Dopo la suggestiva personale dedicata all’americana Helen Frankenthaler, Palazzo Strozzi punta ancora su un’artista donna anticonvenzionale e coraggiosa, la britannica Tracey Emin (1963 Croydon, Londra), con la più grande mostra su di lei realizzata, dal titolo esplicito Sex and solitude che condurrà il visitatore in un viaggio autobiografico senza filtri, intimistico e a volte drammatico. Il percorso espositivo non segue un filo cronologico ma tematico e consta di sessanta opere che vanno dagli anni ‘90 ai giorni nostri, spaziando tra pittura, disegno, scultura, installazione, ricamo, fotografia e scritte al neon. Una sorta di immersione intimistica nelle pieghe dell’animo di Emin, in cui tele bianche come pagine di diario raccontano senza censure amplessi, violenze, memorie e dolore in quella che è una duplice messa a nudo, esteriore ed emotiva, del suo vissuto, quasi un flusso di coscienza, per mezzo di un linguaggio crudo e autentico, che trova corrispondenza nei segni perlopiù tormentati, inquieti, sinceri e poetici (a volte graffiati, colati, cancellati quasi fossero ripensamenti), che si missano a macchie di colore rasentanti l’astrazione in una estemporaneità compositiva sostanziata dall’improvvisazione, ma al contempo debitrice della lezione di maestri particolarmente amati quali Edvard Munch (suo argomento di tesi) ed Egon Schiele.

Tracey Emin, “Sex and Solitude”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025
I temi trattati riguardano l’amore e l’abbandono, il vitalismo e il ripiegamento, la vita e la morte; al centro, il corpo dell’artista insieme alle esperienze di vita vissuta come gli abusi sessuali subiti, le relazioni affettive conflittuali, il dolore provocato dagli aborti, la perdita della madre e la recente sfida legata a un tumore aggressivo che l’ha costretta a un arresto temporaneo del suo lavoro creativo. Ad aprire la mostra è il grande neon site-specific in un azzurro vivace posto sulla facciata bugnata di Palazzo Strozzi che riproduce la calligrafia dell’artista e che richiama il titolo in una dichiarazione d’intenti, o meglio anticipazione d’intenti, di quelli che saranno i concetti portanti dell’esposizione: il sesso vissuto nell’adolescenza in modo libero, istintuale, forma principe d’esplorazione e connessione con l’altro, subisce poi via via degli arresti lasciando il posto a periodi di castità e ripiegamenti, e la solitudine (ben diversa dall’isolamento), sofferta e rifiutata durante la giovinezza, poi cercata come ossigeno in quanto propedeutica all’atto creativo. Una “illuminazione poetica”, quella evidenziata dalle due parole chiave forgiate con i neon in cui la grafia diviene al tempo stesso affermazione e confessione attraverso l’uso di un materiale che, come osserva Arturo Galansino, curatore della mostra e direttore della Fondazione, è un “amplificatore emotivo”. Come aggiunge la stessa artista, il neon delle insegne luminose onnipresenti a Margate, la città di mare dove è cresciuta, è «legato a ricordi d’infanzia. (…) È scintillante, audace, vibrante, ha sempre avuto un fascino meraviglioso».

Tracey Emin, “Sex and Solitude”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025
Ma quella all’ingresso non è l’unica scritta al neon visibile in mostra. Tra le altre segnaliamo quella a inizio percorso dove il visitatore potrà apprezzare una installazione alta quattro metri e mezzo (Love Poem for CF): una poesia visiva fortemente evocativa composta per l’ex compagno, il gallerista Carl Freeman, i cui caratteri questa volta si tingono di un colore da sempre associato al femminile e all’amore innocente e puro, il rosa. In realtà, di scritte, o meglio di parole, è intessuto l’intero lavoro di Tracey a partire dai titoli evocativi, che ne amplificano il significato e si presentano come vere e proprie opere d’arte ab latere. Il monumentale bronzo I followed you to the end (2024), scultura in apparenza astratta, “montuosa”, che a una analisi più attenta si rivela essere un corpo di donna, mutilato e quindi incompleto, colto in uno stato di resa (una reinterpretazione a contrasto con l’impostazione tradizionale del bronzo celebrativo utilizzato per ritrarre figure eroiche maschili erette e dominanti), occupa il cortile rinascimentale: oltre 3, 5 tonnellate installate grazie a una gru che l’ha calato dall’alto del palazzo. Questo corpo ripiegato su sé stesso, a carponi, sintetizza la rabbia e l’abbattimento di chi ha coscientizzato una perdita, proprio come la materia greve e segnata che lo plasma, reduce di un feroce corpo a corpo su una superficie in cui sono rimaste le impronte di Emin nel modellare lo stampo d’argilla dal quale il bronzo è stato fuso.

Tracey Emin, “Sex and Solitude”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025
La stessa imponenza la ritroviamo nella scultura posta al piano nobile All I want is you, creata dopo la morte della madre, che riprende una figura femminile mentre sembra generarsi dalla massa magmatica che l’affianca. Figlie di questa modalità d’operare, ma che si discostano dalla bidimensionalità scultorea strabordante, la serie di corpi bronzei acefali dalle forme plastiche accolti in mostra (organismi in tensione, palpitanti, che addensano vitalismo e tragicità), in dialogo con i quadri in precedenza citati, così come i piccoli corpi bagnati da una patina in nitrato d’argento che li rende cangianti e preziosi. Costituisce un vero e proprio unicum nella produzione di Emin la raccolta delle cinque sculturine lattiginose candide ed eteree datate 2013, rappresentanti animali totemici e donne, accompagnate da brevi frasi ermetiche, incise su piedistalli rettangolari, nate in una fonderia a Long Island dove ha lavorato affiancata dall’artista francese Louise Bourgeois. La monografica ospita inoltre una selezione di dipinti di formato ridotto prodotti durante il Covid e dedicati alla madre scomparsa, in bilico tra riflessioni, ricordi e riconciliazione; e ancora, calicò e lavori in tessuto multicolor e floreali. In questi manufatti artistici traspare una certa artigianalità, conseguente anche alle origini dell’artista (suo padre era turco-cipriota e la madre inglese di discendenza rom) oltre che la volontà di scegliere un materiale “femminile” per tradizione. Su queste stoffe e trapunte patchwork solitamente associate alla domesticità, alla protezione e alla cura, vengono ricamati, spesso a contrasto, pensieri provocatori, crudi, disperati tra maternità negata, rifiuto, morte e invecchiamento. Chiude il percorso allestitivo un corpus di incisioni datate 2022, realizzate in seguito all’intervento chirurgico subito: opere cupe contrastate da bianchi puri dove Tracey si relaziona al suo corpo trasformato in un ritrarsi senza edulcorazioni.

Tracey Emin, “Sex and Solitude”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025
Palazzo Strozzi non ripropone la leggendaria installazione ready- made My Bed (il letto sgualcito dove Tracey ha vissuto per quattro giorni semicosciente in uno stato depressivo dopo la rottura di una relazione, circondato da pillole, mozziconi di sigarette, biancheria usata, bottiglie di alcol, fazzoletti e preservativi), una delle opere più rappresentative della Brit-Art, il cui ultimo collezionista Christian Duerckheim ha definito «una metafora della vita, un luogo in cui iniziano le sofferenze e muoiono le logiche». Esposta nel ‘99 presso la Tate di Londra, rese celebre l’artista candidandola al Turner Prize e facendole guadagnare l’epiteto di bad girl nella cerchia degli Young British Artists: un trampolino di lancio per quella che sarebbe stata la sua carriera in ascesa che l’ha vista, tra le altre, rappresentare il Regno Unito alla Biennale di Venezia nel 2007 e ricoprire dal 2011 la cattedra di Disegno alla Royal Academy di Londra. Manca all’appello (scelta probabilmente obbligata e forse prevedibile visto che l’artista non volle più riprodurla dopo che fu distrutta nel 2004 durante l’incendio che colpì il magazzino della Momart del collezionista Charles Saatchi che l’aveva acquistata), anche l’iconica Everyone I Have Ever Slept With 1963-1995: una tenda da campeggio canadese dentro la quale la Emin aveva ricamato a mano i 102 nomi di tutte le persone con le quali aveva condiviso il letto: amanti, familiari, amici e i due figli abortiti.

Tracey Emin, “Sex and Solitude”, Palazzo Strozzi, Firenze, 2025. Photo Ela Bialkowska, OKNO Studio © Tracey Emin. All rights reserved, DACS 2025
È però presente la ricostruzione di quell’area di una galleria di Stoccarda che Tracey aveva eletto come studio temporaneo e in cui aveva lavorato alla performance Exorcism of the last painting I ever Made (1996), mettendosi letteralmente a nudo per tre settimane e mezzo (il tempo tra un ciclo mestruale e l’altro), creando opere ispirate a grandi artisti come Schiele, Klein, Picasso, sotto lo sguardo del pubblico, in un atto performativo, forte e significativo, in cui si poneva come soggetto e oggetto artistico, e insieme in una riappropriazione appassionata e intensa di quell’arte interrotta forzatamente durante la gravidanza a causa delle nausee provocate dai colori a olio e dalla trementina e dopo il trauma conseguente all’aborto. Un’arte come introspezione psicologica quella di Tracey Emin, salvifica, dal potere taumaturgico in grado di lenire, come se fosse un rituale, le ferite della vita, sublimarle, sino a renderle a volte vere e proprie esperienze corali di condivisione.
Info:
Tracey Emin. Sex and Solitude
A cura di Arturo Galansino
16/03/2025 – 20/07/2025
Palazzo Strozzi
Piazza Strozzi, Firenze
www.palazzostrozzi.org

Dopo studi classici, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, laureandosi in Storia del Cinema presso il DAMS Spettacolo e successivamente in Storia dell’Arte. Ha conseguito un Master in Comunicazione per le imprese culturali. Giornalista e critica, collabora con varie riviste cartacee e online specializzate nel settore artistico e culturale, tra cui Finestre sull’Arte, Segno, Exibart, Zeta-Rivista internazionale di poesie e ricerche, Punto e Linea Magazine, Gagarin Orbite Culturali. Ama l’arte in tutte le sue forme, prediligendo quella moderna, contemporanea e di ricerca.
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