READING

Sospesi: in conversazione con Jacopo Di Cera

Sospesi: in conversazione con Jacopo Di Cera

In occasione della presentazione del progetto fotografico “Sospesi – L’ Italia attraverso l’obiettivo di Jacopo Di Cera e Massimo Vitali”, a cura di Serena Tabacchi, per MIA Photo Fair (Milano, 20 – 23 marzo 2025), entriamo in dialogo con il fotografo Jacopo di Cera che introduce il progetto, raccontando della sua ricerca artistica e di progetti precedenti e futuri.

Jacopo di Cera, “Warm up”, Marcialonga, Val di Fassa, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Warm up”, Marcialonga, Val di Fassa, courtesy dell’artista

Sara Buoso: Vorresti parlarci del titolo scelto per il progetto fotografico Sospesi, per MIA Photo Fair, 2025? Questa parola sembra suggerire riflessioni prettamente fotografiche e altre di ordine metaforico in un senso più ampio.
Jacopo di Cera: Sospesi nasce dieci anni fa con il desiderio di raccontare una visione dell’Italia e i tanti aspetti dell’essere umano secondo un punto di vista diverso. Il titolo Sospesi è il riflesso di due connotazioni: dapprima, il punto di vista che contraddistingue il mio approccio fotografico; da un punto di punto di vista prettamente concettuale, invece, il titolo Sospesi intende incapsulare un momento senza tempo, un’idea della vita come percorso, un divenire. Attraverso il mio racconto fotografico non intendo rappresentare un’immagine fissa e permanente dell’Italia, ma analizzare scenari che sono assoggettati a un percorso evolutivo, in movimento, scenari che si modificano, talvolta in modo paradossale, evidenziandone il contrasto. Ad esempio, nell’opera Fake Heaven, parte di una serie di fotografie scattate a Rosignano, in Versilia, evidenzio il paradosso tra inquinamento balneare e appiattimento sociale, descrivendo un luogo tanto problematico quanto affascinante.

Vorresti parlarci del dialogo intellettuale instaurato con Massimo Vitali e di come il progetto si inserisce nel contesto di MIA Photo Fair?
Milano è la mia città nativa e con MIA Photo Fair diventa il cuore pulsante della fotografia. Fotografo da venticinque anni e vi partecipo dal 2016. In questo senso, è importante essere presenti in quello che è l’eco-sistema della fotografia contemporanea in Italia in un contesto prestigioso come quello di MIA Photo Fair. Da un punto di vista fotografico è importante raccontare storie e confrontarsi, e per questa edizione sarò presente con Sospesi, in seguito alla collaborazione pensata per la galleria Maison Bosi di Roma, insieme a Massimo Vitali, che nell’agosto del 2024 ha festeggiato trent’anni anni dalla prima foto di un’estate italiana. La volontà è quella di raccontare due punti di vista paralleli e al contempo distinti.

Jacopo di Cera, “Pass me the Parmigiana”, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Pass me the Parmigiana”, courtesy dell’artista

La tua cifra stilistica si contraddistingue per un punto di vista aereo e zenitale. Si affianca un interesse per i luoghi della collettività, sfiorando una ricerca sul valore rituale insito nelle relazioni sociali e in rapporto ai luoghi.
Ogni artista affronta un suo momento di genesi e per me, è stata una magia. Mi riferisco alle fotografie del progetto Pass me the Parmigiana!, quando dall’alto, ho catturato le immagini di un momento conviviale e collettivo, scattato a Procida: una tipica tradizione italiana, in particolare nel Sud Italia quando, all’ora di pranzo, si può assistere all’allineamento delle barche che stazionano nella baia, allo scopo di scambiarsi il cibo secondo un rituale comunitario e collettivo. Percepire questo evento dall’alto mi ha consentito di riflettere sul durare di un tale rituale, sentendo la necessità di raccontarlo per favorirne il valore comunitario. Altre visioni tendono ad appiattire la collettività, ma la panoramica dall’alto vuole, invece, illuminare una tale prospettiva, eliminando ogni gerarchia visiva. È questa un’italianità che trascende ogni macro-categorizzazione sociale, fondendosi con il contesto al fine di raccontare una storia, sia essa percepita in temini di contraddizione, amore, o equilibrio.

Ritieni quindi che la fotografia sia narrazione?
La narrazione è fondamentale nella mia ricerca fotografica, ma non è necessariamente associata alla figurazione. Nelle fotografie di Fino alla Fine del Mare, 2016, ad esempio, presento una serie di immagini astratte, in cui il riferimento di close-up e scatti di barconi scattate a Lampedusa, Sicilia, trascende realtà per suggerire altre narrazioni e scenari. In questo progetto volevo parlare dell’uomo migrante ed errante, la figura di un Ulisse contemporaneo, e confrontandomi con il curatore del progetto, Massimo Ciampa, abbiamo individuato una serie parole chiave atte a suggerire una tale narrazione: lotta, salvezza, legame, codifica, sono risultate come le parole più idonee a raccontare fotograficamente tali storie attraverso l’immagine fotografica. In fin dei conti, fin dalla Preistoria, l’uomo ha sentito il bisogno di raccontare attraverso pittogrammi e immagini.

Jacopo di Cera, “Torchlight 3”, San Cassiano, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Torchlight 3”, San Cassiano, courtesy dell’artista

Risalendo a progetti fotografici precedenti come Italian Summer, 2020, la tua ricerca sembra perseguire il metodo della mappatura, una visione cartografica dei luoghi e della società italiana. È veramente così?
All’inizio la mappatura è stata un intento, un fascino, un desiderio. Ma in seguito ho abbandonato il mio interesse nei confronti di questo metodo prettamente scientifico per privilegiare le storie, le narrazioni. Ad esempio, sempre per il progetto Sospesi, 2024-25, presento immagini tratte dal golfo di Augusta  dove, da una ripresa fotografica dall’alto, evidenzio il contrasto che esiste tra paesaggio – vicino alle zone balneari è situata un’importante raffineria – e i bagnanti che occupano le zone limitrofe d’estate. Percepire questo disagio è importante per la mia ricerca prima di ogni scatto.

In virtù di questi progetti, come definiresti, quindi, i tratti di una italianità contemporanea?
I miei sono racconti singoli, sono attitudini tradotte in una serie di immagini molto diverse tra loro. Ad esempio, il paesaggio di Roma con il suo caos è ben diverso dalla geometria maniacale della Versilia. Ciò che mi interessa è il perdurare di riti e tradizioni che contraddistinguono l’identità culturale italiana: nel progetto fotografico pensato per il Palio Marinaro dell’Argentario, è ben evidente come la cerimonia della fuga delle barche verso il mare narri coraggiosamente rituali antichi e secolari reinterpretandoli e rievocando in maniera più ampia un immaginario culturale consolidato che trae riferimento dalla figura mitologica di Caronte, traghettatore dell’Ade. In questo senso, la mia fotografia è narrazione anacronistica tra mito, rito e fotografia.

Jacopo di Cera, “Snow Shadow”, Dolomiti, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Snow Shadow”, Dolomiti, courtesy dell’artista

Oltre al tema della sostenibilità che ritorna come costante nei tuoi progetti, come percepisci l’aspetto relazionale, collettivo, comunitario, che sembra contraddistinguere le tue immagini?
Mi sento di suggerire due risposte, entrambe in relazione al contesto. Per quanto riguarda l’opera fisica – l’immagine, la fotografia – la collettività si esprime nei confronti del territorio e del contesto, anche attraverso il contrasto. Per quanto riguarda l’opera digitale – il video, il loop – l’esercizio consiste nel dare all’immagine un elemento, una prigione spaziale, eliminando il tempo, dove non c’è inizio o fine. Qui, il tempo dura per sempre, è un desiderio che muove dal singolo alla collettività in un loop eterno. Si dice che l’emozione dura il tempo di un’azione, ma se l’azione è eterna, anche l’emozione durerà per sempre?

Parlavi di astrazione o, meglio, di trascendenza nelle tue immagini. Cosa intendi?
A volte le immagini raggiungono un certo grado di astrazione, come in Fino alla Fine del Mare. In realtà, non è proprio corretto parlare di astrazione perché alcune delle mie immagini sono palesemente figurative. Di recente, ad esempio, ho scattato una serie di foto notturne – una gara di sci di alpinismo dove ogni sciatore aveva una torcia in testa e dall’alto si creavano sfere e forme geometriche colorate riflesse sulla neve – e ho chiesto all’AI a quale dipinto si associasse. Ne è risultata un’associazione con la serie Costellazioni, 1930 ca., di Vassily Kandinsky. Tanto più l’immagine si appiattisce, tanto più l’immagine ci porta verso la pittura poiché il tratto grafico trascende la tridimensionalità dello spazio. L’immagine ha i suoi colori, la sua composizione, la sua grafica. Svela il suo intrinseco divenire in termini di bellezza e contrasto.

Jacopo di Cera, “Red Flag”, Rosignano, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Red Flag”, Rosignano, courtesy dell’artista

Nelle tue immagini non perdi mai di vista l’aspetto luministico o segnico. In una società delle immagini come quella contemporanea, che funzione riveste ancora la fotografia rispetto al presente?
Ricordo ancora con vivo interesse le discussioni intrattenute con il maestro Oliviero Toscani, avvenute in seguito a un intenso workshop di fotografia. Il maestro citava sempre con orgoglio l’esperimento proposto a lezione, in cui analizzavamo le immagini fotografiche scattate da una macchina posta sulla testa di un asino in una piazza italiana ogni tre secondi in modo automatico. Questo per dire che lo scatto è una cosa – etimologicamente, lo scatto è appannaggio dei velocisti – mentre nella fotografia c’è studio, analisi, ricerca e progettazione. Questa è la linea che perseguo: fotografare vuol dire studiare, ricercare, e pensare. Oggi, la diffusione delle immagini a partire dal nostro I-Phone è massiva, ma non è necessariamente un fenomeno negativo. Ma la fotografia è qualcos’altro, è arte ed è questo eco-sistema che mi interessa.

In parallelo alla fotografia, ti occupi anche di immagini in movimento e di video-arte. Quale differenza tra i due media?
L’arte digitale mi consente di esplorare l’immagine in movimento permettendomi di comunicare e di analizzare più aspetti tematici. C’è però una distinzione specifica tra fotografia e immagine video e ciò dipende dal momento e dall’evento/ azione specifica. Nel video riscontro un sentimento, un’emotività maggiore rispetto all’immagine statica. La scelta di quale medium utilizzare dipende dalla forza e dall’interesse che intendo suggerire.

Jacopo di Cera, “Futur Torino”, Kappa Futur Festival, courtesy dell’artista

Jacopo di Cera, “Futur Torino”, Kappa Futur Festival, courtesy dell’artista

Dopo MIA Photo Fair, quali altri progetti hai in cantiere per il 2025?
Dopo Milano, sarò presente ad Art Dubai dal 15 aprile al 20 aprile 2025, per la sessione Art Dubai Digital, dove presenterò l’installazione digitale Retreat, che consiste in quaranta monitor 100% sostenibili frammentati tra parete e pavimento, orchestrati per visualizzare lo sciogliersi di un ghiacciaio in un loop costante in immagini video.

Info:

Sospesi – L’ Italia attraverso l’obiettivo di Jacopo Di Cera e Massimo Vitali
MIA Photo Fair 2025, Superstudio MAXI, via Tortona 27, 20144, Milano
20-23/03/2025
www.jacopodicera.it


RELATED POST

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

By using this form you agree with the storage and handling of your data by this website.