Pier Paolo Calzolari a New York

Pier Paolo Calzolari è uno dei pionieri dell’Arte Povera, presente fin dalle primissime mostre firmate da Germano Celant (si ricorda per esempio l’incredibile rassegna agli Arsenali di Amalfi del 1968: “Arte povera più azioni povere”, fortemente sostenuta da Marcello e Lia Rumma) e in seguito inserito nel libro in bianco e nero (testo capitale di quegli anni), pubblicato da Mazzotta Editore nel 1969, vero statuto ideologico di quegli anni tormentati. In quegli anni, le sue opere erano caratterizzate dall’uso di materiali insoliti o “extra-artistici” come il ghiaccio, la margarina, il piombo, le scritte al neon, con una preferenza per le relazioni che includevano il concetto della trasformazione.

Certo, gli anni passano, Germano Celant è deceduto, altri autori di quel movimento sono loro stessi venuti a mancare (da Mario Merz a Luciano Fabro a Jannis Kounellis) e quel sentire duro e ideologico si è un po’ stemperato. Bisogna anche dire che Calzolari (classe 1943) come età va avvicinato ad autori come Gilberto Zorio, visto che rispetto a questo è solo di un anno più vecchio, mentre la differenza di età, rispetto a Mario Merz era addirittura di diciotto anni, dato che quest’ultimo era nato nel 1925. Questo solo per dire che Celant non aveva voluto realizzare la “fotografia” di una generazione, ma con la sua lucidità intellettuale aveva stilato un manifesto programmatico nel quale aveva indicato i punti nodali di una poetica e chiamato a raccolta gli artisti del mondo occidentale. Ora tutto ciò è svanito, è svaporato, e questa mostra di Calzolari da Marianne Boesky Gallery ne è la testimonianza.

Anzi, oserei quasi dire che le opere qui presentate sembrano riallacciarsi, sul piano formale, addirittura, per visione e modo di guardare al mondo, alle opere pittoriche che Paladino e De Maria presentarono alla sezione Aperto della Biennale di Venezia, nel 1980. Ma l’aspetto che in questo caso ci permette il confronto è, ovviamente, solo epidermico. In realtà sotto la superficie pittorica delle opere di Calzolari si nasconde sempre l’aspetto alchemico o di trasmutazione dei materiali, pensiero a lui sempre caro. La trasmutazione accoglie in sé non solo l’aspetto del tempo, la considerazione del contingente, ma anche una vista allargata sulla natura come ambiente che riguarda tutti gli aspetti della vita, e cioè qualsiasi organismo vivente. In definitiva, la sua poetica viene a essere una sorta di proclama anti-antropocene ante litteram.

Di questa natura maltrattata dall’uomo, l’artista continua a incorporare elementi fatti di materia organica, come sale, piume, petali e foglie e conchiglie, mescolando questi elementi di vita con un sorprendente uso di polveri e pigmenti saturi nella loro acceso cromatismo. Il tutto conduce alla caducità, alle rifrazioni di luce, agli effetti di contrasti cromatici, tanto che vien da pensare a una pittura di istanza impressionista.

La mostra, dal titolo “Painting as a Butterfly”,  presenta più di trenta dipinti realizzati negli ultimi quattro anni nel suo studio di Lisbona, dove l’autore (pur nato a Bologna) abitualmente risiede. I soggetti di questo nuovo corpus di opere traggono sì ispirazione dalla natura (dato che raffigurano un lupo e fiumi che scorrono e corpi stellari), ma anche da annotazioni elegiache, come le scarpette sospese nello spazio. Va pure detto che questo appuntamento newyorkese segue quello della grande rassegna realizzata al Madre di Napoli, nel 2019 (8 giu – 30 set, a cura di Achille Bonito Oliva e Andrea Villani).

Per i più smemorati, ricordiamo che Calzolari, nella sua lunga carriera artistica, ha esposto alla Kunsthalle Bern (1969) nella mitica “Live in Your Head: When Attitudes Become Form (Works – Concepts – Processes – Situations – Information)” a firma di Harald Szeemann; e poi, nello stesso anno, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, in “Op Losse Schroeven, situaties en cryptostructuren”, grande evento curato da Wim Beeren.

Inoltre, il suo lavoro è stato proposto in una miriade di personali, e tra queste ricordiamo: Galleria Franco Toselli di Milano (1974); Galleria Emilio Mazzoli di Modena (1981); Galerie Nationale du Jeu de Paume, Paris e Castello di Rivoli (1994); Villa delle Rose, Bologna (1999); Giorgio Persano a Torino (1991); Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza (2003); Fondazione Maeght di Saint Paul de Vence (2008);  MAMbo di Bologna e Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia (2011); ICA Milano (2019).

Verena A. Lubitsch

Info:

Pier Paolo Calzolari, Painting as a Butterfly
18/03/2022 – 23/04/2022
Marianne Boesky Gallery
507/509 W 24th Street
New York, NY 10011
beryl@boeskygallery.com
212-680-9889

Pier Paolo Calzolari, Untitled, 2020, salt, pastels a l’ecu, oil pastels, tempera grassa, graphite, individual panels: 180 x 90 x 6 cm. Ph courtesy Marianne Boesky, New YorkPier Paolo Calzolari, Untitled, 2020, salt, pastels a l’ecu, oil pastels, tempera grassa, graphite, individual panels: 180 x 90 x 6 cm. Ph courtesy Marianne Boesky, New York

Pier Paolo Calzolari, Untitled [Little shoes], 2021, à l’écu pastels, gouache, plastic, colored thumbtacks, ox gall, 189.9 x 174.9 cm. Ph courtesy Marianne Boesky, New York

Pier Paolo Calzolari, Still Life, 2006, milk tempera, copper, iron, lead and refrigerator motor, 217 x 100 x 51 cm. Ph courtesy Marianne Boesky, New York


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