Dall’accoglienza di un incontro intimo all’inquietudine del precipizio storico, Fondazione Bonollo a Thiene presenta un percorso in due atti, Rendezvous e 3rd Light. Corrispondenti rispettivamente alle opere di Nino Kapanadze (Tibilisi, Georgia, classe 1990, vive a Parigi), installate con la curatela di Marta Papini, e alla videoinstallazione di Paul Chan (Hong Kong, classe 1973, vive a New York) a cura di Chiara Nuzzi, le due mostre scandiscono lo spartito visivo di un ex monastero nel vicentino, riprendendo e insieme neutralizzando la sacralità di questo spazio.

Nino Kapanadze, “Rendezvous”, installation view a cura di Marta Papini, courtesy l’artista e C L E A R I N G, New York e Los Angeles
Oltrepassato il portone della Fondazione, ci si ritrova in una chiesetta sconsacrata che ha costituito un grande terreno di sfida per la giovane georgiana. Pensare a un’opera in grado di portare rispetto per il contesto di origini religiose e al contempo proporre una visione innovativa è il principio che ha dato vita a Tanto gentile e tanto onesta, una creazione sorta sul confine tra l’originaria radice sacrale e l’originale contributo dell’artista all’estetica contemporanea. L’installazione riprende, attraverso due lunghi teli di chiffon calati dalle finestrelle lignee del matroneo e fatti incontrare sul pavimento della cappella, il bacio di Gioacchino e Anna alla Porta d’oro, dipinto da Giotto (Cappella degli Scrovegni, 1303-1305) e ritenuto il primo bacio della storia dell’arte. I panneggi rievocano il rosso di marte e l’ocra dorato con cui sono vestiti i protagonisti della vicenda cristiana e, tinti a mano con pigmenti naturali, inaugurano l’atmosfera trasognata e sospesa che accompagnerà il resto delle opere esposte. Infatti, la tenerezza di questo incontro di tessuti e di figure, coronato da un giottesco tondo blu (Incontro) in posizione absidale, addolcisce lo sguardo dello spettatore e lo prepara alle successive tele di Kapanadze, dominate da colori di una trasparenza tipica delle pigmentazioni non artificiali e dalla libera dissolvenza del figurativo nell’astratto.

Nino Kapanadze, “Rendezvous”, installation view a cura di Marta Papini, courtesy l’artista e C L E A R I N G, New York e Los Angeles
Dopo una prima sala in cui, attraverso un mosaico di colori selezionati, ci è data la chiave cromatica per accedere al lavoro dell’artista, si entra in dialogo con grandi quadri le cui dimensioni a loro volta conversano in un gioco di esatta specularità con quelle del ciclo padovano (200 x 185 cm). Esili rami di un albero stagliati su un azzurro che per noi significa “cielo”, un uccellino dall’apparenza così fragile che sembra confondersi in un anonimo “paesaggio”, uno scontro in assenza di gravità tra scintille di fuoco freddo (il rendezvous astronautico), una sensuale orchidea che fuoriesce coraggiosamente da quella che il nostro occhio riconosce come “palude”. Il pennello di Nino stimola intuizioni spontanee, immergendoci nell’evanescenza di una luce sacra e rasserenante e «confonde l’aria con la terra, il fuoco con l’acqua, guidandoci in un mondo antico in cui tutto era uno», come scrive la curatrice.

Nino Kapanadze, “Rendezvous”, installation view a cura di Marta Papini, courtesy l’artista e C L E A R I N G, New York e Los Angeles
Dal fuoco fatuo dell’arte dolce e gentile della prima esposizione, ogni scintilla si spegne, l’ultima sala si fa buia e a illuminare il percorso resta solo 3rd Light, un’opera in cui la luce non è più sinonimo di romantica accoglienza ma, al contrario, di severa consapevolezza. Capitolo di una più ampia serie-video, l’installazione rievoca scenari apocalittici ma reali, quali l’11 settembre o la guerra in Iraq. Dall’immaginario della redutio ad Unum di Kapanadze si subisce uno straniamento verso il mondo oscuro e angosciante di Chan. L’artista cinese mette in scena una catastrofe permanente: il video scorre in loop e attraversa sfumature di colore differenti, la cui luce proiettata al suolo è di volta in volta “tagliata” da sagome di oggetti quotidiani o animali, in lotta con una forza di gravità ostile. Il video è ritmato visivamente da tre finestre rese con delle ombre, tanto immateriali quanto d’impatto, e da una tavola in legno (unico elemento fisico della serie) che ricorda, sovvertendone l’atmosfera, quella del Cenacolo vinciano. L’artista, dunque, crea secondo selezione e risemantizzazione: estrae dal flusso mediatico degli ultimi decenni alcuni stimoli visuali e li riconverte in uno spettacolo della morte dalle fattezze fluttuanti e oniriche – caratteri simili a quelli delle tele di Nino, seppur esercitanti un’agency decisamente opposta.

Paul Chan, “3rd Lightt” (from “The 7 Light”s, 2005–07), 2006, table and digital color video projection (silent, 14 min.), dimensions variable © Paul Chan Photo: Courtesy the artist and Greene Naftali Gallery, New York. Photo: Erika Barahona-Ede
Come afferma Nuzzi, la ripetizione delle immagini le rende inquietanti e insieme rassicuranti, come se non ci fosse una vera fine ma solo un eterno inizio. Lo spettatore che guarda verso l’abisso di 3d Light al culmine del percorso espositivo, si sente spaesato come sull’orlo di un precipizio e chiamato a riflettere sulle possibili narrazioni della luce – dal tepore dei panneggi di Nino ai movimenti siderali delle immagini di Paul – e delle relative ombre che, secondo Chan, non sono che «luce cancellata [light]».
Info:
Nino Kapanadze. Rendezvous | Paul Chan. 3d Light
08.03.25 – 24.05.25
Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo
Thiene (VI) – Via dell’Eva, 1
www.fondazionebonollo.com

Laureata magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, città dove tuttora vive, si è specializzata in estetica e critica del contemporaneo. Frequentatrice del mondo dell’arte e dedita alla ricerca, crede nel potenziale dello sguardo interdisciplinare, che intreccia il pensiero critico, tipico della formazione filosofica, e il potere comunicativo dell’arte di dare forma all’identità in divenire del proprio tempo.
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