ed è conosciuta anche per aver vinto il Photography Awards 2016, uno dei premi più ambiti del fotogiornalismo indetto dal British Journal of Photography.

Entriamo in un clima accogliente e caramelloso ispirato agli anni ’60 e ’80, dove ironia e sarcasmo tentano di superare i pregiudizi e i cliché legati alla donna contemporanea, ambientazioni come motel americani e bunker a Las Vegas diventano i posti dove l’artista esplora i suoi nuovi personaggi.

Percorrendo le sale dello studio, ci ritroviamo di fronte ad una ampia scelta di fotografie, selezionate dalle 3 serie più identificative di Juno: Joyce, The Honeymoon e What to do with a Million Years.

Durante l’università Juno ha iniziato una serie di autoritratti travestendosi da un personaggio immaginario chiamato Joyce. Fotografandosi segretamente nella casa delle nonne o in camere da letto affittate dal web, Juno era abituata a ricostruire la vita privata di una donna consumata dal travaglio della femminilità e condotta fino “all’assurdità ritualizzata”. Joyce è una donna alla ricerca spasmodica della perfezione, che utilizza trattamenti e dispositivi per migliorare il suo corpo, donna che va alla ricerca costante della perfezione e che frustrata insegue costantemente se stessa attraverso il suo alter-ego.

L’artista pensa ogni minimo dettaglio del suo set, dalla luce artificiale all’abbigliamento, ogni singolo particolare è fondamentale per la riuscita finale della sua scena onirica.

The Honeymoon è una serie del 2015 dove la protagonista si presenta come sempre solitaria e mai malinconica; Juno ha passato una settimana da sola in un resort per coppie, il Penn Hills Resort in Pennsylvania e con una valigia piena di parrucche e lingerie inizia a giocare con i suoi personaggi, dove le camere diventano palcoscenico, un luogo dove esibirsi, dove poter compiere atti solitari di desiderio e delusione. In quei giorni Juno usciva solo per colazione e cena, il resto del tempo lo dedicava tutto ai suoi scatti. Nel 2016 tornò nello stesso hotel per continuare la serie, simulando stavolta una vera e propria luna di miele.

What to do with a Million Years è il suo nuovo progetto del 2018. Qui il set cambia, non più casa in affitto o motel, ma bensì una casa a due piani a Las Vegas, con sotto un’inquietante “Bunker”; quest’ultimo fu fatto costruire alla fine degli anni ’60 da un ricco imprenditore di cosmetici, Avon Gerry Henderson e da sua moglie, perché terrorizzati da una potenziale esplosione nucleare nell’avvento della guerra fredda.

Juno scoprì, solo dopo aver scattato, che attualmente la proprietà del bunker è di una società legata alla “crionica”, la scienza che iberna corpi in azoto liquido, tutto questo rende ancora più affascinante ed inquietante il progetto dell’artista.

Il bunker, nell’immaginario dell’artista, esiste per esser vissuto quotidianamente con tutti i suoi mille confort: idromassaggio, stanze per gli ospiti, piscina, sala da ballo e anche un giardino; è stato scelto proprio perché simbolo di un luogo che resiste a tutto, soprattutto alla morte.

Juno Calypso si nasconde nella tana, costruita con i miliardi dell’industria della bellezza per “salvare” le persone dalla morte (una delle paure più forti dell’ essere umano) e ci pone la domanda:

“E se potessimo vivere per sempre?”, questo interrogativo risuona ancora più potente per tutti gli umani che hanno sempre avuto l’ossessione per la morte e, ancora di più, per chi ha sempre creduto nell’immortalità. L’artista ci vuole far credere proprio questo, che ci siano altre vite oltre quella che attualmente viviamo, con mille personaggi e infinite personalità che si alternano; il suo è un invito alla vita eterna, dove tutto è più roseo e più sublime.

Guardando questi lavori ci si confonde tra uno stato di benessere visivo, grazie ai colori pastello, e la paura, perché in fondo il pensiero dell’immortalità non è sempre piacevole.

L’artista racconta durante la sua visita in questa casa:

“Si entra in casa scendendo da una vecchia scala mobile che si muove lentamente, e quando si entra si sente il gocciolio del filtro della piscina. L’aria è densa di odore di cloro, come un parco in un villaggio vacanze al coperto. Ci sono prese d’aria che fanno circolare costantemente aria dall’alto, ma a parte questo tutto è molto silenzioso. Ci sono quattro corsie di macchine sopra, ma non riesci a sentire niente. È un posto carico di tutta la quiete surreale di un set cinematografico.”

Ad ispirare l’artista in questo suo ultimo progetto, sono anche i saggi e gli opuscoli che ha trovato proprio all’interno di questa casa in un mobile di vetro.

In tutto questo percorso espositivo all’interno dello Studio Visconti, ci troviamo di fronte a diverse opere:

Erotic nightmares, 2018, dove una figura appare in controluce davanti ad una finestra, mentre attraverso le pieghe e la trasparenza della tenda, intravediamo il “giardino delle meraviglie”. Altre tende laterali incorniciano la scena, l’atmosfera blu richiama la notte e il mistero, mentre le forme del corpo femminile richiamano la sensualità.

Anche nelle opere Tuesday in Eternity e A Cure for death del 2018, finestre e tende sono presenze costanti;

nella prima è mancante la presenza umana e si evidenzia più che altro, l’equilibrio visivo dell’architettura, dell’arredamento, delle finestre e nello specifico delle tende; nella seconda la visione voyeuristica è più evidente, perché il binocolo è proprio puntato dall’esterno all’interno, dove dentro compare la figura di Juno, ma solo attraverso una traccia: le sue gambe.

Un’opera che esprime beatitudine, ma anche solitudine, è certo Milk del 2016, qui l’artista si immerge in una vasca da bagno a forma di cuore e piena di latte; sporge solo una parte del suo viso dove alle spalle c’è una specchiera che riflette la vasca o meglio “pezzi di cuore”.

Nell’opera The First Night del 2015, Juno racconta la sua “prima notte”, una luna di miele solitaria; con il velo e la parrucca, simula una sposa immersa in un’atmosfera notturna tutta in blu. Dove solitamente la luna di miele avviene in coppia, qui l’artista la espone in solitudine. Qui l’ironia è padrona.

Opere come Disenchanted Simulation, Routine Delusion e Reconstituted Meat Slices, del 2013, sono completamente avvolte dal colore rosa e qui, nei suoi self portraits, il volto viene coperto sempre da qualcosa, da un libro, da un cuscino o dai capelli: il suo alter-ego è mostrato e nascosto allo stesso tempo.

L’aria che si respira in galleria è mista ed eclettica, se da una parte ci ritroviamo la bellezza e il conforto di ambienti perfetti, dall’altra troviamo l’approccio inquietante della storia di quei luoghi e l’atmosfera silente che l’artista riesce a creare attraverso i suoi set.

Juno Calypso è desiderio, paura ed ironia. È perfezione dell’estetica contro l’estetica stessa.

Benedetta Spagnuolo

Info:

Juno Calypso
Studio Giangaleazzo Visconti
Corso Monforte 23 – Milano
24 Ottobre 2018 / 11 Gennaio 2019
info@studiovisconti.net
www.studiovisconti.net

Juno Calypso, Reconstituted Meat Slices, 2013

Juno Calypso, Milk, 2016

Juno Calypso, Routine Delusion, 2013, 76x51cm, Archival pigment print, ed 1di 51

Juno Calypso, Stretch, 2017

Juno Calypso, Disenchanted Simulation, 2013, Archival pigment print, Ed 4 di 5+2Ap1

Juno Calypso, Tuesday in Eternity, 2018, Archival pigment print ed 2 di 51

Juno Calypso, Erotic nightmares, 2018, Archival pigment print, ed 3 di 51

Juno Calypso, A Cure for death, 2018, From the series What To Do With A Million Years

For all the images ph Courtesy by Juno Calypso and Studio Giangaleazzo Visconti


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