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Le architetture dell’incompiuto di Michelang...

Le architetture dell’incompiuto di Michelangelo Consani e Mohsen Baghernejad Moghanjooghi: un dialogo tra macerie e attese

Ci sono mostre che nascono come dispositivi di rappresentazione e altre che si offrono invece come gesti preliminari, aperture, pretesti per un’azione che continua altrove. Tanto per iniziare un discorso, negli spazi indipendenti di IEedificio57 a San Gimignano (SI), appartiene senza esitazione alla seconda categoria. Non si tratta di una semplice giustapposizione tra due autorialità, ma della volontà di creare un campo discorsivo, dove il confronto tra due pratiche distanti per origine e formazione si sedimenta nella possibilità – non retorica – del parlare insieme.

Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, “We’ll See”, 2022, mattoni in refrattario con scritta intagliata, 128x310x12 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, “We’ll See”, 2022, mattoni in refrattario con scritta intagliata, 128x310x12 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Michelangelo Consani – artista livornese, classe 1971 – invita Mohsen Baghernejad Moghanjooghi – artista di Teheran, classe 1988 – a condividere uno spazio, ma soprattutto un tempo di esposizione. Non c’è volontà curatoriale di costruire affinità, e proprio per questo la mostra funziona: perché lascia in sospeso le analogie, le accenna, senza mai spiegarle. Al piano terra, Baghernejad Moghanjooghi lavora con il mattone come elemento generativo, fragile, evocativo di un’architettura che è al tempo stesso rifugio e traccia. La sua è una pratica di costruzione per sottrazione, che opera tra la memoria personale e l’archeologia simbolica. Una parete di mattoni parziali, imperfetti, si fa figura dell’instabilità e dell’attesa. Il titolo Well See – inciso su uno dei mattoni – è più di un’affermazione aperta: è un manifesto dell’indeterminatezza come forma politica, un invito a sostare nell’incompiutezza, nell’oscillazione tra fare e disfare.

Michelangelo Consani, “Fukushima 50”, 2025, sculture in gesso e base metallo e legno, 100x100 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ieedificio57 San Gimignano, ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci; Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, “We’ll See” (particolare), 2022, matrice mattoni, ieedificio57, 2025, courtesy ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Michelangelo Consani, “Fukushima 50”, 2025, sculture in gesso e base metallo e legno, 100×100 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ieedificio57 San Gimignano, ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci; Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, “We’ll See” (particolare), 2022, matrice mattoni, ieedificio57, 2025, courtesy ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Al primo piano, Consani risponde con una postura radicalmente diversa: la sua opera non costruisce, ma accumula frammenti. I cinquantuno angeli di Fukushima 50 sono soglie, scarti, macerie: forme interrotte che resistono al disastro e, al tempo stesso, lo incarnano. Consani lavora con un immaginario post-industriale, dove la storia si piega su sé stessa e la spiritualità si misura con l’entropia. Il monocromo in alghe Nori contaminato da radiazioni è un oggetto-soglia, un residuo carico di tempo, dove l’energia è ancora presente, ma muta, sospesa. Il punto d’incontro tra i due artisti non sta tanto nei materiali o nelle forme, ma in una comune attenzione per ciò che resta. Entrambi costruiscono opere che si pongono in relazione con la durata, con la possibilità che l’opera non sia mai veramente compiuta, ma sempre esposta a un futuro. Se Baghernejad lavora con la tensione del mattone che vuole diventare muro, ma non lo è ancora, Consani agisce sul fallimento del monumento, sulla sua impossibilità.

Michelangelo Consani, “così vicino così lontano”, 2025, fusione in bronzo dorato, 7x7 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ieedificio57 San Gimignano, ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Michelangelo Consani, “così vicino così lontano”, 2025, fusione in bronzo dorato, 7×7 cm, ieedificio57, 2025, courtesy ieedificio57 San Gimignano, ME Vannucci Pistoia, ph Erika Pellicci

Tanto per iniziare un discorso non è il titolo di una mostra, ma la dichiarazione di un metodo. È il tentativo di far emergere un luogo – mentale prima ancora che fisico – in cui il linguaggio dell’arte non spiega, ma interroga. Dove la materia diventa voce, e il gesto, qualunque esso sia, una presa di posizione nel tempo. In questo senso, la mostra è un inizio che rifiuta ogni chiusura: un discorso aperto, fragile, necessario.

Info:

Michelangelo Consani / Mohsen Baghernejad Moghanjooghi: “Tanto per iniziare un discorso”
04/05 – 31/07/2025
IEedificio57
Via di Berignano 57, San Gimignano (SI)
www.ieedificio57.org


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