READING

Marco Emmanuele: poesia, un fare di carta

Marco Emmanuele: poesia, un fare di carta

A supporto della verità delle ricerche artistiche serve tenere  a mente l’assioma secondo cui l’opera, nonostante sia un sistema di relazioni, rimane un tentativo verso l’unico: tant’è che l’idea creativa può appartenere alla collettività, mentre l’immagine generata riguarda il solo artista[1]. Si tratta dell’esito di un’azione simbiotica tra la materia e il creatore, pertanto è un errore credere che le opere siano degli atti, bensì rappresentano  il risultato di un preciso avvenimento rispetto a quanto, nonostante la sua mutevolezza e il suo carattere incerto, appartenga all’autore. Perciò ogni opera racchiude una storia, in rapporto a un solo corso, quello tra l’artista, la sua sfera interiore e la radice della materia, elementi questi che devono necessariamente confrontarsi con le infinite interpretabilità negli occhi chi guarda. Proprio su tali ricche corrispondenze si sviluppa il progetto visitabile fino al 15 febbraio 2025, intitolato Testa salpa, che Marco Emmanuele (1986, Catania) ha ideato per la galleria Operativa Arte Contemporanea di Roma. Quanto esposto fa emergere nuovi rapporti che l’artista instaura con il vetro e la carta, tanto da far affiorare la questione se il risultato di questa ostinata ricerca sfiori l’illusione di una retorica delle forme. Ebbene, nulla è più seducente e lontano da quella formalità, anzi il lavoro eseguito con lucida acutezza, ha permesso a Emmanuele di creare conformazioni estremamente plastiche e armoniose, ma al contempo ricche di ‘imprevisti’.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Le sculture vitree, fuse da Emmanuele nella fornace romana a Testa di Lepre, si distinguono per il loro carattere aleatorio: le imperfezioni della materia, come le bolle e i filamenti interni, sono generati da stati naturali che il vetro riciclato assume se portato in fusione a una temperatura superiore ai mille gradi. Tale aspetto di accidentalità caratterizza anche le Carte celesti, le cui scie tonali su carta Hahnemühle, sono state tracciate da lumache che hanno attraversato il supporto acquarellato. Tant’è che quanto esposto si pone come un felice incidente della materia rispetto a fattori esogeni ed endogeni. Tale eventualità deve intendersi non come la casualità di un atto eseguito in assenza d’intelletto, bensì quale avvenimento nel contesto della rara abilità dell’artista di generare imperfezioni in quanto preziose aggiunte. Per meglio intenderci, in questo progetto Emmanuele dimostra di avere la capacità di abitare due mondi contemporaneamente, facendone combaciare le diverse visioni, così quanto esposto non è mai quello che sembra. Tant’è che le opere in vetro, in saldo equilibrio su strutture di acciaio, se illuminate con luce radente, disegnano le ombre dei profili fisionomici dei poeti la cui lettura ha ispirato Emmanuele nella traccia del disegno racchiuso al loro interno. Tutte le opere, nel complesso, vivono di spinte opposte, la pesantezza dei vetri sono in rapporto con lo slancio della leggerezza dei metalli che li supportano, la disciplinata e metodica lettura di Emmanuele delle poesie si oppone alla libera e svincolata interpretazione visiva di queste fonti, infine la materia, è sì plasmata, ma risulta comunque una massa svincolata, viva e attiva.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Perciò è naturale che in Testa salpa emerga il carattere più raziocinante e pensoso della realizzazione intrapresa un anno fa da Emmanuele, che combina la lettura poetica, praticata sin dall’età di sedici anni e incentrata, da due anni a questa parte, su autori in prevalenza nazionali che affrontano il tema del mare. Pertanto, trattandosi di anni di paziente studio e approfondimento, sorge spontanea l’anima laboriosa del progetto, come un flusso naturale di azioni che hanno visto l’artista lavorare secondo due procedure: l’ininterrotta lettura di fonti poetiche, la loro interiorizzazione e l’avvento di una visione fissata su carta. Tale approccio non si discosta da quanto affermava Deleuze[2] circa la poesia, pertanto, anche Emmanuele la considera come la pratica simbolica per eccellenza: muovendosi al di là dell’apparenza, dà corpo a un pensiero in movimento incarnandosi in un oggetto sensibile.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Così è naturale che ogni scultura in forma di testa acquisisca un valore ulteriore, in cui la forma, senza adattarsi ad alcun senso specifico, non significhi più soltanto ciò rappresenta, ma intende alludere a qualcosa che va oltre l’apparenza. Perciò l’artista agendo con estrema mobilità – vuoi per il carattere d’imprevedibilità che caratterizza la materia di ogni opera, vuoi per il fatto che la poesia non venga considerata come una semplice operazione del linguaggio – risulta capace di rompere, disattivare e rendere inoperose le funzioni comunicative e informative delle fonti poetiche, per aprirle tutt’altro, a un nuovo possibile uso.[3] A questo punto c’è da domandarsi quale sia il nuovo scopo della poesia per Emmanuele, se non quello di far germogliare un limpido fare di carta, in cui la poesia, in forma di quanto vi sia di più puro nella scrittura, faccia emergere le relazioni tra i concetti d’espressione, comunicazione e visione.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Proprio da questo dubbio risulta che l’intero progetto è frutto di un’impostazione di spirito, un’azione tanto profonda quanto giocosa, valevole nella sua capacità di parlarci con tanta forza nella proiezione della virtualità di un foglio bianco. D’altronde, il titolo Testa salpa – in ricordo dell’usanza degli antichi romani di mangiare il pesce per avere degli effetti allucinatori, altrimenti allusione dell’immagine di una testa in fase salpante – rivela quanto per Emmanuele nella pratica sia importante il gioco, inteso non come azione utile a divertire, bensì quale elemento di mistero, come stimolo del pensiero in cui la parte più razionale cessa di esistere. Inoltre, la mostra caratterizzata com’è da diversi stati di lavorazione tecniche è ovvio che sveli l’evoluzione di Emmanuele in relazione alla trasformazione dei materiali stessi. Proprio quest’ultimo aspetto, che risulta eccessivamente sottolineato dalla critica, si rivela secondario. Ogni opera, infatti, a prescindere dalla tecnica utilizzata, è la risultante di un esperimento stabilente interazioni visive, relazioni chimiche e strani stati di equilibrio. Cosicché l’opera per Emmanuele non è il frutto di una maestria tecnica o di un’azione d’inerzia, bensì la somma di ideazioni pratiche sovrapposte sulla superficie lisca o rugosa della carta oppure sul volume e sulla densità del vetro.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Da ciò emerge il paradosso per cui l’elemento più minuto, esile e nascosto dell’intera mostra racchiude, in realtà, l’intera vita del progetto. In particolare, sono da notare con attenzione i disegni raccolti nelle teste vitree, in quanto solitarie e intime pulsazioni utili a coniugare poesia e visione. Sebbene le carte non presentino alcuna decifrazione chiara e immediata, esibite come sono in uno spazio tridimensionale, non risultano piatte, livellate, rigorose e fredde, bensì alla vista di chi le osserva sono una materia viva per un sogno recondito. Perciò sono proprio i piccoli disegni a stimolare interesse: opere eseguite con il minimo dei mezzi, senza l’uso di particolari artifici tecnici, tracciati con poche linee di grafite, nel silenzio di un foglio bianco, sono visioni istantanee che parlano intensamente allo spirito di Emmanuele.

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, Ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Marco Emmanuele, “Testa salpa”, installation view, courtesy Operativa Arte Contemporanea, Roma, ph. credit Eleonora Cerri Pecorella

Sono proprio queste scelte che fanno affiorare con intensità il peso e lo studio della ricerca, sì da essere il punto di partenza e la futura apertura dell’intero progetto. Così Emmanuele, individuando il valore e la potenzialità di una pagina bianca in apparenza insignificante, riconosce le potenzialità della materia tutta, soprattutto in riferimento al vetro e alle diverse qualità della carta, da cui prendono corpo e significato visioni interiori raggianti di calore e libertà.

Maria Vittoria Pinotti

[1] Henri Focillon, Vita delle forme, seguito da Elogio della mano, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2002, p. 3
[2] Gilles Deleuze, Immanenza. Una vita…, Mimesis Edizioni, 2010, Milano, p. 24
[3] Giorgio Agamben, Che cos’è l’atto di creazione, in La mente sgombra, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2023, p. 240

Info:

Marco Emmanuele. Testa salpa
Operativa Arte Contemporanea
30/12/2024 – 15/02/2025
Giovedì e venerdì dalle 16.00 alle 19.00 o su appuntamento
www.operativa-arte.com
Via del Consolato 10, 00186, Roma


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.