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LUNAR STORIES: la Luna atterra a Dimora Artica

LUNAR STORIES: la Luna atterra a Dimora Artica

I quotidiani di tutto il mondo riportano la notizia di tre sonde che in questi giorni si stanno rincorrendo per raggiungere Marte: in pole position quella degli Emirati Arabi, seguita a ruota da quella Cinese, in coda, invece, gli americani (probabilmente rallentati come la profezia di QAnon, slittata al 4 marzo). Per non rimanere indietro, anche la fantascienza contemporanea ha accelerato il passo, consapevole ormai che il suo compito più urgente sia trattare le grandi sfide dell’attualità. La prima di queste sarebbe la ricerca di nuove frontiere, dal momento che, come dimostrato anche dalla recente crisi pandemica, il nostro non è più un pianeta confortevole. Mentre anche Elon Musk e Jeff Bezos fanno a gara a chi arriva più lontano tra le stelle, a noi non può che tornare alla mente lo scoramento di Fry nel secondo episodio di Futurama, quando scopre che l’amato satellite nel 3000 è diventato un deludentissimo Lunapark. Dinanzi a questi cambiamenti, per così dire galattici, sorge spontanea una domanda: se persino la Luna si sta trasformando in quello che assomiglia sempre di più al check-in di un aeroporto extralusso e la Terra è ogni giorno meno “casa”, cosa resta da narrare ai poeti e agli artisti?

Il 4 febbraio scorso la Luna è atterrata in via Dolomiti a Milano, allorché Dimora Artica ha inaugurato “Lunar Stories” una collettiva di sei emergenti di diverse generazioni e pratiche. Sono storie lunari quelle proposte presso il project space milanese, che traccia un parallelismo tra la traslucida evanescenza dell’atmosfera notturna e l’incorporeità del digitale, divenuto ormai mediatore di qualsiasi sguardo sulla realtà. Per questa mostra i curatori hanno voluto porre l’attenzione sul fatto che l’arte oggi sia sempre più permeata dalla tecnologia e si trovi a condividere con quest’ultima quella vocazione che un tempo era di suo esclusivo appannaggio, ovvero rendere l’invisibile visibile. A fronte di quella che potrebbe sembrare una perdita di autonomia, bisogna tenere a mente che l’espressione artistica ha sempre attinto da ambiti differenti, costituendo un incubatore di ibridazioni e rielaborazioni della complessità culturale del presente. Digitale, dunque, come luce lunare o forse come dark side of the moon, al contempo rischioso buco nero di qualsiasi fisicità e propulsore verso nuove frontiere e linguaggi. Quella delineata da Dimora Artica, dunque, intende essere una mappa interstellare a più voci, che consenta al pubblico di orientarsi in questo territorio ancora sconosciuto e così ricco di potenzialità.  Si tratta anche di una raccolta di racconti, che ci ricorda altre guide redatte da esploratori, come le storie che Marco Polo riportava a Kublai Kan di ritorno dalle città invisibili.

Presso lo spazio di via Dolomiti, Andrea Arrigoni (1996) presenta “Behind the space” 1 e 2, quadri in acrilico dall’atmosfera sospesa, dove si succedono architetture metafisiche, forme estrapolate da un quotidiano portato al limite della stilizzazione anche attraverso il ricorso a una vivace gamma cromatica. Tali tavole architettoniche di un altrove monumentale si specchiano nei lavori di bn+BRINANOVARA (Giorgio Brina, 1993 – Simone Novara, 1994). Il duo artistico con la sua pratica transdisciplinare sfida e reinterpreta in chiave ironica archetipi culturali, trasformando particolari visivi, in questo caso un panneggio del pittore rinascimentale Bartolomeo Veneto, in ipotesi per nuove immagini dai preziosi riverberi luminosi. Accanto a loro vi sono i maestosi tulipani di Francesco Ciavaglioli (1983), interessato ai processi di riproducibilità tecnica e alla costruzione di paesaggi cristallizzati, dove i singoli elementi botanici sono catalogati e riallestiti in un concetto astratto di giardino. Ai dettagli, ma questa volta della natura, guarda Camilla Rocchi (1998) con i suoi Organismi Metamorfici, serie di piccole ceramiche che colgono l’essenza spirituale delle forme biologiche e popolano il pavimento bianco dello spazio espositivo.

Infine, vi sono le stampe di Nicola Gobbetto (1980) e gli enigmi di Iacopo Pesenti (1990). Il primo sovrappone a fotografie di statue classiche cerotti colorati laddove il marmo è scheggiato dal tempo, conducendo una riflessione tanto lucida quanto disincantata intorno a un ideale classico di bellezza e a una sua irraggiungibile ricostruzione. L’atmosfera rarefatta dei dipinti del secondo ritaglia un ulteriore spazio per la dialettica tra espressione vitale e idealizzazione mentale, aprendo a un altrove indecifrabile, dove forme nitide cercano di emergere da una cortina di inquietudini magiche e tensioni interiori.

“In mezzo a una terra piatta e gialla, cosparsa di meteoriti e massi erratici, vedevo di lontano elevarsi le guglie d’una città dai pinnacoli sottili, fatti in modo che la Luna nel suo viaggio possa posarsi ora sull’uno ora sull’altro, o dondolare appesa ai cavi delle gru […] Riconoscente la Luna ha dato alla città di Lalage un privilegio più raro: crescere in leggerezza”[1], dice Kublai Kan a proposito di un suo sogno notturno. Tra una pagina e l’altra, Marco Polo viaggia per le terre dell’Impero per redigere l’Atlante delle terre promesse e di quelle dimenticate. Allo stesso modo, Philipe J. Fry, evaso dal lunapark, corre sulla superficie lunare, inseguendo il ricordo delle sue aspirazioni di bambino. Noi, invece, ci lasciamo alle spalle la vetrina illuminata di Dimora Artica, consapevoli di aver compiuto, in un momento storico durante il quale anche la fantascienza cede alle urgenze delle crisi in atto, un viaggio nella leggerezza. A settembre i curatori del project space ci avevano espresso la volontà di puntare sui giovani per costruire iniziative solide protese al futuro. Oggi ribadiscono nei fatti tale intento, permettendoci inoltre di rispondere alla nostra domanda iniziale. Che si tratti dello spazio, della natura o delle frontiere del digitale, ci saranno sempre territori da esplorare; agli artisti e ai poeti spetta il compito di andare in avanscoperta e tracciare mappe interstellari che ci indichino la via verso nuovi orizzonti e linguaggi.

Marta Orsola Sironi

Info:

Lunar Stories
Artisti: Andrea Arrigoni, bn+ BRINANOVARA, Francesco Ciavaglioli, Nicola Gobbetto, Iacopo Pesenti, Camilla Rocchi
4 – 28 febbraio 2021
Dimora Artica
Via Dolomiti 11 Milano
Lunedì, martedì, venerdì, sabato, domenica h 16.00 – 20.00

[1] Italo Calvino, Le città invisibili, Oscar Mondadori, Verona 2010

Andrea Arrigoni, Behind the space 1 e 2, acrilico su tela, 2020

bn+ BRINANOVARA, Echo Fiction 5, legno, stucco poliestere, stucco epossifico, smalti, vernice acrilica fosforescente, 2020

Camilla Rocchi, Organismi metamorfici, ceramica, cera, pigmenti, 2020

Francesco Ciavaglioli, Tulipa, olio su tela, 2021

Nicola Gobbetto, You can fix it if it’s broken, but you can still see the crack (Male Torso) & (Young Satyr), stampe su carta fotografica satinata montata su alluminio, 2020

Iacopo Pesenti, Enigma, tecnica mista su tela, 2018


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