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Reggio Emilia sempre più capitale della fotografia...

Reggio Emilia sempre più capitale della fotografia contemporanea: “On Borders/Sui Confini” ai Musei Civici

Se è diffuso affermare che chi fotografa in Italia è un po’ figlio di Luigi Ghirri, occorre mettere la bussola in direzione Reggio Emilia, e precisamente al primo piano del Palazzo dei Musei Civici. Il visitatore si troverò di fronte a oltre 260 fotografie, frutto parziale dell’attività di 36 autori, italiani e stranieri, aventi lo stesso fil rouge di appartenenza: l’originale esperienza di indagine sulle trasformazioni del territorio emiliano portata avanti dall’Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea. Indagine che, non va assolutamente dimenticato, ha incarnato un progetto di committenza pubblica tra le più significative e che oggi è parte del deposito della collezione di Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea nella Fototeca della comunale Biblioteca Panizzi.

Bas Princen, dalla serie “Galleria naturale”, 2007, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

Bas Princen, dalla serie “Galleria naturale”, 2007, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

“On Borders/Sui Confini” è il titolo di questo imperdibile progetto che, nella terra e nei paesaggi dell’anima di Luigi Ghirri, ci conduce per mano in queste immagini che colgono un territorio al centro di profonde trasformazioni urbanistiche, paesaggistiche, umane e sociali. Curata da personalità di vasto curriculum fotografico come William Guerrieri e Ilaria Campioli, con il contributo professionale di un’archivista di settore come Monica Leoni, l’esposizione offre una panoramica molto ampia di soggetti e poetiche che valorizzano la tradizionale sinergia pubblico-privato del territorio emiliano, fornendo così un esempio di prassi utile da replicare. Continuando con i numeri è fondamentale, per orientarsi, segnalare che sono nove le sezioni in cui è suddivisa la mostra, di cui sette classicamente esposte, cui si aggiungono le due preziose aree dedicate a esempi di archivio e collezione del vastissimo materiale di Linea di Confine acquisito dal Comune di Reggio Emilia, promotore con i Musei e la Biblioteca dell’esposizione.

Olivo Barbieri, dalla serie “Cavriago”, 1991, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

Olivo Barbieri, dalla serie “Cavriago”, 1991, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

Raccontare in un contributo critico le 260 opere esposte è esercizio sicuramente tedioso per il lettore e quindi proveremo a fare una panoramica (a proposito di terminologia fotografica…) delle sette sezioni esposte a parete, premettendo sin da subito che l’archivio e la collezione offrono anch’essi spunti imprescindibili per capire cosa si cela dietro un progetto fotografico di spessore e rigoroso nel tema e nell’organizzazione. Tra le attività del sodalizio degli anni ‘90 spiccano i Laboratori di fotografia, di cui possiamo vedere una sintesi nella prima sezione della mostra, laboratori affidati a fotografi italiani come Guido Guidi e Olivo Barbieri, a europei come Michael Schmidt e statunitensi come Stephen Shore appartenenti alla corrente della “New Topographics/Nuovi Topografi”. Per i due fotografi italiani, possiamo citare rispettivamente l’impulso a documentare la trasformazione di luoghi fragili come gli alvei fluviali e le sponde di prossimità (Guidi con la sua ricerca sulle casse di espansione del fiume Secchia) e la luminosità che possono acquisire edifici di modesta qualità architettonica (con il viaggio di Barbieri a Cavriago). Correggio è stato invece il teatro concettuale dell’indagine di Schmidt mentre Shore ha ripercorso le tracce dei ‘poveri ma belli’ del connazionale Paul Strand che, a Luzzara e insieme a Cesare Zavattini, diede vita quattro decenni prima al progetto di valorizzazione delle classi subalterne.

Gilbert Fastenaekens, dalla serie “Fiorano Modenese”, 2000, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

Gilbert Fastenaekens, dalla serie “Fiorano Modenese”, 2000, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

Marc Augé, nella sua articolata definizione di non luoghi, affermava che essi non sono luoghi privi di presenze umane, bensì antropizzati ma non identitari, né relazionali e nemmeno storici. Prende le mosse da questo concetto l’antologia di immagini della seconda sezione, dedicata ai luoghi e ai non luoghi della via Emilia di inizio anni 2000. Molto interessanti le foto in mostra, tra le quali citiamo un’impressionante e futuribile visione delle casse di un ipermercato aperto in quegli anni, frutto dell’occhio di Olivo Barbieri, e la semplice ma non semplicistica codificazione GPS delle fotografie di Paola De Pietri che indaga un paesaggio apparentemente vuoto di riferimenti. Torna Olivo Barbieri anche nella terza sezione con una perturbante foto di interni di una fabbrica automobilistica: utilizzando la tecnica della messa a fuoco selettiva, il fotografo esalta un passaggio epocale – quello dell’introduzione della robotica – nel momento in cui sono visibili piante e decorazioni in un ambiente sempre più vuoto di presenza operaia. Siamo nella terza sezione, dal titolo di Work in Progress, che l’allora CPI di Modena volle tra le sue stanze.

William Guerrieri, Archivio Camera del lavoro, dalla serie “Work in Progress”, 2004, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

William Guerrieri, Archivio Camera del lavoro, dalla serie “Work in Progress”, 2004, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

A fare da contraltare allo spaesamento di Barbieri c’è un luminoso racconto per immagini scomposte di William Guerrieri, che ci mostra operai in marcia. Nel 2005, l’indagine verte sulla relazione medico-paziente all’interno dell’oggi ex Ospedale Sant’Agostino-Estense di Modena. Tra gli elementi significativi di questa sezione intitolata Luoghi della cura, c’è quello involontariamente predittivo e molto riflessivo di quanto sarebbe stata determinante questa relazione a partire dal febbraio 2020. A lungo termine è invece l’indagine sulla costruzione della linea ferroviaria alta velocità Bologna-Milano (2003-2009) e sull’impatto di un’opera così gigantesca su paesaggio e territorio. Magnifico è il racconto di John Gossage, “13 modi per perdere il treno”, un grande affresco in tredici stazioni, numerate da una a tredici e composto da un numero di fotografie pari al numero della stazione. Spiazzante, nell’ambito del concetto che sottende l’opera, è sin dall’inizio la prima stazione, composta da un’unica fotografia che ritrae un gruppo di partigiani deceduti durante la Resistenza. L’intero progetto, portato avanti da otto fotografi, è molto interessante e indaga in profondità come cambia la relazione anche tra gli assi stradali preesistenti alla costruzione del tracciato ferroviario e paralleli allo stesso.

John Gossage, dalla serie “13 modi per perdere il treno”, 2003; Paola De Pietri, dalla serie “seccoumidofuoco”, 2013, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

John Gossage, dalla serie “13 modi per perdere il treno”, 2003; Paola De Pietri, dalla serie “seccoumidofuoco”, 2013, ph. courtesy Associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea

La sesta sezione rimette al centro le relazioni umane di prossimità producendo una narrazione di qualità di uno dei vanti storici della regione emiliana-romagnola: il welfare. Attraverso l’occhio di cinque fotografi nasce così un racconto collettivo di alcuni dei contesti in cui la presenza pubblica è più che mai decisiva, come ad esempio le attività educative, quelle legate all’infanzia, le letture pubbliche nei luoghi d’ospedale, attività ludiche e centri sociali. La settima e ultima sezione è monoautoriale: Paola De Pietri, nell’estate del 2013, conduce alcuni sopralluoghi nel distretto della ceramica, creando una serie tematica, intitolata seccoumidofuoco che, già dal titolo mette insieme la ragnatela di relazioni e flussi che intercorrono tra le materie prime, le conoscenze e le competenze umane e l’uomo fisico in quanto artefice. La mostra è accompagnata dall’omonimo ed elegante folder, necessario per orientarsi nel labirinto di immagini e documenti d’archivio che occupano le nove sezioni in cui è suddivisa la mostra.

Info:

AA.VV. On Borders/Sui Confini
08/12/2024 – 23/03/2025
Palazzo dei Musei
Via Lazzaro Spallanzani, 1 – Reggio Emilia
www.musei.re.it


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