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L’Identità è essenzialmente il rimando degli altri...

L’Identità è essenzialmente il rimando degli altri verso di sé | OTHER IDENTITY

Genova, dopo la chiusura del Museo di Villa Croce, escludendo gli spazi ufficializzati delle gallerie, aveva certamente bisogno di una rivoluzione ed innovazione estetica o semplicemente d’Arte Contemporanea. Arriva quindi un progetto che rinnova quell’aria statica che si percepiva in città e a pensarci è stato Francesco Arena, curatore ed ideatore di “OTHER IDENTITY-Altre forme di identità culturali e pubbliche”. Evento internazionale d’arte contemporanea che racchiude in sé fotografie, installazioni, video arte, performance e electronic music, dove il concetto di identità viene espanso oltre la figura dell’autorappresentazione, fino ad arrivare appunto “ad altre forme di identità culturali e pubbliche”.
Il progetto è stato pensato come una trasposizione dell’identità dello stesso curatore sulle opere da lui selezionate, sugli artisti e sulle sedi scelte.

Other Identity per la seconda edizione torna su 4 sedi, 3 tra le più importanti gallerie di Genova: Galleria ABC-ARTE, Galleria Guidi&Schoen-Arte contemporanea, PRIMO PIANO di Palazzo Grillo, e uno degli spazi ufficializzati più dinamici a Genova, Sala Dogana a Palazzo Ducale.

Come afferma il curatore nel catalogo dell’evento:
“Un’edizione che si presenta come “un’unplugged” dopo la prima uscita in un enorme contenitore come quello della Loggia della Mercanzia sempre a Genova; “una musica per gli occhi” dove le opere d’arte e i progetti visivi e sonori intendono mostrare le contaminazioni esistenti tra le arti visive e quelle performative e il legame indis­solubile che si crea con la musica contemporanea.”

Ogni sede ha in sé diverse peculiarità e in essa la scelta di Francesco Arena di prediligere per contrasto e per assonanza gli artisti invitati.

Durante il vernissage di Other Identity si sono alternate diverse performance, tra queste, alla galleria Guidi&Schoen, quella di Nadia Frasson dal titolo “Noli me tangere”, dove l’artista ha cucito precedentemente su organza rosa color pelle, la forma di un cervello e durante l’arco di tre ore circa ha ricamato sopra piccole formichine nere; le formiche sono gli insetti che si insinuano per eccellenza e rappresentano per l’artista una penitenza, una tortura sulla propria pelle e sulla propria memoria. Dopo la performance l’organza di Nadia rimane come una reliquia all’interno della galleria e più che un’installazione post-performance, potremmo definirla una traccia di “ciò che è stato”.
Alla galleria ABC-ARTE invece la performance di Cinzia Ceccarelli con Mihaela Slav dal titolo “Tso (trattami senza oblio)” denuncia il sistema sbagliato del mondo della psichiatria, riguardo quelle che dovrebbero essere le cure obbligatorie messe a disposizione da quel ramo della scienza.
In Sala Dogana a Palazzo Ducale, la performance Skin/Tones di Francesca Fini, vede l’artista spogliarsi da un delicato accappatoio e sedersi su un cubo bianco dove inizia ad analizzare parti del suo corpo attraverso un microscopio digitale; tracce di pelle, peli, occhi, capelli e saliva, vengono trasposti su proiettore davanti a lei e al fruitore, invitando quest’ultimo ad accogliere la mappatura del suo corpo. Il visitatore diventa voyeur, non osserva più il corpo dell’artista ma la sua elaborazione macroscopica e deformata, una sorta di “super-selfie” , come definisce lei stessa, trasmesso attraverso un filtro, una membrana invisibile.
Sempre in Sala Dogana a fine serata i FLeUR (Enrico Dutto e Francesco Lurgo) si sono esibiti con live di musica elettronica, dove il paesaggio sonoro si miscela con il mondo digitale, e dove il post-rock si unisce ad una ritualità oscura.

Come in un tour a Genova ci ritroviamo a vivere l’arte in tutte le sue sfaccettature, partendo da PRIMO PIANO di Palazzo Grillo, palazzo storico di Genova, dove vediamo installate e mostrate quasi delle piccole personali. Ogni sala racchiude il racconto intimo dell’artista, lo chiamerei un “diario di immagini”, dove il concetto di memoria e attualità si alternano e dove la contemporaneità delle opere esposte si sposa perfettamente con la storicità della location.
Entrando troviamo le opere di Debora Garritani, dove simboli e rimandi iconografici dal gusto fiammingo si intersecano con elementi contemporanei, qui l’artista denuncia l’apparire a discapito dell’essere; nella seconda sala l’artista Romolo Giulio Milito con 12 dittici, ci fa entrare in un’atmosfera molto più intima e personale, per lui l’erotismo è l’incontro esatto tra se stesso e le sue modelle, nella stessa sala l’artista ha voluto inserire un catalogo personale dove il visitatore può intervenire a penna con parole e disegni, sul bianco delle pagine o sulle immagini stesse, così che il catalogo diventi “unico” come l’opera d’arte.

Questa location ha sale molto alte ma accoglienti, come lo sono i paesaggi, le scene, i contrasti netti tra il bianco e nero di Giorgio Galimberti; i suoi personaggi si perdono e si amalgamano con l’ambiente circostante, qui l’identità dell’uomo diventa un tutt’uno con quella dei luoghi che lo ospitano; nel salone centrale troviamo Alexi Paladino (Lilian Capuzzimato) con una riproduzione fotografica dei suoi collage, un diario personale dove il concetto di identità viene visto attraverso tracce del suo passato e i personaggi di una storia vera sono in costante conflitto tra loro; qui nonostante il gusto amaro delle storie, rimane sempre una dichiarazione d’amore verso la sua famiglia; nella stessa sala, per contrasto, Montserrat Diaz ci catapulta in una realtà dove apparentemente è tutto in equilibrio, i suoi autoritratti sono contagiati dal concetto di spazio e di tempo e l’immagine appare “pulita” e “costruita”.

Proseguendo in queste stanze, nel progetto troviamo anche le grandi tele viniliche di Ivan Cazzola, alte, potenti, qui la contemporaneità dei suoi scatti legati al mondo della moda, della musica e dello spettacolo, si contrappone agli affreschi presenti sulle volte.
L’ultima sala accoglie due artiste Monica Mura e Donatella Izzo, la prima si presenta con la sua installazione, una grande tenda di seta dove è rappresentato il suo viso frammentato in due parti, una evidente e l’altra pixelata (quasi a volersi presentare deteriorata, a bassa risoluzione); la risoluzione, in informatica e nel graphic design è la grandezza che indica il grado di nitidezza o chiarezza di un’immagine, in questo caso il pixel è la capacità dell’immagine di recuperare il suo stato iniziale ed è anzi arricchito con degli interventi colorati in oro, proprio a volere evidenziare l’importanza e la preziosità della sua parte “nascosta” a discapito della sua parte evidente; alla tenda viene accostato un video in loop che riprende proprio il suo viso in una continua metamorfosi tra forme delineate e pixellature; la seconda artista Donatella Izzo presenta installazioni con oggetti di uso quotidiano (come un tavolo e un pouf anni ’80) in dialogo con stampe fotografiche di ritratti, o meglio come li definisce lei ”anti-ritratti; nei suoi lavori sacralità e storia si fondono e l’identità spirituale si contrappone al soprannaturale silenzio.
PRIMO PIANO di Palazzo Grillo per le sue peculiarità strutturali è esattamente il contenitore storico per eccellenza che serve a far combaciare ed esaltare nel migliore dei modi, il percorso degli artisti scelti per questa sede.

Tra le location del progetto emergono due tra le più importanti gallerie genovesi; ABC-ARTE e Guidi&Schoen-arte contemporanea.

La galleria Guidi&Schoen non segue una linea o un media specifico, ma segue piuttosto ciò che è profondo nel significato e sofisticato formalmente, e questo è stato trasportato anche da parte del curatore all’interno dello spazio.
Nella prima sala le fotografie di Nadia Frasson con interventi di ricamo a mano, si sposano perfettamente con i lavori del tedesco Sebastian Klug che lavora sulla tessitura di due stampe fotografiche, qui il sapore contemporaneo si lega all’artigianalità e l’identità è vista come concetto di “dissoluzione”.
Percorrendo la galleria, i corpi femminili legati ai paesaggi di Marco Cappella si alternano a quelli della coppia di ERRESULLALUNA+ChuliPaquin, dove “l’immagine è un passo, e il passo diviene danza”, qui il gesto più banale diventa intenso; mentre nella stessa stanza compare anche il grande dittico dai colori cupi di Ramona Zordini, un dialogo sui pieni e sui vuoti che si può riassumere perfettamente in una citazione di Jean Paul Sartre “soltanto, questa identità di essenza non si accompagna con una identità d’esistenza”.
Il progetto si espande in più sale e scopriamo il lavoro di Patricia Eichert, dove l’accostamento della sua presenza (almeno in parte, visto che si fotografa solo le gambe) in ambientazioni domestiche accompagnata dai suoi cagnolini, donano al progetto ironia e sarcasmo, così da contrastare i lavori più introspettivi di Christina Heurig, che evidenzia invece una vera e propria “contemplazione dei propri disturbi”, come definisce l’artista stessa.
Tra gli artisti anche Karin Andersen e i suoi personaggi surreali, qui l’identità viene vista spesso come una miscela tra l’umano e l’animale, mentre il luogo è un vero e proprio ecosistema dove poter vivere ed adattarsi con la propria genetica mutevole.
I contrasti tanto amati dal curatore si evidenziano anche nella stilistica dei singoli artisti; dove solitamente siamo abituati a vedere i grandi ed immensi paesaggi artificiali di Giacomo Costa, per Other Identity l’artista si esprime attraverso i suoi ironici e inediti autoritratti e denuncia in questo caso gli stereotipi sociali, lo fa tramite il travestimento di sé e dell’altro visto da sé.
Ci soffermiamo sui penetranti personaggi di Richard Kern, con i forti bianco neri, dove il punto chiave è questo: “..al voyerismo dello spettatore corrisponde sempre l’esibizionismo del rappresentato”.
La parte superiore della galleria è strutturata come tanti white cube, mentre la parte inferiore, il “basement” ha sale con muri a vista, dove l’atmosfera industriale è molto più cupa e misteriosa; da qui la scelta di inserire artisti che parlano di “memoria”, nel caso delle valigie retroilluminate di Roberta Toscano, o di “sfacciata intimità” nei lavori di Marcel Swann, presentati con antiche cornici di recupero che si adattano perfettamente ad una parete di vecchi mattoni in argilla.
Sempre nel basement invece le opere di Ophelia Queen e di Sandra Lazzarini  sono legate rispettivamente agli stereotipi sociali e culturali e alla trasposizione di still life composti dalla messa in scena della propria quotidianità.
Al progetto è stato legato un contest indetto da Radio Babboleo, dove per l’occasione tutti potevano inviare il proprio autoritratto; allo scadere del bando il miglior self portrait è stato esposto proprio nella galleria di Guidi&Schoen. A vincere è stata la fotografia di Isabella Quaranta.

Ci spostiamo da ABC-ARTE, questa galleria predilige la pittura e l’astrazione dove domina il taglio gestuale; ma per la prima volta accoglie un progetto dove il medium privilegiato è quello fotografico e performativo, e dà carta bianca al curatore che ha saputo ambientare ed allestire artisti molto diversi tra loro in queste grandi sale bianche.
In entrata troviamo le opere di Manuel Bravi, qui “In Deep Red” ci racconta “la rappresentazione delle pulsioni erotiche presenti in ognuno di noi, l’esibizionismo marcato dei tempi digitali che si scontra con le paure dei giudizi altrui”; il Light Painting, una tecnica tradizionale e artigianale, ben si coniuga qui con un forte impatto contemporaneo.
La stessa sala accoglie la maestosa ma delicata opera di Davide D’Elia, dal titolo Adriana, nome di una donna realmente esistita, dove 15 tele si accostano per dare vita ad un’identità che viene rappresentata stavolta attraverso il concetto di assenza e di memoria; nello stesso ambiente il dittico di Paula Sunday invece è esattamente opposto all’assenza e compare in una doppia identità: lei stessa vestita da sposa e da sposo, dove sposare se stessi significa celebrare la propria indipendenza, un impegno sacro davanti alle proprie responsabilità.
Nel salone centrale troviamo le grandi installazioni di Bärbel Reinhard e di Nadja Ellinger, entrambe rappresentano se stesse in dialogo con il paesaggio naturale, nello specifico la seconda artista si autorappresenta immersa nei boschi o con elementi naturali e lo fa sempre però in modo molto crudo, accostando oggetti quotidiani, quali coltelli o succo di melagrana, metafora del sangue; usa la fotografia per visualizzare i suoi sentimenti interiori e le sue paure.
Dalla stessa tematica anche il lavoro di Amalia de Bernardis dal titolo “Natura Morta con errore”, dove l’errore è dato sia dall’immagine di se stessa rappresentata come soggetto sottratto al proprio ambiente naturale, sia dalla scelta compositiva dello still life alla costante ricerca di precari equilibri; oltre che dalle immagini, anche dalle cornici spezzate che racchiudono le sue opere.
Il lavoro di Federica Gonnelli invece è composto da 9 mattonelle, i volti di Louise e Herbert, stampati in piccole tele di organza sovrapposte fra di loro, sono i protagonisti che si sommano l’uno all’altra, dove l’uno non può fare a meno dell’altra, dove l’identità è unica e non più due.
Natascia Rocchi con la sua serie, lavora sulla riproduzione fotografica di collage, i personaggi storici si legano a quelli contemporanei, quasi a voler cancellare gli anni che li hanno separati; l’identità anche qui si amalgama cancellando il tempo.
Di fronte a questa parete troviamo il lavoro di Silvia Celeste Calcagno, la fotografia su ceramica diventa imponente, dove di solito siamo abituati a vederla in piccolo formato, qui diventa smisurata la rappresentazione del sé; a lato il trittico di Corinna Holthusen, interventi pittorici su basi fotografiche riportate su tela di ritratti femminili, dove passato, presente e futuro si fondono in un’unica opera, un processo di nascita, vita e morte che si ripete in ciclo.
Un corridoio lungo accoglie in entrata Mauro Vignando, il suo lavoro su doppie cartoline, racconta il viaggio di divi cinematografici (coppie di amanti e ritratti) sui quali lui stesso poi interviene con dei tagli, in questo caso il concetto di sottrazione del soggetto si lega alla sottrazione dell’identità; a seguire troviamo i poster di grande formato di Francesca Randi, dal titolo “I Senza Nome”, personaggi immersi in un ambientazione notturna e oscura, dove la maschera diventa sul volto dei soggetti, nascondiglio del sé.
Ad alternare lo sguardo dell’osservatore troviamo una ritrattistica più pornografica con le 35 polaroid di Alessandra Pace e Fausto Serafini, un diario di immagini, un percorso emotivo e sentimentale, dove gli artisti stessi affermano: “Crediamo che nascondersi sia il più grave errore possibile, bisogna esporsi, con tutta la forza della verità…”; di fronte il trittico di Carmen Palermo, polaroid ri-fotografate dal gusto voyeuristico.
Nell’installazione tessile di Isobel Blank, composta da elementi in lana, gomma piuma, resti di stoffa che si confrontano con piccoli disegni su tela e un’autoritratto dell’artista, l’identità si ridefinisce nel tempo, come l’attimo sospeso nel limbo; Boris Duhm presenta fotografie e scritture autografate in oro,  in questi lavori l’artista mette in scena il concetto di “alter ego” e si evince il confronto giocoso con il potere del travestimento.
Chiudono la sala le opere di Maurizio Cesarini dalla sostanziale linea concettuale, dove nonostante la duplice presenza del soggetto fotografato (se stesso e l’altro visto da sé) l’artista si manifesta come “assente”; Emanuele Dello Strologo con scatti in bianco-nero, racconta un suo reportage in Bosnia; l’identità viene vista come richiesta di aiuto attraverso gli occhi dei bambini protagonisti in questi scatti iperrealisti.

A Palazzo Ducale in Sala Dogana, oltre ad esporre opere a parete, troviamo un focus sulle rassegne video. È questo il medium privilegiato in questa sede; in entrata infatti lo spettatore viene subito accolto dal trailer della mostra su grande schermo e in fondo al corridoio troviamo l’installazione/performance di Cinzia Ceccarelli, dove un monitor che ripete in loop le onde del mare ed una sedia davanti allo schermo, descrivono esattamente il titolo dell’opera “La pazienza di Penelope”; qui l’attesa del ritorno di un amore può essere essenziale per sentirsi completi con la propria identità e si rievoca il gesto compulsivo di tessere per poi disfare in attesa di scorgere tra le onde del mare l’arrivo di qualcuno o qualcosa.
Nella seconda sala troviamo la proiezione dei video di: Isobel Blank, Maurizio Cesarini, Silvia Celeste Calcagno, Monica Mura, Francesca Leoni, Solidea Ruggiero, Christian Reinster e Tore Manca (Mater-ia).
Durante tutto il periodo della mostra, in sala Dogana, si alternano le video rassegne di: Francesca Fini, Francesca Lolli, Phoebe Zeitgeist e il film di Tore Manca (Mater-ia) dal titolo Bioethic Vision (una ricerca sull’immagine concreta, sul suono e soprattutto sul rapporto tra identità dell’uomo e natura, contro quell’egoismo materiale che in quest’epoca ci affligge).
Nell’ultima sala, quella delle colonne, troviamo Chiara Gini con un trittico legato all’uomo primitivo e alla perdita di sé, mentre Francesca Leoni presenta un lavoro fotografico di una sua performance dove si evidenzia il legame con il luogo in cui si esibisce. Silvia Bigi si ispira al suo mondo onirico ed infantile e al ricordo di un volo (quello del bombo) tra gli alberi del giardino di casa; Giacomo Infantino delinea i luoghi della sua città, Varese, dove spesso compaiono figure umane immerse in scenari notturni e bui, come fossero parte dell’ambiente stesso; Chiara Cordeschi mette a nudo la propria identità attraverso dettagli del suo corpo, l’essenza della femminilità è un legame costante dei suoi progetti.
Si propongono in chiusura del progetto anche i live di musica elettronica di Luca Fucci e The Deep Society (Valerio Visconti e Mirko Grifoni) con visual fortemente influenzati da contaminazioni legate alla video arte contemporanea.

Ogni artista in ogni sede ha saputo mostrarsi senza esitazione; non esiste solamente per esibirsi e mostrarsi: Other Identity diviene così una vera e propria dichiarazione al mondo di molteplici identità culturali e pubbliche, che spesso si accavallano e si dividono, dove la parola identità è ormai troppo spesso proclamata, ma sempre troppo poco compresa.

Ecco come il curatore Francesco Arena parla sul catalogo:

“…artisti che con le loro opere si mettono in gioco in prima persona e parlano di se in maniera diretta a carte scoperte, senza mediazioni, attraverso sensibilità diverse ma sincere; i colori delle stampe fotografiche, dei video, delle installazioni esplodono questa volta nell’austerità ed autorevolezza degli spazi privati, nell’eleganza delle location, affrontando con lucidità ed energia questa sfida che per molti artisti è la loro prima grande prova ufficiale.”

Benedetta Spagnuolo
26-03-2019

OTHER IDENTITY-Altre forme di identità culturali e pubbliche
Seconda edizione
a cura e di Francesco Arena
9 – 23 Marzo 2019 | GENOVA
Mostra prorogata al 29 Marzo

Ingresso libero

Mostra collettiva, evento internazionale d’arte contemporanea (Fotografia – Installazioni – New Media Art – Videoarte – Electronic Music)

Con il patrocinio della Regione Liguria e Comune di Genova
In collaborazione con: Goethe-Institut Genua, Galleria ABC-ARTE, Galleria Guidi&Schoen-Arte Contemporanea

Organizzazione: Benedetta Spagnuolo/ARTISTI ITALIANI-arti visive e promozione

Partner e sponsor tecnici: Radiobabboleo, Il Secolo XIX, Locanda di Palazzo Cicala, EdArte-Associazione Culturale, AA Photography di Alessandro Arnò e M. Lucia Menduni, Valentino Visuals, Capra Pictures
Cover photo: Chiara Cordeschi

Galleria ABC-ARTE: Via XX Settembre, 11/A
Mart-Sab 09:30-13:30 | 14:30-18:30 Dom e Lun su appuntamento

Galleria Guidi&Schoen-Arte Contemporanea: Piazza dei Garibaldi, 18R
Mart-Sab 10:00-12:30 | 16:00-19:00

PRIMO PIANO di Palazzo Grillo: Vico alla Chiesa delle Vigne, 18R
Merc-Dom 16:00-20:00

Sala Dogana-Palazzo Ducale: Piazza Matteotti
Mart-Dom 16:00-20:00 (fino al 23 Marzo)

Info

otheridentity.project@gmail.com
www.otheridentity.it
www.facebook.com/OTHERIDENTITY.project
+39 340 2540631

Other IdentityNoli me tangere”. Performance by Nadia Frasson. Galleria Guidi&Schoen-Arte Contemporanea. Ph. By AA Photography di Alessandro Arnò e M. Lucia Menduni

Tso (trattami senza oblio)”. Performance by Cinzia Ceccarelli con Mihaela Slav. Galleria ABC-ARTE. Ph. By AA Photography di Alessandro Arnò e M. Lucia Menduni

Other IdentityFLeUR (Enrico Dutto-Francesco Lurgo). Electronic Live. Sala Dogana-Palazzo Ducale Ph. By AA Photography di Alessandro Arnò e M. Lucia Menduni

Exhibition view at ABC-ARTE Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at ABC-ARTE Ph. By Francesco Arena

Artwork by Bärbel Reinhard. ABC-ARTE Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at Guidi&Schoen-Arte Contemporanea Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at Guidi&Schoen-Arte Contemporanea Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at Guidi&Schoen-Arte Contemporanea Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at PRIMO PIANO di Palazzo Grillo Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at PRIMO PIANO di Palazzo Grillo Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at PRIMO PIANO di Palazzo Grillo Ph. By Francesco Arena

Artwork (detail) by Romolo Giulio Milito. PRIMO PIANO di Palazzo Grillo. Ph. By Francesco Arena

Exhibition view at Sala Dogana-Palazzo Ducale. Ph. By Francesco Arena


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