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La percezione dei visitatori al centro della mostra di Marina Abramović a Oxford

Davanti alla caduta degli dei e alla perdita del sacro intervengono alcuni artisti capaci di ricreare il valore del rito e di riattivare quel che resta della dimensione spirituale attraverso opere che, per contrasto, ci invitano a prendere coscienza di come la nostra esistenza oggi tenda a definirsi come una frenetica sequenza di azioni secolari e spesso prive di significato.

Succede con l’artista Marina Abramović, quasi una sacerdotessa dell’arte contemporanea, con la sua capacità unica di evocare il sacro senza icone, senza il riferimento a qualche divinità in particolare. Nello specifico, da un suo recente progetto di residency, realizzato nell’estate del 2021 al Pitt River Museum – uno dei principali musei di etnografia, antropologia e archeologia al mondo – Abramović ha voluto focalizzarsi sul concetto di “passaggio”. Da qui nasce l’idea della mostra site specific recentemente inaugurata alla Modern Art di Oxford, Marina Abramović: Gates and Portals, visitabile fino al prossimo 5 marzo. La prima mostra in cui lei non sarà presente, ma i cui protagonisti saranno i visitatori.

A questo proposito le apposite strutture metalliche esposte – che rievocano l’idea di una serie di porte allineate – consentono ai visitatori, divisi in gruppi, di posizionarsi all’interno di questi abitacoli minimali e seguire le istruzioni dell’artista. Infatti, come ha dichiarato la stessa Abramovic: «Il semplice motivo per cui questa nuova mostra è molto importante, è il fatto che sia la più minimale e la più concettualmente radicale mai realizzata fino a ora. Sono felice di questo perché voglio che tutta la mia concentrazione sia sul visitatore e su come percepirà quest’opera. Normalmente i visitatori dei musei non ricevono alcun tipo di richiesta: vengono, vedono il lavoro, se ne vanno. Nel mio caso, qui i visitatori non tacciono. Sono testimoni, fanno parte dello spettacolo e vi partecipano. La loro esperienza con l’oggetto è l’opera d’arte stessa; senza quell’esperienza gli oggetti sono vuoti».

Si direbbe che l’opera d’arte non esista a meno che non si faccia una esperienza percettiva con essa. E in questo caso essa è costituita dall’idea stessa del passaggio, dello stare apparentemente fermi su una soglia prima di attraversare questo sito di transizione, il quale rimanda ad alcuni precetti del Buddismo tibetano, dell’Induismo, e a varie pratiche religiose dell’Asia. Ai visitatori viene chiesto un atto di fiducia e di abbandono nei confronti delle istruzioni dell’artista. A piccoli gruppi, infatti, vengono invitati a raggiungere il piano superiore per posizionarsi in piedi, sotto queste strutture, per un lungo periodo, in cui sono previste anche delle sedute per chi ne manifesti necessità.

Sembrerebbe semplice fin qui, ma non lo è poiché viene misurata la capacità dei visitatori di stare fermi e di entrare in ascolto di questa dimensione di passaggio, data dall’idea fisica delle porte e dal fatto stesso di prendere parte a una performance – a uno spazio diverso e “altro” rispetto all’ordinarietà – per compiere un atto percettivo, di solitudine con sé stessi, con lo spazio circostante che si sviluppa in una soglia, appunto. Quasi un margine del tempo per mezzo del quale l’artista rende i visitatori testimoni di sé stessi davanti a un evento che presenta l’arte come un’idea fondata sulla dimensione percettiva e senziente, radicata nel tessuto connettivo ed emotivo della mente.

Così, in piedi dentro queste strutture minimali, Abramović, pur non essendo presente, conduce con la voce i visitatori in un viaggio meditativo – sacro dove l’arte può trovare spazio solo se si fa uno spostamento di visione. Con la mente e con il corpo, che è il vero e unico canale percettivo.

Va anche ricordato che non è così immediato per gli artisti poter esprimere e raccontare un concetto nel mondo delle arti visive contemporanee davanti all’esponenziale quantità di immagini, video, reel, selfie, live: viviamo in una epoca di ingordigia visiva. Questo non vuol dire solo che abbiamo una grande opportunità di vedere prospettive differenti ma può voler significare anche che viviamo in un enorme caos visivo, dove il rumore ha preso il sopravvento sul silenzio. In un mondo desacralizzato, questo atto così minimale proposto da Marina Abramović non può che condurci sui territori della performance art che attinge a una concezione sacra e spirituale più di quanto immaginiamo.

Nilla Zaira D’Urso

Info:

Marina Abramović: Gates and Portals
24/09/2022 – 5/03/2023
Modern Art of Oxford

Marina Abramović, Time Energizer, from the series Transitory Objects, 2000/2012. Copyright Marina Abramović. Image courtesy of the Marina Abramović Archives. Photo by Fabrizio Vatieri

Marina Abramović, Portal, 2022. © Oak Taylor-Smith for Factum Arte and Marina Abramović. Image courtesy of the Marina Abramović Archives

Marina Abramović, Portal, 2022. © Oak Taylor-Smith for Factum Arte and Marina Abramović. Image courtesy of the Marina Abramović Archives


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