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Spazi aperti: gli Igloos di Mario Merz all’HangarBicocca

La condizione nomadica dell’uomo moderno somiglia a quella del primitivo raccoglitore di frutti, scriveva Marshall McLhuan nel 1962.  E con tutta evidenza c’è stato un momento, nella storia dell’arte, in cui insieme al farsi, sotto i nostri occhi, di una vera e propria mutazione antropologica, si è dato il cortocircuito tra la volontà di guardare al futuro e il recupero di materiali archetipici.

Così è stato per il decano dell’Arte Povera, Mario Merz (1925 – 2003), mistico e alchimista, filosofo e matematico, che ha raccontato il mondo cosmico. L’anno è quello, cruciale, del 1968: la ricerca avanguardistica pretende un’esteticità allargata, un rapporto con l’opera d’arte che non sia più solo contemplativo, sostenuto dal privilegio modernista accordato all’otticità, ma che solleciti corpo e mente. Per Merz è l’anno dei primi igloo, strutture metalliche rivestite da materiali d’uso comune e solcati dalla linfa vitale del neon; casa primitiva, forma paradigmatica, figura energetica, tra natura e cultura: «l’igloo è una casa, una casa provvisoria. Siccome io considero che in fondo oggi noi viviamo in un’epoca molto provvisoria, il senso del provvisorio per me ha coinciso con questo nome: igloo».

Spazio indipendente, spazio assoluto: trentuno “Igloos” (dal 1969 al 2003) del maestro italiano sono i protagonisti delle Navate di Pirelli HangarBicocca; ancora una proposta ambientale organica ed organicistica, dopo il successo degli Environments di Lucio Fontana. Il progetto espositivo, che riunisce alcune opere iconiche provenienti dalle istituzioni museali più importanti del mondo, è curato da Vicente Todolí in collaborazione con la Fondazione Merz, e riprende il discorso già impostato da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo. Il curatore svizzero, che non a caso si definiva “poeta dello spazio”, aveva voluto dedicare una personale all’artista italiano con gli allora 17 igloos «al fine di formare un villaggio, un paese, una Citta irreale».

In questo caso il percorso si apre e si conclude con due opere esposte singolarmente per le loro specifiche caratteristiche: La goccia d’acqua (1987), il più grande igloo mai realizzato da Merz per il CAPC musée d’art contemporain di Bordeaux, ex-magazzino di epoca coloniale, e Senza titolo (doppio igloo di Porto) (1998), creato per il parco della Fundação de Serralves di Porto e caratterizzato dalla presenza di un cervo sulla sommità, sul cui fianco un numero di Fibonacci in neon – 10946 – ne esalta la potenza emotiva.

Dunque la mostra si sviluppa per nuclei cronologici, in cui gli igloo sono esposti a brevissima distanza gli uni accanto agli altri: si parte da una variante dell’Igloo di Giap (1968) in cui la struttura d’acciaio viene ricoperta con pani d’argilla e da una scritta in neon che recita: “Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap”, frase pronunciata dal generale vietcong Giáp, simbolo in quegli anni della lotta contro l’imperialismo occidentale. Poco oltre, un igloo composto da vetri, Acqua scivola (1969), originariamente realizzato per la galleria romana l’Attico, vera e propria palestra per le sperimentazioni artistiche di quegli anni (vi esporrà anche Gino De Dominicis, un provocatore per eccellenza).

Seguiamo poi le evoluzioni degli anni seguenti, dall’esemplare creato per documenta 5 a Kassel, dedicato all’artista e compagna Marisa (Igloo di Marisa, 1972), a spazi che sempre più si complicano, giganteggiano, vivono di dicotomie: Chiaro oscuro/ oscuro chiaro (1983), Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi? (1985); oppure diventano preziosi, come in Foglie d’oro (1997) e ancora sviluppano strutture concentriche: Spostamenti della terra e della luna su un asse (2003), intersecando questa ricerca con alcuni punti cardine della sua poetica, dalle spirali, ai neon, alle serie di Fibonacci (vera e propria legge concettuale con cui misurare il mondo). Lo spettatore è catapultato in un mondo parallelo: la modalità espositiva sostiene uno sguardo che quasi non ha il tempo di godere delle singole opere, ma è costretto, per altro faticosamente, a vagare alla ricerca di un rapporto emozionale con uno spazio “altro”. Spazio provvisorio, forse, ma aperto. Spazio che parla al presente, nutrendolo di passato e futuro.

Sara Cirillo

Info:

Mario Merz. Igloos
a cura di Vincente Todolì
25 ottobre 2018 – 24 febbraio 2019
Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2 Milano

© Mario Merz, by SIAE 2018, Courtesy Pirelli HangarBicocca e Fondazione Merz

© Mario Merz, by SIAE 2018, Igloo di Giap, Courtesy Pirelli HangarBicocca e Fondazione Merz. Foto: Renato Ghiazza.

Veduta dell’installazione Acqua scivola, GNAM – Roma 2017. Courtesy Pirelli HangarBicocca e Fondazione Merz. Foto: © Silvio Scafoletti.


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