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L’ipnotico Carousel di Pablo Bronstein a Venezia

L’ipnotico Carousel di Pablo Bronstein a Venezia

Tra i tanti eventi che hanno inaugurato a Venezia in occasione della 58esima edizione della Biennale, segnaliamo uno squisito cammeo, la video installazione/performance Carousel de Crystal di Pablo Bronstein, avamposto lagunare di una mostra più ampia attualmente in corso alle OGR (Officine Grandi Riparazioni) di Torino. Nella suggestiva cornice della Sala della Musica del Complesso dell’Ospedaletto, andrà in scena per tutta la durata della kermesse veneziana un ipnotico carosello a suon di clavicembalo che incorpora le architetture barocche dell’edificio facendone rivivere le eleganti atmosfere ibridandole con turbamenti antichi e ansie contemporanee.

Sin dall’inizio della sua carriera Pablo Bronstein (nato a Buenos Aires nel 1977 e cresciuto a Londra) focalizza la sua ricerca su un’originale intersezione tra danza e architettura che parte dal disegno, strumento espressivo e analitico in grado di attivare la simbiosi tra spazi reali, narrazioni immaginate e allusioni simboliche. Il disegno e la danza hanno per l’artista la stessa qualità ed eleganza, sono strumenti che, se utilizzati con sapiente sprezzatura, hanno il potere di comunicare con immediatezza rappresentazioni mentali complesse sintetizzandone i tratti essenziali. Il disegno è quindi lo strumento demiurgico attraverso il quale l’artista circoscrive ambientazioni e storie che poi si animeranno nelle sue installazioni e performance.

Carousel de Crystal mette in scena sotto forma di favola crudele le dinamiche e le fascinazioni del voyeurismo, del guardare e dell’essere guardato, instaurando un originale parallelo tra la vanità decadente del XVII secolo e l’ossessione dell’autorappresentazione che impronta il narcisismo endemico dell’epoca post-iPhone. Mescolando memorie storiche romanzate, tecnologie low-fi, prelibatezze kitsh e afasie iper contemporanee, Pablo Bronstein intrappola lo sguardo in un intrigante labirinto visivo e concettuale in cui l’artificio (sempre ostentatamente dichiarato) riesce a risvegliare paure infantili e ataviche fragilità.

La sequenza inizia con due danzatori, i cui movimenti speculari moltiplicati all’infinito da una proiezione video, utilizzata come quinta teatrale interattiva, interpretano una coreografia nata da un amalgama di stili che spaziano dal XVI al XVIII secolo. La semplice cadenza musicale che accompagna i loro passi sostiene la leggera tensione dei loro corpi flessuosi, rilassati ma precisi nel disegnare eleganti traiettorie nello spazio. Il loop di questa scena idilliaca ammalia lo spettatore che inizia a introiettarne le armonie confrontandole istintivamente con i trionfi barocchi del soffitto fin quasi a immedesimarsi in un cortigiano seicentesco impegnato nei rituali privati di un’alcova regale.

Man mano che si svolge la scena, sempre simile a sé stessa nella sua codificata artificialità, si fa strada uno snervante e inspiegabile senso di attesa, suscitato dagli accordi minori e da un’enigmatica proiezione video all’interno di una pomposa cornice a riccioli che mostra un volto incipriato nell’atto di roteare lo sguardo. Questo personaggio apparentemente marginale rappresenta la Strega Grigia, visionaria personificazione della lastra metallica che si cela dietro il riflesso del vetro di ogni specchio e che diventa visibile solo nel momento in cui lo specchio si rompe. E l’evento traumatico alla fine avviene: il carosello si interrompe bruscamente e la strega si materializza come sagoma nera che annienta la visione precedente sospendendone la scansione ritmica e l’equilibrio.

La sua apparizione, minacciosa ma allo stesso tempo anche catartica, instaura un nuovo provvisorio ordine delle cose: al suono di un’orchestra sinfonica appare poi lo stesso Bronstein con il volto dipinto di rosso che per qualche secondo danza con movimenti ricercati ma selvatici, eludendo sia la fredda sorveglianza della Strega che i cicli rituali dei ballerini. Poi tutto ricomincia da capo come se non fosse successo nulla ed è forse questo l’aspetto più affascinante della performance che inscena un’impossibile compresenza di livelli esistenziali concomitanti nella loro apparente incomunicabilità. Questo breve saggio conferma l’abilità dell’artista nell’elaborare un linguaggio performativo sfaccettato in grado di instaurare una relazione innovativa tra installazione architettonica e messa in scena della danza con uno stile inconfondibile che attraversa la storia e la postmodernità con un approccio ironico e criticamente consapevole.

Info:

Pablo Bronstein. Carousel de Crystal
a cura di Catherine Wood
8 maggio – 24 novembre 2019
Sala della Musica del Complesso dell’Ospedaletto
Barbaria delle Tole 6691 Venezia

Pablo Bronstein Carousel de Crystal

For all the images: Pablo Bronstein. Carousel de Crystal Credits: Andrea Rossetti for OGR


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