C’è sempre un momento in cui ti fermi e ti chiedi da dove viene tutto questo. Non parlo solo della tua vita, delle scelte giuste o sbagliate, ma proprio dell’origine: di come siamo arrivati qui, di cosa ci ha messi al mondo.È una domanda che si ripresenta ogni volta che ti trovi davanti al tema della maternità, che non è mai solo una faccenda privata, biologica, domestica, ma una forza ancestrale che tocca la collettività, la memoria, persino il mito. Ad Atipografia, ad Arzignano, provano a raccontarlo con Matermània/Matermanìa, prima tappa di una trilogia che ha l’ambizione di guardare dritto al cuore della tridimensionalità umana. Elena Dal Molin e Marco Mioli l’hanno costruita così, come un dialogo tra sei artisti che hanno scelto la materia (cera, alabastro, argilla, metallo, carta) come se fosse l’unico modo per non tradire la gravità del tema. Perché il sacro, in fondo, non è una categoria persa nelle cattedrali, ma una piega sottile che si nasconde nei gesti di tutti i giorni, nell’atto di dare vita, nel mettere al mondo.

AA.VV.,”Matermània/Matermanìa”, installation view at Atipografia, Arzignano (VI), ph. courtesy Atipografia
E qui viene in mente un pensiero di Simone Weil, quando scriveva che l’attenzione è una forma rara e purissima di preghiera. Le opere in mostra hanno questa qualità: sono attente, si prendono cura della materia e, attraverso di essa, ci obbligano a rallentare, a stare. Gregorio Botta, con la sua cornice in cera che racchiude l’alabastro, crea una specie di annunciazione laica: niente figure, niente aureole, solo lo spazio del dono, del contenere e dell’offrire. Marta Allegri porta invece il parto come simbolo universale, radice di ogni nascita, e qui si sente l’eco di Hannah Arendt, quando dice che la politica nasce con l’azione di mettere al mondo qualcosa di nuovo. Poi c’è Diego Soldà, che ha lavorato per anni stratificando colori fino a ottenere Madre, una scultura a spirale che sembra una conchiglia, la forma stessa del tempo che gira su sé stesso. Guardandola ti viene in mente che anche noi siamo strati, ripetizioni quotidiane che costruiscono qualcosa di unico.

AA.VV.,”Matermània/Matermanìa”, installation view at Atipografia, Arzignano (VI), ph. courtesy Atipografia
Zeljana Vidovic, con le sue ceramiche, racconta invece la metamorfosi interiore della maternità, mentre Stefano Mario Zatti ha scelto un gesto rituale: disegnare la sagoma del figlio a ogni luna piena, una cronaca intima che diventa cosmica. Chiude il percorso Mats Bergquist, con le sue superfici a encausto, che parlano di vuoti e pieni, di presenze silenziose che chiedono ascolto. È come se in fondo la maternità fosse sempre questo: un alternarsi di vuoto e pieno, di spazio che accoglie e di spazio che lascia andare. Il titolo della mostra viene dalla Grotta di Matermania a Capri, dedicata a Cibele, la Magna Mater. Non un dettaglio, ma un richiamo forte: la maternità come caos creativo, come forza generativa che non puoi contenere. Nietzsche avrebbe detto che lì si gioca la lotta tra apollineo e dionisiaco, tra forma e caos. E allora capisci che questa mostra non è una celebrazione rassicurante, ma una resistenza: contro un mondo che diventa bidimensionale, che cancella il sacro insieme alla superstizione, che ha paura dell’estasi e della gloria.

AA.VV.,”Matermània/Matermanìa”, installation view at Atipografia, Arzignano (VI), ph. courtesy Atipografia
Camminando tra le opere ti accorgi che la maternità, qui, non è ridotta a funzione biologica ma è raccontata come atto collettivo, come primo gesto politico. Un modo per dire che la nascita non appartiene solo a chi la vive, ma è di tutti: un legame che fonda società, crea cosmogonie, apre possibilità. E quando esci da Atipografia, con ancora addosso l’odore della cera e dell’argilla, pensi che forse il senso è proprio questo: ricordarci che esistere non è un fatto individuale, che tutto quello che siamo è intreccio, generazione, dono. In fondo, come scriveva Plotino, «noi non generiamo per noi stessi, ma per la totalità del cosmo». E magari è proprio vero che il primo atto di resistenza, oggi, è dare alla luce.
Info:
Matermània/Matermanìa
Artisti: Marta Allegri, Mats Bergquist, Gregorio Botta, Diego Soldà, Zeljana Vidovic e Stefano Mario Zatti
A cura di Elena Dal Molin e Marco Mioli
03/10/2025 – 24/01/2026
Atipografia
Piazza Campo Marzio, 26 – Arzignano (VI)
https://www.atipografia.it/

Artista e curatore indipendente. Fondatore di No Title Gallery nel 2011. Osservo, studio, faccio domande, mi informo e vivo nell’arte contemporanea, vero e proprio stimolo per le mie ricerche.



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