Eccessiva, barocca, surreale, postmoderna, viscerale, iperbolica, caustica: questi sono solo alcuni degli aggettivi che si potrebbero utilizzare per descrivere la produzione artistica di Mika Rottenberg (Buenos Aires, 1976. Vive e lavora a New York), in mostra al MAMbo fino al 19 maggio. L’artista, protagonista a Bologna della sua prima personale in un’istituzione museale italiana a cura di Lorenzo Balbi, concepisce complessi apparati video-architettonici che costringono il visitatore ad assecondare con i propri movimenti corporei le restrizioni ambientali imposte dall’allestimento, esattamente come i personaggi dei video sono relegati in ambienti angusti e stipati di oggetti. Il suo lavoro è incentrato sulla critica del consumismo e della sovrapproduzione globalizzata ed enfatizza con disincantato umorismo i processi di seriali, solitamente delocalizzati e occultati, che concorrono alla fabbricazione dei prodotti che ingombrano la nostra quotidianità. La vocazione ambientale e immersiva delle sue opere abolisce la distanza tra lo spazio vitale dello spettatore e il visionario limbo abitato dalle sue creature, anch’esse esorbitanti eccezioni, con le quali scatta un’immediata identificazione.
I soggetti dei suoi racconti sono personaggi femminili fisicamente esagerati e trasgressivi rispetto agli standard dell’accettabilità, espressione di un’indomabile alterità che amplifica per contrasto l’assurdità dell’omologazione di massa su cui si fonda il nostro concetto di normalità. I video e le corrispondenti ambientazioni ci introducono in un dedalo di universi interconnessi in cui ridondanti apparecchiature meccaniche azionate da schiavi umani che manovrano carrucole, pulegge, piani girevoli, ventilatori, pistoni e catapulte per realizzare oggetti alchemici e inutili. Mescolando riprese documentarie e finzioni in un amalgama esplosivo, l’artista esplora la seduzione e la disperazione della società iper-capitalistica in disorientanti messe in scena in cui gli elementi magici e le logiche sghembe dell’assurdo appaiono paradossalmente più sane delle reali esasperazioni della gig economy.
Varcata la soglia della Sala delle Ciminiere del MAMbo, dopo aver attraversato un’anticamera in cui una mano guantata rompe senza sosta lampadine colorate sopra la nostra testa in un caleidoscopico dripping (Untitled Ceiling Projection, 2018), ci addentriamo guardinghi in un inquietante spazio vuoto i cui punti cardinali sono contrassegnati da piccoli incubi da parete. Incastonate nel muro, troviamo alcune sculture-feticcio che presentano frammenti di corpi femminili animati da improbabili movimenti meccanici: due teste dai lunghi capelli ondeggiano a scatti mimando una danza vagamente sessuale, mentre uno spaventoso dito medio adunco esegue un’impossibile rotazione a 360°. L’enfasi è posta sull’artificio, che risalta sia nella stereotipata ripetizione del movimento che nell’ostentazione dell’aspetto sintetico di capelli, unghie e pelle.
In Smoky Lips (Study #4), opera prodotta in occasione della mostra, vediamo invece una bocca carnosa e rossa all’interno della quale possiamo sbirciare con voyeuristico piacere un video in miniatura dove bizzarri personaggi appaiono e scompaiono nella sala d’attesa di un hotel kitsch. Il vapore che accompagna la loro manifestazione è lo stesso che esce dalla bocca applicata alla parete e che rende ancora più proibita e disagevole l’intrusione dello sguardo nella scena. In questa miniatura si possono notare alcuni capisaldi dell’architettura mentale di Mika Rottenberg, che immagina sempre ambienti contigui collegati da condotti d’areazione tra cui s’instaura un gioco di vasi comunicanti attraverso i quali il passaggio di liquidi, effluvi e oggetti stabilisce precise corrispondenze tra situazioni apparentemente irrelate.
Gioca molto su questi aspetti il video Cosmic Generator (2017), al quale si accede oltrepassando una scintillante cortina di cordoni sfrangiati che riprende nella realtà una delle ambientazioni filmate. L’opera è incentrata su un ipotetico tunnel clandestino che collega il Dragon Restaurant, un ristorante ubicato al confine tra Messico e California, e un enorme magazzino cinese, in ogni stanza del quale vediamo donne annoiate e nullafacenti sopraffatte da accumuli di merce inutile. L’incontrollabile produzione della futilità a poco prezzo viene qui messa in relazione con il desiderio di fuga attraverso il confine, una fuga iperbolica che conduce ad un nuovo inferno di plastica.
In Bowls Balls Souls Holes (2014) una complessa catena di montaggio collega invece una sala da Bingo a un cubicolo sotterraneo in cui Gary “Stretch” Turner, l’uomo con la pelle più elastica del mondo, ad ogni strike riceve una molletta da bucato da appuntarsi al volto, fino alla completa deformazione e disumanizzazione della propria identità. Anche in questo caso le demiurghe dell’azione sono donne robuste e minacciose, in riferimento alle quali Germano Celant ha definito “macchine nubili” gli elaborati meccanismi concepiti da Mika Rottenberg, che rileggono in chiave umorale e corporea il simbolismo concettuale delle macchine celibi di Duchamp.
Ancora più labirintico, il set di NoNoseKnows (2015), preceduto in mostra da una stanza che introduce il visitatore in uno dei mondi paralleli che si vedono nel video, mette in relazione il lavoro quotidiano di una donna occidentale impegnata ad annusare fiori per sternutire ed espellere dal proprio naso piatti di cibo orientale, con la produzione delle perle d’acqua dolce nella provincia di Zhuji in Cina. Anche qui troviamo una sovrapposizione gerarchica tra una zona superiore, asettico fabbricato metropolitano illuminato artificialmente, e un sottosuolo in cui si svolge senza sosta il lavoro meccanico e reale di giovani donne incaricate di selezionare le perle e di inserire nelle ostriche vive innesti che le sollecitano a produrre uno strato di madreperla. Il contatto tra le due realtà è stabilito da un rudimentale apparato di ventilazione che le operaie al richiamo di un campanello devono azionare per indurre lo sternuto della protagonista e da una strana bacinella collocata nella sua stanza, dalla quale spuntano i piedi nudi e capovolti di una lavoratrice addormentata del piano inferiore.
Tutto potrebbe collassare da un momento all’altro e il sopra potrebbe diventare il sotto, ma la forza di coercizione e coesione del sistema dominante è più forte di ogni deroga al protocollo e i piedi della ragazza inoperosa vengono innaffiati, come per spegnerne le velleità, dalla corpulenta protagonista quando si accinge a lasciare il proprio ufficio. Se il sonno, una delle poche attività improduttive della società capitalistica, è una temporanea astensione destinata a essere riassorbita dalla filiera di montaggio, l’unico elemento veramente incontrollabile in una società dove i corpi funzionano come macchine e le macchine assumono valenze umane è proprio la costante crescita della produzione, come dimostrano le imprevedibili conseguenze di un semplice sternuto.
Info:
Mika Rottenberg
31 gennaio – 19 maggio 2019
a cura di Lorenzo Balbi
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni 14 Bologna
Mika Rottenberg, Ponytail (Orange), 2018 Capelli, sistema meccanico Dimensioni variabili Veduta di allestimento presso MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2019 Photo credit: Giorgio Bianchi | Comune di Bologna Courtesy Collezione Scott e Margot Ziegler Opera prodotta con il sostegno di: Goldsmiths Centre for Contemporary Art, Londra; Kunsthaus Bregenz; MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Mika Rottenberg, Smoky Lips (Study #4), 2018-19 Video installazione a canale singolo Dimensioni variabili Veduta di allestimento presso MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2019 Photo credit: Giorgio Bianchi | Comune di Bologna Courtesy l’artista e Hauser & Wirth Opera prodotta con il sostegno di: Goldsmiths Centre for Contemporary Art, Londra; Kunsthaus Bregenz; MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Mika Rottenberg, Cosmic Generator (video still), 2017 Installazione video a canale singolo con sonoro 26’ 37” Sei edizioni con una variante dell’artista Dimensioni variabili Courtesy per l’immagine: l’artista Courtesy per l’opera: l’artista e Hauser & Wirth
Mika Rottenberg, NoNoseKnows, 2015 Video e installazione scultorea 21’ 58” Dimensioni variabili Veduta di allestimento presso MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2019 Photo credit: Giorgio Bianchi | Comune di Bologna Courtesy l’artista e Hauser & Wirth
Mika Rottenberg, NoNoseKnows, 2015 Video e installazione scultorea 21’ 58” Dimensioni variabili Veduta di allestimento presso MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2019 Photo credit: Giorgio Bianchi | Comune di Bologna Courtesy l’artista e Hauser & Wirth
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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