Nella pittura di Rovers Malaj – pittore albanese, classe 1995 – il linguaggio visivo si apre a una zona di incertezza, dove nulla è completamente detto, eppure tutto è implicato. Le immagini sembrano affiorare da una distanza indefinita, come se fossero state trattenute troppo a lungo prima di emergere. Nella personale presentata alla NAMI Gallery di Napoli, a cura di Massimiliano Maglione, l’artista costruisce un paesaggio mentale in cui ogni opera è un atto di ascolto, più che di esposizione. La tela non è superficie da occupare, ma spazio da abitare con cautela, uno spazio in cui la pittura non rappresenta, ma trattiene, come se stesse cercando di ricordare qualcosa che rischia costantemente di perdersi.

Rovers Malaj, “Velluto rosa”, installation view, NAMI Gallery, 2025, courtesy di galleria e d’artista
Malaj non dipinge per mostrare, ma per insinuare. La sua è una pittura del margine, dell’intervallo, dell’immagine che si fa e si disfa sotto i nostri occhi. I suoi soggetti – frammenti di realtà quotidiana, figure umane, elementi naturali – appaiono come emersi da un sogno interrotto. Non sono protagonisti, ma passanti. Più che raccontare qualcosa, stanno lì, in equilibrio tra l’essere e lo sparire. E nel farlo, ci costringono a sostare. Il colore gioca un ruolo determinante in questa sospensione. Quel rosa, che torna come un tono di fondo, un’atmosfera liquida, non è un semplice espediente cromatico. È una postura. Non addolcisce, ma filtra; non enfatizza, ma depista. È una pelle che ricopre la pittura e ne modifica la temperatura, rendendola ambigua, opaca, inafferrabile.

Rovers Malaj, “Velluto rosa”, installation view, NAMI Gallery, 2025, courtesy di galleria e d’artista
In questa rarefazione emotiva, ogni immagine sembra appena salvata da una dimenticanza imminente. Come se la pittura stesse lottando per tenere insieme qualcosa che il tempo e la memoria stanno già sciogliendo. Il rapporto tra titolo e immagine, in Malaj, è sempre spiazzante. C’è ironia, certo, ma mai fine a sé stessa. I titoli diventano dispositivi di slittamento, elementi che rompono l’interpretazione univoca. Così l’opera si apre, scivola via da ogni tentativo di incasellarla. È proprio in questa leggerezza calibrata – che non è superficialità, ma cura del silenzio – che la pittura ritrova una possibilità d’esistenza oggi: non come racconto, ma come esperienza percettiva e affettiva.

Rovers Malaj, “Velluto rosa”, installation view, NAMI Gallery, 2025, courtesy di galleria e d’artista
La mostra, intitolata Velluto rosa, è costruita come un campo di tensioni sottili. Non ci sono soluzioni visive spettacolari né dichiarazioni teoriche esplicite. C’è piuttosto una geografia mentale fatta di pause, di sfumature, di vuoti. L’opera non è mai risolutiva, ma sempre in attesa. Come se anche per l’artista dipingere significasse più domandare che affermare. Rovers Malaj ci invita, con ogni tela, a rallentare. A rimettere in discussione il nostro modo di guardare, la nostra abitudine a chiedere spiegazioni alle immagini. La sua pittura non ci dà nulla da decifrare. Ma molto da sentire. E oggi, forse, è proprio quello che serve.
Info:
Rovers Manaj. Velluto rosa
A cura di Massimiliano Maglione
22/05 – 19/06/2025
NAMI Gallery
Via Carlo Poerio 9, Napoli
www.namigallery.com

Art Curator e Art Advisor, laureato in Arti Visive e Mediazione Culturale, con Master in Pratiche Curatoriali, classe ’95, vive a Napoli. Collabora con Gallerie e Spazi Indipendenti, la sua ricerca è incentrata principalmente sulla Pittura Emergente, con uno sguardo attento e propenso anche su altre forme di linguaggio estetico.
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