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Santarcangelo Festival 2019: perdersi per ritrovar...

Santarcangelo Festival 2019: perdersi per ritrovarsi

È iniziata lo scorso week end la 49esima edizione di Santarcangelo Festival, rassegna di arti visive e performative che porta nello spazio pubblico e in luoghi insoliti del territorio alcune fra le proposte più innovative della scena artistica internazionale. Dal 5 al 14 luglio il piccolo borgo romagnolo si trasforma in un’oasi cosmopolita, in uno spazio d’incubazione in cui artisti e pubblico condividono una riflessione sperimentale sulla complessità del nostro presente in un reciproco scambio di energie ed emozioni. Il mantra di quest’anno, individuato dalla direzione artistica di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, è Slow & Gentle, un invito a rallentare per concedersi il “lusso” di provare piacere e di liberarsi dalle pressioni di una contemporaneità sempre più frenetica, di entrare in contatto con l’altro e con le più autentiche pulsioni del sé. Le variegate proposte del Festival, che spaziano tra i diversi orizzonti della performance all’insegna della contaminazione e dell’interdisciplinarietà, accompagnano lo spettatore in un percorso di liberazione e sogno, ma anche di coscienza e di presa di posizione etica.

A queste ultime due istanze risponde senza dubbio la video-installazione Liquid Violence The Crime of Rescue – The Iuventa Case di Forensic Oceanography (Lorenzo Pezzani e Charles Heller), visitabile in una sala-container al centro di Piazza Ganganelli, il cuore logistico del Festival. Il progetto indaga il regime di militarizzazione del Mediterraneo dopo l’interruzione dell’operazione di soccorso Mare Nostrum, sostituita con una di controllo alla frontiera chiamata Triton. In assenza di programmi di assistenza guidati dagli Stati Uniti, attraversare il mare è diventato sempre più pericoloso e per questo le ONG hanno assunto un ruolo fondamentale nel salvataggio di migliaia di vite umane. Dalla fine del 2016 alcuni politici europei e organi di stampa hanno accusato le ONG di collusione con i trafficanti nel facilitare l’ingresso illegale di migranti in Europa. Questa campagna ha coinciso con un più ampio tentativo da parte dei politici italiani ed europei di impedire a tutti i costi le traversate di migranti, anche avviando indagini giudiziarie contro le ONG. Combinando fotografie, video, registrazioni di comunicazioni verbali e diari di bordo, gli artisti creano modelli dinamici virtuali e ricostruzioni in 3D degli episodi incriminati per far emergere una diversa versione dei fatti. L’asettica disamina di ogni dettaglio da parte di una pacata voce digitale fa riflettere su quanto la verità possa essere mercificata e manipolata anche nell’era dell’iper controllo tecnologico e virtuale. Il video istituisce una tacita analogia tra le insidie dei flussi di informazione, che rischiano di inghiottire nei loro ingorghi ciò che veramente conta, e le acque ostili di una fascia di mare in cui nessuna azione è politicamente neutra e i più elementari diritti umani sono ostaggio di astratte dinamiche di potere.

Lo stesso approccio chirurgico basato sulla schiacciante evidenza delle prove documentarie è adottato dal collettivo Public Movement che nella performance Debriefing Session: Santarcangelo Festival, concepita come colloquio individuale e confidenziale tra un attore e uno spettatore, esplora la relazione tra sistema dell’arte e ideologia di Stato prendendo come esempio il programmatico occultamento dell’arte moderna palestinese da parte del governo israeliano per avvalorare la tesi faziosa che prima della fondazione dello Stato d’Israele non ci fossero nel territorio manifestazioni culturali degne di rilievo. Il racconto ricostruisce le lacune della storia ufficiale seguendo le tracce di alcuni dipinti di ubicazione ignota realizzati in Palestina prima del 1948 per riflettere sul ruolo dei musei nella produzione di identità nazionale e sul ruolo dell’arte come strumento di propaganda. La ricostruzione dei processi di cancellazione e degli sporadici affioramenti di opere che vivono nella diaspora del mercato nero e delle collezioni private dimostra che gli organi di governo utilizzano la cultura come strumento di normalizzazione delle ferite della storia, innescando una riflessione più ampia sui risvolti ideologici della circolazione delle informazioni nel mondo.

La parzialità delle immagini mediatiche e il perverso rapporto che instaurano con un pubblico-audience tendenziosamente collocato nella posizione di spettatore del dolore degli altri sono al centro della performance Guilty Landscapes di Dries Verhoevn. Fruibile da una persona alla volta, la video-installazione interattiva ci trasporta in solitudine nel vivo delle situazioni più scomode della nostra contemporaneità globalizzata, lasciando il visitatore nudo e indifeso di fonte alla loro imprevedibile vicinanza e ingerenza. Per un attimo sembra ribaltarsi il rapporto tra chi guarda e chi viene osservato, senza che nessuna certezza oggettiva ci soccorra quando lo spaesamento diventa conclamato. Il fatto che le notizie, grazie agli schermi televisivi e oggi anche alla rete internet, siano diffuse ovunque “non significa che la capacità di riflettere sulle sofferenze di gente lontana sia cresciuta in modo significativo”, scriveva Susan Sontag in Regarding the Pain of Others (2003). Guilty Landscapes prova a scuotere l’anestesia morale ed emotiva dello spettatore con uno scambio di ruoli dall’esito incerto, di fronte al quale è impossibile rimanere indifferenti.

Assolutamente da non perdere anche Sparks di Francesca Grilli, un’azione che ribalta l’abituale rapporto di subordinazione tra infanzia e mondo adulto. Qui ogni spettatore dovrà affidarsi a un bambino che lo sceglierà prendendolo per mano e lo guiderà alla scoperta delle proprie ansie e del proprio futuro, ma anche delle proprie potenzialità (forse) ancora inespresse. La performance, a mio avviso tra le più emozionanti del festival per l’ossimorica mescolanza di tenerezza e potenza, riesce a stabilire una relazione veramente autentica con il pubblico, disarmato dalla giocosa leggerezza e dall’impeccabile professionalità dei piccoli attori. Si lascia la sala a malincuore, confortati dalla speranza che qualcosa di buono possa ancora succedere se si ha il coraggio di affrontare la vita con un pensiero indipendente e con l’entusiasmo di chi non teme l’avvenire.

L’umorismo è una delle chiavi di penetrazione della realtà più intelligenti e Silvia Gribaudi ne dà l’ennesima dimostrazione. Lo spettacolo Graces, liberamente ispirato alla mitologia delle tre grazie Euphosyne, Aglaea e Thalia che irradiano splendore, gioia e prosperità, la vede protagonista sul palcoscenico assieme a tre danzatori. In un incalzante susseguirsi di balli, tableaux vivants e scene comiche il quartetto cerca (e ottiene) in ogni momento la complicità dello spettatore coinvolgendolo in un elogio dell’imperfezione e dell’individualità. La scenografia scarna e concettuale accompagna i frequenti cambiamenti di registro della performance e sottolinea l’abilità degli artisti nell’entrare e uscire con naturalezza dalla finzione scenica per interrogare sé stessi e il pubblico su questioni di genere, di omologazione e di ruolo in una continua costruzione e negazione di certezze. Tra ripensamenti premeditati, autoironiche celebrazioni, intermezzi lirici e spiazzanti sospensioni sorge la lampante consapevolezza che “bello è il luogo su cui si posa lo sguardo”.

Concludiamo questa parziale anteprima di Santarcangelo Festival segnalando l’happening Kiss di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo in cui 23 performers si baciano ininterrottamente per l’intera durata della rassegna. Su di loro aleggia benevola l’aura di Andy Warhol che nell’omonimo film del 1963 presentava una successione di primi piani di amici e artisti della sua Factory impegnati in dolci effusioni amorose. Il film, che anticipava i grandi movimenti sociali americani come il Civil Rights Act (1964), la fine del divieto dei matrimoni misti (1967) e la rivolta di Stonewall (1969), sfidò i divieti e la morale dell’epoca mostrando anche coppie gay e una coppia formata da un nero afro-americano ed una donna bianca americana. Nel 2019 le due coreografe si chiedono se un bacio possa ancora essere un manifesto di libertà e armonia, consegnando questo interrogativo al pubblico e alla gioiosa e colorata impollinazione amorosa messa in atto dai giovani interpreti.

Info:

www.santarcangelofestival.com

Santarcangelo FestivalEva Neklyaeva e Lisa Gilardino, direttrici artistiche di Santarcangelo Festival

Forensic Oceanography, Liquid Violence The Crime of Rescue – The Iuventa Case

Public Movement, Debriefing Session: Santarcangelo Festival

Dries Verhoevn, Guilty Landscapes 

Francesca Grilli, Sparks

Santarcangelo FestivalSilvia Gribaudi, Graces

Santarcangelo FestivalSilvia Calderoni e Ilenia Caleo, Kiss


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