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Nuovi lavori di Katarina Spielmann alla Galerie CHARIM di Vienna

Ci troviamo a Vienna, nel Freihausviertel, uno dei quartieri più interessanti della capitale austriaca, a meno di 800 metri da Santo Stefano e nei pressi del Naschmarkt, famoso mercato di Vienna, che parte dal palazzo della Secessione viennese. In questa zona, nel ‘700, si ergeva il teatro che ha ospitato la prima del “Flauto magico” di Mozart. Oggi è uno dei luoghi di incontro più vivaci ed interessanti della capitale, con il cinema più antico di Vienna, numerose gallerie, librerie, negozi di tendenza e ristoranti per ogni gusto.

Tra le numerose gallerie e luoghi d’arte troviamo anche la Galleria Charim, che vanta una interessante collezione di lavori dell’azionismo viennese e quindi opere di artisti come Otto Muehl, Günter Brus ed Hermann Nitsch. Charim è stata inoltre la prima galleria ad esporre le opere di una delle più interessanti artiste dell’avanguardia postbellica austriaca, Valie Export.

In uno spazio molto generoso di 300 metri quadri si alternano mostre collettive e personali che propongono quesiti sul ruolo dell’arte e su diverse tematiche politiche e culturali.

Questa volta nella galleria della Schleifmühlgasse è di scena l’artista di origine slovacca Katarina Spielmann, che vive e lavora a Vienna, allieva di Daniel Richter all’Accademia di belle arti di Vienna. Qui presenta la sua prima personale, omonima, dopo diverse mostre collettive tra cui:

2018 WAS MALEREI BEDEUTEN KANN (Cosa può significare la pittura) (Allievi di Daniel Richter) Galerie Evelyn Drewes, Amburgo / ZOTT Artspace, Monaco di Baviera
2018 NOG NOG, Universität für angewandte Kunst, Vienna
2017 MAD COW, SCAG contemporary, Vienna
2017 GELD (SOLDI) [“Almost there, baby”], Klasse Richter I Klasse Metzel, Akademie der bildenden Künste,Monaco di Baviera
2017 GELD, Klasse Metzel I Klasse Richter, Semperdepot EG Nord, Vienna
Art Fair: ART Cologne, 11 – 14 April 2019

All’Accademia la Spielmann è arrivata in età adulta, per consolidare quella che era già da tempo la sua arte, la sua ragione di vita.

Katharina, ricordi come hai scoperto la passione per la pittura:
Si, certo, ed è un fatto anche abbastanza curioso e risale alla mia infanzia. Nella mia cittadina c’era l’opportunità di giocare a tennis da tavolo e i miei genitori volevano assolutamente che io praticassi quello sport, che io però odiavo con tutta me stessa. L’unica cosa che mi affascinava erano gli ideogrammi cinesi stampati sulle scatole delle palline da ping-pong e così passavo ore a ricopiarle. Da allora non ho più perso la passione per il segno grafico, per il disegno e non perdevo occasione per affinare la mia tecnica. Ho sempre dipinto nella mia vita. Tuttavia la consapevolezza di farne il mio lavoro è maturato solo più tardi, per una fortissima necessità ed è così che ho deciso di iscrivermi all’accademia, dove sono allieva di Daniel Richter.

A chi ti ispiri?
Non posso dire di avere dei riferimenti molto precisi, ma certamente mi sono confrontata molto con l’espressionismo americano, con pittori come ad esempio Ellsworth Kelly o Baziotes.

Qui nella Galleria Charim presenti la tua prima personale, dopo diverse mostre collettive in Austria e in Germania. Quali sono state le tue sensazioni?
È stato un lavoro impegnativo, soprattutto per la tipologia di spazio che avevo a disposizione. Era uno spazio abbastanza stretto e lungo, in cui era difficile sistemare le opere. Ho visto la disposizione delle opere come una sfida. Ho iniziato ad appropriarmi dello spazio e a decidere come coinvolgere il pubblico, come ordinare con un certo rigore la sequenze di opere in questo spazio, creando un percorso di esperienze e un ritmo affidato alle opere.Il modo di sistemare le opere è parte integrante della mostra intende offrire al visitatore una chiave di lettura aggiuntiva.
Molte di queste opere le ho dipinte in campagna e risentono di quell’atmosfera, anche se derivano dalla dimensione urbana. Mi sono chiesta come potevo ridurre la natura in forme, estraendo dalla natura forme che appaiono come simboli. E così ho lavorato in riduzione di forma. Quello che vedo è veramente un fiore, è un seme o cos’altro? I colori che utilizzo sono molto poco naturali, mi interessa la materialità e così le mie opere danno l’effetto di essere stoffe che sono state colorate, quasi dei parati.

Quale tecnica utilizzi?
Non parlo mai volentieri di tecnica. La tecnica, per me, è in fondo solo un mezzo per arrivare all’espressione e possono essere differenti e cambiare nel tempo. Quello che forse posso dire è che utilizzo materiali che provengono dall’industria. Mi stacco dal classico dipinto a olio su tela per romperlo con elementi che non sono pensati per l’utilizzo in pittura. Materiali edilizi, solventi chimici che aggrediscono la tela. Alcune opere più piccole sono trattate con stucchi per l’edilizia e poi viene dato il colore a olio. Mi interessa creare questa rottura e sperimentare con questi materiali non convenzionali.

Cos’altro ti piacerebbe aggiungere per definire il tuo modo di lavorare e di essere artista?
Vi affido quanto ha scritto Max Henry, un critico d’arte che ha visitato la mostra e che ha scritto cose in cui mi riconosco molto:
“Ver Sacrum. Its strikes you, these pictures seem to have a will of their own morphing into the tranquility of a space-time vacuum where landscape, vegetation, and Homo sapiens converge. Dormant things awaken; motion is detected in the geological structures accrued in small relief works. Such autonomous studies are made with troweled plaster and thin washes of color accrued into sedimentations of a subdued palette. Expanded upon in numerous sized canvases with fine honed color, bundles and chords of bulbous shapes often suggest human torsos and bodily limbs. Lush solid plums, teal, and dark earthy greens counter the visible ground of fleshy Braque pinks. Stalks climb upwards in space like the stem of an exotic plant leaf, mushrooms poke through or beneath the overlapping imagery. Such forms of an imaginary tree of life are an astute reference to the early leaf drawings of Ellsworth Kelly, who unexpectedly informs her strange geometry…”

Info:

www.charimgalerie.at

Portrait of Katarina Spielmann by Nathan MurrelPortrait of Katarina Spielmann by Jakob Polacsek

Katarina SpielmannKatarina Spielmann solo show at Galerie Charim, installation view. Ph credits: Jakob Polacsek

Katarina Spielmann solo show at Galerie Charim, installation view. Ph credits: Jakob Polacsek

Katarina Spielmann solo show at Galerie Charim, installation view. Ph credits: Nathan Murrel


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