La questione del rapporto tra artificio e natura, così centrale nelle riflessioni filosofiche contemporanee, trova in Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) un interprete capace di tradurre complessità teoriche in dispositivi visuali di grande efficacia evocativa. A Palazzo Bentivoglio, istituzione culturale privata bolognese nata dal desiderio dei proprietari di condividere la loro collezione attraverso uno spazio sotterraneo dedicato alle mostre temporanee, una window gallery (garage BENTIVOGLIO) e una biblioteca aperta su appuntamento, l’artista ha realizzato una versione installativa del film IΚΑΡΟΣ (Icarus), concepita per espandere la sua già articolata interrogazione dei confini tra documentazione scientifica e narrazione mitologica, tra osservazione naturalistica e costruzione culturale del significato.

Giorgio Andreotta Calò, “ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)”, Palazzo Bentivoglio, Bologna, ph. Carlo Favero, courtesy Palazzo Bentivoglio
All’interno di un padiglione a vetri collocato nel giardino pensile di recente acquisizione, Andreotta Calò attiva un’esperienza che procede per stratificazioni temporali e simboliche: il film, girato nel 2020-21 in un impianto abbandonato per l’allevamento di lepidotteri nei Paesi Bassi, in questa sede proiettato su uno schermo che occupa un’intera parete, trova la sua naturale espansione performativa nell’installazione di settanta bozzoli di falene destinati a completare lì dentro la loro metamorfosi durante i giorni dell’evento. La scelta di utilizzare uno spazio in disuso, anch’esso prossimo alla demolizione, riverbera le dinamiche di trasformazione e transitorietà al centro della ricerca dell’artista. L’impianto concettuale dell’opera deriva dalla sovrapposizione tra due sistemi di riferimento in apparenza distanti: da un lato la rigorosa osservazione entomologica condotta dall’esperto Enzo Moretto e dal giovane autodidatta Bart Coppens, dall’altro la rielaborazione del mito ovidiano di Dedalo e Icaro attraverso la lettura recitata delle Metamorfosi. In questo processo di ibridazione tra sapere scientifico e dispositivo narrativo archetipico, Andreotta Calò riflette su come la nostra percezione della natura sia mediata da costrutti culturali, da sistemi di codificazione che traducono l’esperienza sensibile in categorie interpretative predeterminate.

Giorgio Andreotta Calò, “ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)”, Palazzo Bentivoglio, Bologna, ph. Carlo Favero, courtesy Palazzo Bentivoglio
La presenza fisica dei bozzoli, misteriose entità in quiescente trasformazione, introduce una dimensione di imprevedibilità nella predeterminazione del dispositivo cinematografico, generando quella che potremmo definire un’esperienza espansa, dove la temporalità lineare della proiezione si sincronizza con i ritmi biologici della metamorfosi. L’opera, dunque, non si limita a rappresentare il processo di trasformazione, ma lo incorpora, facendo del tempo dell’esposizione il tempo stesso del divenire biologico. Significativa appare la scelta delle luci al vapore di mercurio, che simulano la frequenza luminosa lunare utilizzata dalle falene per l’orientamento durante le migrazioni notturne. Questa precisione tecnica testimonia l’attenzione dell’artista per gli aspetti fenomenologici dell’esperienza animale, ma al contempo richiama il nucleo tragico del mito: come Icaro viene ingannato dalla vicinanza al sole, così le falene possono essere disorientate da fonti di luce artificiali che ne compromettono le capacità di sopravvivenza e adattamento all’ambiente. L’installazione si configura quindi come spazio liminale dove attrazione e perdizione, orientamento e smarrimento si intrecciano in una dialettica che attraversa tanto la dimensione biologica quanto quella simbolica.

Giorgio Andreotta Calò, “ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)”, 2020-21, 30’23”, film still, courtesy of the artist
Il rapporto maestro-apprendista che struttura la narrazione filmica eccede l’asettico trasferimento di competenze tecniche per investire questioni più profonde, legate alla trasmissione culturale e alla costruzione dell’identità. Il dialogo tra l’entomologo esperto e il giovane si sostanzia di una riflessione sui processi di apprendimento che procede per mimesi e identificazione, dove la conoscenza si sedimenta attraverso pratiche corporee e rituali relazionali che ricordano le dinamiche iniziatiche delle società tradizionali. A questo modo, la dimensione scientifica dell’osservazione entomologica si carica di valenze antropologiche, interrogando i meccanismi attraverso cui le comunità umane organizzano e trasmettono il sapere. La presenza simultanea del film, dei bozzoli e poi delle effimere falene (specie da allevamento progettate in laboratorio per l’industria tessile, prive dell’apparato buccale per alimentarsi e funzionali solo alla loro stessa riproduzione) genera uno sdoppiamento che problematizza la relazione tra documentazione, rappresentazione e presenza. I visitatori si trovano immersi in un ambiente dove la proiezione delle immagini registrate nel capannone olandese si sovrappone alla possibilità di assistere in tempo reale alle nascite dei lepidotteri: innestando l’esperienza percettiva presente su un passato documentato, l’opera sottolinea come ogni atto di osservazione sia contaminato in partenza da tracce mnemoniche e proiezioni immaginative.

Giorgio Andreotta Calò, “ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)”, 2020-21, 30’23”, film still, courtesy of the artist
L’apertura al pubblico dello spazio espositivo al crepuscolo introduce, inoltre, una suggestione rituale che richiama le valenze magiche e iniziatiche tradizionalmente associate alla metamorfosi. La scelta di rendere l’opera fruibile soltanto al calare del sole, oltre a essere funzionale all’ottimale visibilità del film in una stanza di giorno inondata dalla luce naturale, sincronizza l’esperienza del visitatore con i ritmi circadiani degli organismi coinvolti, creando una temporalità condivisa che favorisce forme di empatia interspecie di rado sperimentabili nei contesti urbani contemporanei. Al contempo, la dimensione notturna, consustanziale ai momenti di transizione, evoca una condizione percettiva liminale attivando modalità sensoriali differenti e aprendo spazi di indeterminazione dove il confine tra reale e immaginario si fa più poroso. La riflessione sulla natura addomesticata parte da un aspetto cruciale dell’operazione: le specie utilizzate nell’installazione sono tutte di allevamento, organismi che hanno perduto la capacità di sopravvivere in ambienti naturali e che esistono solo all’interno di circuiti produttivi umani. Questa condizione di artificialità biologica solleva interrogativi inquietanti sui processi di domesticazione che hanno sovvertito gli ecosistemi terrestri, generando forme di vita ibride, refrattarie alle tradizionali distinzioni tassonomiche.

Giorgio Andreotta Calò, “ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)”, Palazzo Bentivoglio, Bologna, ph. Carlo Favero, courtesy Palazzo Bentivoglio
Le falene nate durante l’esposizione sono destinate a una vita brevissima, priva delle possibilità che caratterizzerebbero la loro esistenza in contesti naturali. Questa precarietà vitale (a questo punto verrebbe da dire esistenziale) conferisce all’installazione una struggente tragicità, in cui si riverberano le contraddizioni etiche dei nostri rapporti con le altre specie viventi, rivelando come la nostra fascinazione estetica per i processi naturali sia spesso fondata su forme di controllo e manipolazione che negano l’autonomia ontologica degli organismi coinvolti. Da questo punto di vista, ΊΚΑΡΟΣ (Icarus) trascende la dimensione finzionale della rappresentazione artistica per configurarsi come interrogazione filosofica sui limiti e le responsabilità dell’azione umana in un mondo dove la separazione tra natura e cultura si è ormai definitivamente dissolta.
Info:
Giorgio Andreotta Calò. ΊΚΑΡΟΣ (Icarus)
11-21/05/2025
Orari: mercoledì-sabato, 20.00-23.00
Palazzo Bentivoglio
via del Borgo di San Pietro 1C – Bologna
www.palazzobentivoglio.org
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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