Leiko Ikemura: contraddire la forma

Parlano, bisbigliano e mai urlano, sino a creare un vociare inconsulto immerso in nubi di umido vapore. Si tratta di anonime identità di ragazze, donne e bambine, alcune giocano con fiori, altre ruotano, danzano, altrimenti giacciono sedute. Non sono certamente dee o madonne, anche se alcuni nomi lo fanno pensare, bensì sono semplici esseri anonimi, sicuramente femminili, che vivono lo spazio di un luogo indefinito. Questo è quanto propone la Tim Van Laere Gallery di Roma nella mostra personale di Leiko Ikemura (Tsu, Giappone, 1951), intitolata Mia Mamma Roma, in programmazione fino al 1 febbraio 2025. Non si direbbe, ma l’esposizione ruota attorno alle indefinite e infinite forme che la materia pittorica e scultorea può assumere; pertanto, le identità di Ikemura non acquisiscono mai una conformazione netta e chiusa, ma rimangono indeterminate nelle ondulazioni di ceramica e bronzo e nelle pacate sfumature tempera.

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

La juta dalla trama grezza e grossolana fissa le protagoniste in una spettrale e magnetica evidenza, con aloni di colore che spingono oltre alla soglia dell’inverosimile figurativo. Così è naturale domandarsi cosa siano le figure di Ikemura se non l’origine o un germe di una corporeità, forse solo in parte umana, di cui l’unica certezza è il sesso femminile. C’è da riflettere su cosa si intenda con questo termine, non solo per quanto è in relazione al sesso, bensì in un rapporto ampio e profondo con il mondo, in quanto portatore del seme della procreazione, di una complessa ambiguità di sentimenti, come il dolore cupo e la gioia di un’esistenza, il senso della perdita e una sincera consapevolezza di sé.

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Inoltre, il titolo della mostra, tratto dal film di Pier Paolo Pasolini, Mamma Roma, rivela quanto l’artista continui a guardare la città – sin dal suo primo viaggio fuori dal Giappone – con gli occhi colmi di stupore per la sua complessa identità intellettuale e culturale, altresì nel distacco malinconico che Roma instaura con il passato e per la presenza di un rapporto ideale e poetico con il presente. Così, per Ikemura è naturale la scelta di accompagnare il titolo con l’aggettivo possessivo Mia, ad accentuare il legame affettivo con questo luogo. E sebbene il titolo risulti calcare in maniera sorprendente un’espressione tipica d’italianità, il collegamento con l’omonimo film pone l’attenzione su altri aspetti, quali: la questione femminile, la rilevanza di un’identità materna e più in generale il rapporto con il proprio stato emotivo. Infatti, sia nelle pitture sia nelle sculture in mostra, Ikemura si sottopone senza vergogna alla pressione di un autoesame, va da sé che quanto esposto sia sintomo di una frattura, un disagio, un’incertezza, sinonimo di lotta interiore, in un racconto in perpetua trasformazione che cerca in tutti i modi di conciliarsi e ritrovare il legame perduto con la natura, ma ancor di più con sé stessi.

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Mia Mamma Roma”, installation view, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Avviene che il dogma inespresso della forma divenga premessa maggiore della sua contraddizione e motivo dell’intero progetto espositivo: l’apertura e il senso di non finitezza delle opere, precludendo la presenza di qualunque chiusura ed escludendo qualsiasi interpretazione fissa, fa delle sculture e di quanto raffigurato sulla juta, esseri in continua metamorfosi. Inoltre, tali identità – la cui definizione di ‘Girls’ non è per la loro età anagrafica, ma per il comune il sesso femminile – incerte nelle loro nebulose di colore, vivono della sola evidenza delle loro azioni, danzando e stazionando in un’atmosfera sospesa e poco chiara. Proprio qui risiede la bravura tecnica dell’artista: l’espansione degli informi aloni di tempera, animati da macchie e segni gestuali parzialmente assorbiti dalla juta, sono in dialogo con le piccole e dosate suture delle sculture, necessarie all’ossigenazione immaginaria di organi fibrosi alimentanti il respiro malinconico delle creature.

Leiko Ikemura, “Red Children”, 2024, tempera e olio su juta, 100 x 120 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Red Children”, 2024, tempera e olio su juta, 100 x 120 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Così, per Ikemura sia il dipinto sia la scultura sono prima di tutto una misura dell’indeterminatezza dello spazio, quindi, forma, colore e materia sono saldi solo in apparenza e l’opera finale esprime un desiderio di fissità in cui nulla è tale. Pertanto, hanno un valore fondamentale i toni, il relativo senso della macchia trasformata in alone, assieme ai tratti eseguiti con irruente libertà espressiva. In questo modo la sostanza cromatica si carica di evidenza e profondità con una stesura dei complementari in rapporto alla totalità della gamma: il rosso, il giallo e il viola sono immessi a modulare i verdi, per far sì che la percezione dell’opera mantenga una componente di dinamica, esplodendo in pacata tensione. In tale sintesi tonale Ikemura preferisce mantenere intenzionalmente un senso di abbozzo, in una libertà di realizzazione per cui l’instabilità della forma è la variazione l’indispensabile a originare la sua vita.

Leiko Ikemura, “Playing with Violet”, 2022, tempera e olio su juta, 80 x 60 cm; “Against Green”, 2022, tempera e olio su juta, 80 x 60 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Playing with Violet”, 2022, tempera e olio su juta, 80 x 60 cm; “Against Green”, 2022, tempera e olio su juta, 80 x 60 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Sia nelle sculture sia nelle pitture l’artista agisce con sorprendente libertà manuale, una meravigliosa scioltezza che rivela un’attenzione verso le forme nella loro espansione potenzialmente infinita. Tuttavia, la vera natura della ricerca dell’artista emerge nelle creature disegnate con pastelli su carta: i tratti sono ancora più nervosi, segnici e travolgenti per una forte grazia, sono espressione di una gioia di vivere a cui si unisce, in soluzione di continuità, l’assurdità splendida, ma dolente, della loro condizione. Così, come la protagonista di Mamma Roma, la ricerca di Ikemura è una pratica affatto consolatoria, bensì è l’acquisizione di una dura consapevolezza, che alla pari di una carezza ricevuta dopo il film, fa emergere il dolce lamento di un essere vivo, malinconico e pregno di un sentito dolore.

Leiko Ikemura, “Ma Donna”, 2024, tempera e olio su juta, 100 x 80 cm; “Frog Girl”, 2023, tempera e olio su juta, 100 x 80 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Ma Donna”, 2024, tempera e olio su juta, 100 x 80 cm; “Frog Girl”, 2023, tempera e olio su juta, 100 x 80 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Inoltre, le sculture per il loro farsi vive nello spazio, toccano questioni cui le pitture non giungono, quali: la fecondità della vita, il rapporto tra la razionalità e il sogno, la sublimazione e la mostruosità, la fatica creativa del respiro e le sue tenere emozioni, il funzionamento biologico delle informi creature nel loro sviluppo fisico e chimico. Di contro, nella pittura quest’ultimo aspetto traumatico della vita è più pacato, quasi accennato, facendo emerge la forma più pura e spirituale di questo universo. Difatti le opere si presentano con minori deformazioni, prive di rigore compositivo, per cui non esistendo alcun ordine di lettura, gli aloni di colore lasciano vagare lo sguardo. Tuttavia, l’immagine si irradia attorno a un centro, come se fosse originata da una leggera scarica elettrica, un movimento in cui la figurazione appena accennata non risulta mai conflittuale con quanto c’è di astratto.

Leiko Ikemura, “Zawa”, 2022, pastello su carta, 30 x 22 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp - Rome

Leiko Ikemura, “Zawa”, 2022, pastello su carta, 30 x 22 cm, courtesy Tim Van Laere Gallery, Antwerp – Rome

Per tale motivo l’artista risulta contraddire la forma in modo ribelle – beninteso, non dissacratorio – poiché è consapevole dei valori più profondi e sacri dell’essere vivente, quali l’istinto naturale alla vita, il perturbante come stato dell’essere e la sacralità dell’atto creativo, inteso come qualcosa di appena afferrabile tramite una forma sempre indeterminata e revocabile. Pertanto, se le sculture vivono in quanto ‘Girls’ nella loro configurazione più concreta, le pitture sono la raccolta degli umidi venti in cui avvengono le metamorfosi delle loro forme. D’altronde cosa v’è di più vicino alla vita, se non la forma nelle sue infinite inflessioni? Perciò, Mia Mamma Roma è una mostra sul valore dell’origine di un nuovo seme biologico ed è proprio nella contraddizione della forma che deriva la sospensione onirica dell’intera mostra, in cui le creature che l’animano sono il dono di un sogno a occhi aperti, capaci di lasciarci il desiderio di viverle, nonostante la loro condizione di fragile essenza.

Info:

Leiko Ikemura. Mia Mamma Roma
Tim Van Laere Gallery
16/11/2024 – 01/02/2025
​Dal martedì al sabato dalle 13.00 alle 18.00
www.timvanlaeregallery.com
Palazzo Donarelli Ricci, Via Giulia 98, 00186 Roma
info@timvanlaeregallery.com | 06 97 603 423


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