Un museo, innanzitutto, ha lo scopo di costruire una collezione. Non si stanca di ribadirlo Carolyn Christov-Bakargiev – direttrice del Castello di Rivoli fino alla fine del 2023 – nelle sue interviste, così com’era chiaro ai direttori che l’hanno preceduta: Rudi Fuchs, per primo, successivamente Ida Giannelli e poi Beatrice Merz con Andrea Bellini. Similmente a quanto avvenuto in occasione dei precedenti insediamenti, l’arrivo del nuovo direttore, Francesco Manacorda, coincide con l’allestimento di una grande mostra, Ouverture 2024, con lo scopo di rappresentare una collezione museale e dichiarare gli intenti per le sue future trasformazioni.

Ingela Ihrman, “Amorphophallus titanum (L’Aro titano)”, 2013. “Il panace gigante”, 2016. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Donazione Amici Sostenitori e Benefattori del Castello di Rivoli. Richard Long, “Cerchio di fango di Rivoli”, 1996. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Foto Ela Bialkowska OKNO studio
Inaugurata il 19 dicembre 2024, a quarant’anni dall’apertura del Castello di Rivoli (primo museo in Italia dedicato esclusivamente all’arte contemporanea), Ouverture 2024 riprende il titolo della mostra inaugurale curata da Rudi Fuchs nel 1984, richiamandone l’approccio programmatico: tracciare una visione del futuro. Se in quell’occasione si trattava di una lista ideale di opere candidate a formare la collezione museale, oggi, a distanza di quattro decenni, l’obiettivo è interrogarne criticamente il significato. L’idea di museo costruito in parallelo alla sua collezione, differenza principale con una kunsthalle – spazio espositivo votato esclusivamente alle mostre temporanee -, si riafferma con forza in questo anniversario. Ouverture 2024 non è una mostra tematica, ma un’emanazione pubblica della collezione. Al suo interno si riflettono chiaramente questioni urgenti e sviluppi possibili, intrecciando tendenze artistiche consolidate e gli ultimi acquisti effettuati dal museo, fra cui le opere selezionate durante l’ultima edizione di Artissima. Questa configurazione permette al museo di porsi come un’istituzione che abbraccia «modernità multiple e sistemi di conoscenza paralleli, non solo occidentali», riprendendo quanto descritto da Marcella Beccaria e Francesco Manacorda. Tale apertura si inserisce in una traiettoria che il Castello di Rivoli aveva già iniziato a tracciare con Carolyn Christov-Bakargiev, la quale aveva ampliato la portata storica della collezione attraverso l’inclusione della raccolta d’arte antica della Fondazione Cerruti, esposta presso Villa Cerruti; senza dimenticare la sua originale direzione congiunta con la GAM (Galleria d’Arte Moderna) di Torino. Oggi, questa visione si espande ulteriormente, favorita dal periodo di rinnovamento che Torino sta vivendo. Le recenti nomine di Chiara Bertola alla GAM e di Davide Quadrio al MAO (Museo d’Arte Orientale) hanno dato vita a un terreno fertile, in cui le direzioni dei tre musei si conoscono e dialogano per creare narrazioni più inclusive e meno occidentaliste.

Pierre Huyghe, “Un viaggio mai accaduto”, 2005, film Super 16 mm e video HD trasferiti su video HD, colore, sonoro, poster “Isla Ociosidad” stampato a getto d’inchiostro. 21 min. 41 sec., poster con cornice, 33,5 x 27,5 cm. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino in comodato da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Courtesy l’artista
Questo dialogo tra passato e futuro, istituzione e collettività, si esprime a pieno nei lavori esposti. Sono loro, infatti, a rendere tangibile la complessità delle urgenze attuali. All’ambiente e la crisi climatica sono rivolti i primi lavori esposti, arricchendo le tematiche di coabitazione e collaborazione di Mutual Aid, mostra temporanea in corso nella Manica Lunga. Richard Long dialoga con Ingela Ihrman. Il filo che li lega passa per il contatto con la natura, nella quale l’artista inglese amava camminare e dalla quale traeva il materiale per i suoi lavori. La materia organica è uno degli ingredienti comuni ai due artisti, il fango nella pittura parietale di Long e la farina di frumento nelle sculture botaniche di Ihrman. La delicata opera video di Anri Sala, If and Only If, accompagna il visitatore verso l’incontro successivo, quello fra Michelangelo Pistoletto e Roni Horn.

Roni Horn, “Acqua quieta. Il Tamigi, per esempio”, 1999 (dettaglio), stampa litografica su carta non patinata, 6 fotografie con testo, 77,5 x 105,5 cm ciascuna. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Foto Renato Ghiazza
Pistoletto, attraverso la suddivisione delle superfici specchianti in L’architettura dello specchio, proponeva un approccio che contrastasse la logica dell’accumulo e dell’esclusione. In opposizione, nell’opera di Horn Still Water. River Thames, for example, le acque nere del Tamigi, in cui è impossibile specchiarsi, diventano veicolo di un flusso di pensieri che si perde nella profondità del fiume. La riflessione che prende corpo – nella sua accezione anatomica – ed entra in rotta di collisione con una realtà vincolante, è al centro dei lavori di Sara Enrica. Recentemente entrata in collezione con una delle sue sculture in cemento, l’artista richiama partiture gestuali tipiche dell’iconologia del riposo, nonostante la durezza della materia grezza prescelta.

Anna Boghiguian, “I commercianti di sale”, 2015, vista dell’installazione, dimensioni totali determinate dall’ambiente. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, in comodato da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Foto Renato Ghiazza
Malgrado la distanza che li separa nella planimetria del Castello di Rivoli, Pierre Huyghe e Anna Boghiguian utilizzano metaforicamente la stessa lingua – adottando, nel pratico, il racconto finzionale quale strumento – per narrare due storie geograficamente agli antipodi. L’artista francese è presente al primo piano con un’opera filmica, A Journey That Wasn’t, incentrata sul viaggio in Antartide di un gruppo di studiosi, decisi a esplorare le terre emerse a causa dello scioglimento dei ghiacci. Il viaggio a cui fa riferimento l’installazione ambientale di Anna Boghiguian, The Salt Traders, è, per converso, quello intrapreso dai commercianti di sale. Secondo la narrazione immaginifica dell’artista egiziana, i resti del relitto, fatti risalire al 2300 d.C., a causa dello scioglimento dei ghiacci, diventano testimoni della politica del sale, prezioso conservante e moneta di scambio sin dai tempi di Alessandro Magno.

Maria Thereza Alves, “Una proposta di sincretismo (questa volta senza genocidio)”, 2018, ceramica, legno, cornice metallica, 270 x 260 x 100 cm. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, in comodato da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Foto Photo Renato Ghiazza
Il percorso espositivo si chiude con una riflessione sulle conseguenze del colonialismo. L’inamovibile stanza blu di Lothar Baumgarten, sulle cui pareti sono apposte piume di uccelli esotici e i loro nomi, rimanda all’appropriazione verbale operata dagli europei nell’America tropicale. Maria Thereza Alves, invece, dipinge le specie vegetali introdotte nel territorio italiano successivamente ai viaggi di Cristoforo Colombo. Infine, è Zhanna Kadyrova, artista di origini ucraine, a costringere il nostro sguardo sulle conseguenze della distruzione bellica. Una tavola imbandita di pane, scolpito nel granito e nel calcestruzzo, nasconde i resti degli edifici distrutti dai bombardamenti russi.

Zhanna Kadyrova, “Pane – Polonia”, 2022. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, in deposito da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. Zhanna Kadyrova, “Ansia”, 2023. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Donazione dell’artista. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Foto Ela Bialkowska OKNO studio
L’intenzione dell’originale Ouverture sopravvive nell’allestimento di oggi, con le sue libere associazioni e accostamenti inaspettati, preservando a Rivoli lo spirito di «[…] un castello con lavori diversi dove si può andare a passeggiare da una sorpresa all’altra[1]». Ouverture 2024 manda un chiaro segnale di resilienza, proponendosi come manifesto del museo d’arte: uno spazio capace di dialogare con un passato stratificato, rappresentato simbolicamente dalle mura barocche che ospitano la collezione, e di proiettarsi verso un futuro in cui diversità e sistemi di pensiero altri trovino una rappresentazione significativa.
Mattia Caggiano
[1] L. Curino, Un castello per 70 artisti. Intervista con Rudi Fuchs regista della mostra internazionale di Rivoli, in “La Stampa”, 13 dicembre 1984
Info:

Mattia Caggiano (Asti, 1999) è un giovane critico e teorico dell’arte, con base a Venezia e Torino. Il suo lavoro si concentra su temi legati all’installazione ambientale e all’interazione tra l’opera d’arte e il contesto circostante. Attraverso un approccio ricco di contaminazioni disciplinari, esplora le dinamiche estetiche e i dialoghi che emergono tra arte, ambiente e esperienza, contribuendo a una comprensione più profonda del panorama contemporaneo tramite ricerche a lungo termine riportate all’interno di saggi e pubblicazioni.
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